CECCANO, Tomasio da
Figlio di Berardo (II) di Annibaldo (I) e di Perna Caetani Stefaneschi, una nipote del cardinale Iacopo Caetani Stefaneschi, era fratello del celebre cardinale Annibaldo Caetani da Ceccano.
Gli altri suoi fratelli attestati con sicurezza furono Giacomo, che sposò Lella Caetani e con il quale fu sovente in aspro conflitto per la divisione dei beni ereditati dal padre; Nicola, vescovo eletto di Catania dal 1332 al 1337, Giovanna, che sposò Guglielmo d'Estandart de Baynes, Francesca e Ceccanesa.
Il C. svolse un'intensa attività politica nel Lazio meridionale nella prima metà del sec. XIV, avendo di mira soprattutto due obiettivi: la salvaguardia dei beni ereditati dal padre ed il recupero di quelle parti del vasto patrimonio che la sua famiglia aveva perduto negli ultimi decenni del secolo precedente, nel corso delle vicende che avevano accompagnato l'intransigente opposizione con cui i da Ceccano avevano cercato di contrastare la politica pontificia nella Campagna e Marittima, e la crescente espansione territoriale della famiglia Caetani, le cui ambizioni di predominio erano state stimolate e favorite da Bonifacio VIII. Si trattò di una riconquista condotta in maniera selvaggia, la cui storia, tutta contesta di fatti di sangue, di rapine, di violenze e di contrasti di ogni sorta, può essere ricostruita con dovizia di particolari grazie alla ricca documentazione esistente presso l'Archivio Colonna. Il C., il quale possedeva beni a Ceccano, a Ripi, a Ceprano, a Carpino, era signore di Giuliano pro indiviso con i fratelli Giacomo, Nicola e Annibaldo. Nel 1325 acquistò i diritti del fu Giovanni da Ceccano su San Lorenzo de Valle; il 20 maggio del 1327 fu scomunicato da Giovanni XXII per aver malmenato l'abate di Casamari; nel 1330 acquistò beni e diritti a Torrice insieme con il fratello Giacomo, e con quest'ultimo, nel 1336, occupò Ceprano, attaccando contemporaneamente Riccardo da Ceccano detto "Vetulus". Il 14 luglio 1338, da Avignone, Benedetto XII con una sua lettera ordinava al rettore della Campagna e Marittima, Ruggero "de Vintrono", di assolvere un Tomasio da Ceccano che non è identificabile con il C. "et eius complices et sequaces" dalla scomunica che Bonifacio VIII aveva lanciato contro di loro per un colpo di mano contro Terracina.
Nel 1340 il C., con l'evidente intenzione di estendere i suoi possedimenti verso il nord, acquistò Trevigliano da Rinaldo di Alatri. Nel 1344 assalì Cisterna esasperando, "occasione bonorum patrimonialium", la guerriglia che si combatteva nel Lazio meridionale, tanto che il 29 ottobre di quello stesso anno dovette intervenire il pontefice Clemente VI minacciando la scomunica a lui ed agli altri suoi familiari e parenti coinvolti nella lotta, se non avessero desistito dai conflitti, acconciandosi alla pace di cui si era - da tempo, ma inutilmente - fatto promotore il cardinale Annibaldo Caetani da Ceccano, a buon diritto preoccupato "turbatione status provinciarum nostrarum... pacifici". A nulla dovettero tuttavia approdare le esortazioni e le minacce del papa: gli scontri e i disordini continuarono, come è dimostrato dal fatto che, tra il 1344 ed il 1345, Nicola di Giordano da Velletri ottenne dai senatori di Roma di poter sequestrare, per rappresaglia, alcuni beni del Ceccanese. La misura non bastò a fermare l'irrequieto feudatario, che proseguì nella sua politica di restaurazione dell'avita potenza territoriale, riuscendo perfino ad estendere i suoi possedimenti oltre i confini meridionali delle terre di dominio pontificio. Grazie al prezioso appoggio del fratello, il potente cardinale Annibaldo, riuscì infatti a insignorirsi, il 3 ott. 1349, di numerosi feudi che Adenolfo di Aquino, prima della sua scomparsa, possedeva nel Regno di Napoli. In questo periodo il C., figura inoltre signore per un quarto di Santo Stefano de Valle, e proprietario di parti non definite in Prossedi, Torre de Molendino, Monteacuto e Montelanico, che dovette cedere al fratello Giacomo come garanzia del pagamento di un grosso debito. Per diversi anni pretese, sempre dal fratello Giacomo, la totalità dei diritti sul castello di Carpineto, tornato alla famiglia in seguito al matrimonio di Giacomo con Lella Caetani: la vertenza venne risolta soltanto dopo la morte di Giacomo il 7 ag. 1363.
