PECCI, Tomaso
– Figlio di Ermonide e di Laura Tolomei, fu battezzato a Siena l’8 ottobre 1576.
Proveniva da un casato aristocratico tra i più in vista della città, sebbene la famiglia non possedesse allora un patrimonio cospicuo. Nel 1593 dal medesimo ceppo nacque Desiderio, anch’egli musicista oltre che giureconsulto insigne.
Niente è noto del suo apprendistato musicale. Di lui ragazzo sappiamo solo che il 4 aprile 1592, giorno in cui il padre sposò in seconde nozze Flavia Benevoglienti, vedova di Ascanio Luti, Tommaso prese in moglie la figlia dodicenne della donna, Virginia, che portò in dote 3000 scudi. Dalla loro unione nacquero cinque figli.
Nel 1599 Pecci faceva parte dell’Accademia dei Filomeli col nome di Invaghito. Assieme a Mariano Tantucci, l’Affettuoso, canonico della cattedrale, quell’anno mandò alle stampe le Canzonette a tre voci (Venezia, Giacomo Vincenti): quindici intonazioni ciascuno, su rime perlopiù adespote, offerte al sodalizio accademico entro il quale, come dichiarato nella dedica, avevano preso forma ed erano state accolte con favore dal «purgatissimo giudicio» dei compagni. Quattro anni dopo i due musicisti pubblicarono un secondo libro di Canzonette a tre voci (Venezia, Giacomo Vincenti, 1603), di nuovo indirizzate ai Filomeli, ma nella persona del principe dell’Accademia, Filippo Santi. Vi si trovano dieci pezzi dell’Affettuoso, altrettanti dell’Invaghito e uno, conclusivo, di Girolamo Giuliani. Preponderano i componimenti di Giovan Battista Marino che Pecci era stato fra i primi a rivestire di note quando ancora circolavano manoscritti, tanto da indurre il poeta a rivolgergli il sonetto Quelle, de’ miei piacer dolci e lascivi (Rime, 1602) come ringraziamento per aver messo in musica una «Canzone de’ baci»: ma tra quel che oggi si conserva di Pecci pare non esservi traccia di un tal pezzo. Un testo mariniano, Pallidetto mio sole, compare comunque nei Madrigali a cinque voci del 1602 (Venezia, Angelo Gardano; quattro ristampe fino al 1616) insieme a rime di Battista Guarini, Ottavio Rinuccini, Annibale Pocaterra e Giovan Battista Leoni.
Secondo il costume dell’epoca che imponeva a un aristocratico – musico per diletto, non per mestiere – di ostentare una certa sprezzatura nei confronti della propria produzione artistica, specie al momento di commercializzarla, quest’edizione finge di aver trovato la strada del torchio quasi contro il desiderio dell’autore: ad averla curata è Tantucci (che firma anche l’ultimo madrigale nel libro), che la presenta a Pecci «contravenendo alla sua modestissima deliberazione» di non dare in luce queste pagine, la cui «artificiosa maniera del compor moderno» merita invece ampia diffusione; una «maniera» che si attua nella prontezza a cogliere e sottolineare il senso della parola, renderla intelligibile, esaltarne l’espressività e potenziarne le risonanze affettive anche attraverso cromatismi, licenze nel trattare dissonanze e cadenze, frasi melodiche brevi, spedite, commisurate alla fulminea epigrammaticità dei versi prescelti. Il che fa di Pecci un rappresentante di punta della moderna 'seconda pratica', riconosciuto tale fin dai coevi Giulio Cesare Monteverdi e Adriano Banchieri.
Nel 1603 Pecci entrò a far parte dei Cento uomini d’arme del granduca con l’insegna di «un morello, stellato in fronte» (Buch, I, 1993, p. 18). Inoltre mandò in tipografia, a Venezia, una pubblicazione sacra fiorita nell’ambito della Compagnia di S. Caterina in Fontebranda, di cui era membro, Musicae modi in responsoria divini officii feria quarta, quinta et sexta, Sanctae Hebdomadae a 4 voci, e, «a richiesta d’amici», un libro di Canzonette a tre voci (rist. 1604 e, col basso continuo, 1624 ad Anversa), stavolta tutto suo, con dedica datata 3 aprile a una lontana parente, Virginia Amici nei Petrocchini.
Nello stesso anno Pecci fu coinvolto in un cruento episodio di cronaca quando il 20 maggio, in contrada Camollia, uccise per ripicca Alcibiade Foresi, uomo d’arme suo pari. Pecci era giunto sul luogo con liuto, bastone, pugnale e il viso mezzo coperto. Foresi, scambiandolo per un altro, si era messo a questionare con lui, sguainando infine la spada; accortosi dell’equivoco, aveva poi tentato di appianare il malinteso, ma Pecci, dapprima andatosene via, era tornato un quarto d’ora dopo impugnando una spada: il duello era stato inevitabile, ed ebbe la peggio Foresi, ferito mortalmente a gola e testa. A seguito di ciò Pecci fuggì da Siena, dove il 12 agosto venne condannato in contumacia all’esilio dal Granducato per due anni e a una pena pecuniaria di 3000 lire. Fra luglio e ottobre è attestata la sua presenza a Roma e la sua familiarità col nobile compositore Alfonso Fontanelli, che lo introdusse ai giovedì musicali nella residenza del suo protettore, il cardinale Alessandro d’Este. Infine Pecci si costituì alle autorità e venne incarcerato per qualche mese ma, grazie all’intercessione dei cardinali Francesco Maria Del Monte e Gregorio Petrocchini presso il granduca, nel marzo 1604 la pena pecuniaria gli venne ridotta a 100 lire (cifra di cui comunque la famiglia non disponeva) e l'esilio a un anno, ma solo fuori dalle mura cittadine. Tuttavia a fine aprile e anche in ottobre Pecci si trovava ancora a Siena. Morì poche settimane dopo e venne seppellito il 3 dicembre 1604. La moglie lo seguì il 31 gennaio 1605.
A Pecci sopravvisse la sua fama: a distanza di qualche decennio I. Ugurgieri Azzolini ne esaltava, oltre alle opere, l’«angelica vita» e la «bontà» cui molti musici senesi che l’avevano conosciuto davano risonanza. Nel 1612 il Libro secondo dei suoi Madrigali a cinque voci, che assembla in maggioranza versi del Marino, fu pubblicato a Venezia dal padre Ermonide con dedica al principe Francesco de’ Medici (tre ristampe fino al 1617). Dai volumi di Pecci attinsero diversi codici, segno della fortuna goduta dalla sua musica, e i florilegi Tricinia, a cura di Valentin Haussmann (Nürnberg, 1607, undici canzonette con testo tradotto in tedesco), Nuova scelta di madrigali di sette autori (Napoli, 1615), e Reliquiae sacrorum concentuum, a cura di Georg Gruber (Nürnberg, 1615).
Edizioni moderne. Villanelle e canzonette senesi del 1500 a tre voci, a cura di A. Mazzeo, Siena 1982; Tommaso Pecci madrigalista senese del 1500, a cura di P. Rigacci - A. Mazzeo, Siena 1987 (quattro madrigali dal primo libro, 1602); Le 30 canz[on]ette a 3 voci di Mariano Tantucci e Tommaso Pecci Accademici Filomeli di Siena. Libro primo (1599), a cura di M. Giuliani, Trento 1996.
Fonti e Bibl.: G.B. Marino, Rime. Parte prima, Venezia 1602, p. 211 (La lira, a cura di M. Slawinski, I, Torino 2007, p. 235); G. Vincenti, dedicatoria a Pecci della ristampa di B. Pallavicino, Il primo libro di madrigali a sei voci, Venezia 1603; G.C. Monteverdi, Dichiaratione della lettera stampata nel Quinto Libro de suoi Madregali, in C. Monteverdi, Scherzi musicali a tre voci, Venezia 1607 (in D. De’ Paoli, Claudio Monteverdi: lettere, dediche e prefazioni, Roma 1973, p. 398); Sonetti di diversi Accademici senesi, a cura di G. Santi, Siena 1608, pp. 113 s., 123; A. Anselmi, Per la morte del Signor T. P., in G.B. Marino, La Lira. Parte terza, Venezia 1614, p. 354 (La lira, a cura di M. Slawinski, II, Torino 2007, p. 379); A. Banchieri, Conclusioni nel suono dell’organo, Bologna 1609, p. 59; D. Mazzocchi, Dialoghi e sonetti posti in musica, Roma 1638, p. 179; G.B. Doni, De praestantia musicae veteris libri tres, Firenze 1647, p. 46; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, VI, Paris 1878, p. 473; P. Della Valle, Della musica dell’età nostra che non è punto inferiore, anzi è migliore di quella dell’età passata (1640), in A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, p. 171; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, o’ vero Relazione delli huomini e donne illustri di Siena e suo Stato, parte II, Pistoia 1649, p. 5; G.O. Pitoni, Notitia de’ contrapuntisti e compositori di musica (1713), a cura di C. Ruini, Firenze 1988, p. 197; R. Morrocchi, La musica in Siena, a cura di L. Bianchi, Siena 1886, pp. 75, 92 s.; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, II, 1938, p. 243; L. Sbaragli, 'I Tabelloni' degli Intronati, in Bullettino senese di storia patria, XLIX (1942), p. 200; D. Arnold, «Seconda pratica»: a background to Monteverdi’s madrigals, in Music & Letters, XXXVIII (1957), pp. 344 s., 348-350; R. Eitner, Biographisch-Bibliographisches Quellen-Lexikon der Musiker…, VII, Graz 1959, p. 347; C. Morricone - A. Salottolo, Valentin Haussmann trascrittore e le canzonette italiane in Germania, in Rivista italiana di musicologia, V (1970), pp. 76, 82, 91, 94; G. Watkins, Gesualdo: The man and his music, London 1973, pp. 233, 238 s., 244; L. Galleni Luisi, Discorsi e regole sopra la musica di Severo Bonini, Cremona 1975, pp. 118, 125; J. Kurtzman, An early 17th-century manuscript of Canzonette e Madrigaletti spirituali, in Studi musicali, VIII (1979), pp. 158, 165; A. Newcomb, The madrigal at Ferrara 1579-1597, I, Princeton 1980, p. 130; A. Mazzeo, Compositori senesi del 500 e del 600, Poggibonsi 1981, pp. 21-40; L. Sirch, Il Secondo Libro di Madrigali a cinque voci di Alfonso Fontanelli (1604), in Nuova Rivista musicale italiana, XIX (1986), p. 248; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le biografie, V, 1988, pp. 607 s.; W.T. Foxe, Text expression and tonal coherence in the printed madrigals of T. P. (1576-1604): a Sienese perspective on the Second Practice, diss., University of Durham, 1990, 2 voll.; L. Buch, «Seconda prattica» and the aesthetic of «meraviglia»: the canzonettas and madrigals of T. P. (1576-1604), diss., University of Rochester, Eastman School of Music, Ann Arbor 1993, 2 voll.; V. Borghetti, Eine unbekannte Madrigalsammlung in L’Aquila, in Österreichische Musik, Musik in Österreich. Beiträge zur Musikgeschichte Mitteleuropas. Theophil Antonicek zum 60. Geburtstag, a cura di E.T. Hilscher, Tutzing 1998, pp. 71 s., 75; The New Grove dictionary of music and musicians, XIX, London-New York 2001, p. 266; Die Musik in Geschichte und Gegenwart… Personenteil, XIII, Kassel 2005, coll. 225 s.