Coronò l'attività del C. una lunga serie di compromessi di pace stipulati, fra il sesto e il settimo decennio del secolo, con le maggiori famiglie del Lazio meridionale e con alcuni dei suoi stessi parenti: tali compromessi di pace, se consacrarono da un lato gli acquisti territoriali compiuti dall'irrequieto feudatario, segnarono dall'altro una battuta d'arresto nella sua politica. Essi costituiscono, tuttavia, una precisa - anche se talvolta stereotipa - testimonianza a posteriori delle lotte convulse e ostinate che avevano coinvolto nella prima metà del secolo le famiglie più influenti della Campagna e Marittima; sono dunque documenti di eccezionale importanza per lo storico moderno. Gli accordi riguardarono innanzitutto i Caetani (1º genn. 1353), quindi il fratello del C. Giacomo, nel 1353 e poi di nuovo nel 1355, quando fu stipulata la cessione totale dei diritti di Giacomo su Roccagorga; vennero poi i trattati con la città di Piperno (31 dic. 1357) e con Francesco Conti (23 luglio 1359). Ma l'opera di conciliazione venne improvvisamente interrotta. Intorno al 1360 il C. cadde nelle mani di un suo nipote, Cecco da Ceccano, ribelle alla Chiesa: imprigionato a Patrica, subì atroci torture che culminarono con l'amputazione di ambedue i piedi. Dal nipote fu spogliato di Ceccano, di Ripi, di San Lorenzo, di Ceprano e di Carpino; nel corso della lotta, che accompagnò l'impresa di Cecco, vennero devastate Giuliano, Santo Stefano e Prossedi. Liberato ai primi del 1362, il C. riprese il suo sforzo di pace, stipulando accordi con i Caetani conti palatini (1365), con i Colonna (1367) e congli abitanti del castello di Sora, che il 29 ag. 1368 nominarono i loro procuratori incaricati di trattare con i signori da Ceccano i risarcimenti per i danni e le rapine subite. Verso il 1370 riuscì anche a recuperare i castelli di cui era stato spogliato dal nipote Cecco. L'ultimodoc. (Arch. Col. XXV-A), in cui il C. figuri ancora in vita, è datato 1° nov. 1386. Qualche mese dopo essere stato liberato, il 24 maggio 1362, aveva dettato il suo testamento nel quale disponeva, fra l'altro, che il suo corpo venisse sepolto in una delle cappelle che suo fratello, il card. Annibaldo, aveva fatto costruire nell'antica chiesa di S. Maria del Fiume in Ceccano, di proprietà. della famiglia.
Ignoriamo il nome della moglie del C.: il Caetani (Caietanorum genealogia, tav. LXVIII) afferma in un primo momento che aveva sposato una Perna da Ceccano, mentre poi, come sposa del Ceccanese, ricorda una Miozia, forse figlia di Benedetto (III) Caetani (ibid., tav. B-XL). Il Caetani, per quest'ultima notizia, si fonda sul Sindici (Ceccano...,p. 154), che però equivoca con Miozia Caetani, andata in moglie ad un nipote del C., Nicola da Ceccano, nel 1364 o nel 1367.Secondo il Dykmans (p. 314, n. 32), che lo trae da un documento del 1348, il C. avrebbe sposato una Teopasia.
Il C. ebbe quattro figli maschi, due legittimi - Berardo (III) e Giovanni -, e due naturali, Giovanni, che morì prima del 2 maggio 1358, e Giannotto, che era ancora in vita nel 1398. Berardo (III) il 3 ott. 1329 ottenne la dispensa pontificia per poter sposare una cugina, Francesca di Francesco da Ceccano, ma non abbiamo prove che questo matrimonio sia poi stato effettivamente celebrato. È certo, invece, che egli era sposato ad una Francesca Caetani prima del 17 ott. 1349. Suo fratello Giovanni, destinato alla vita ecclesiastica, poté godere di numerosi e ricchi benefici, che gli furono attribuiti grazie alla protezione del prozio, il potente cardinale Annibaldo.
Tutte le figlie del C. si sposarono con personaggi di un certo rilievo, fatto che testimonia l'importanza e l'influenza raggiunte dal loro padre. Giacoma venne maritata ancora in giovane età, intorno al 1327, con Nicola del fu Goffredo da Ceccano, suo cugino in terzo grado, che tuttavia morì prima di avere potuto consumare il matrimonio; nel 1343,prima del 10 settembre, Giacoma sposò in seconde nozze Matteo di Napoleone Orsini, allora senatore di Roma uscente e membro dell'ambasciata del Popolo romano ad Avignone. Il 17 nov. 1330il papa Giovanni XXII concesse, su richiesta del card. Annibaldo, la dispensa necessaria per le nozze della seconda figlia del C., Perna, fidanzata a Tomasello da Ceccano, fratello di quel Nicola primo marito di Giacoma. La terza figlia del C., Francesca, sposò nel 1329 Francesco Caetani, nipote di Bonifacio VIII, già tesoriere della Chiesa di Tours e titolare di numerose altre prebende, che morì l'anno successivo al suo matrimonio, senza lasciare discendenti; dieci anni dopo, nel 1339, Francesca chiese ed ottenne la dispensa necessaria per le nozze con Pietro di Agapito Colonna, già preposito di Marsiglia.
Oltre a Francesca, il Caetani (Caietanorum genealogia, tav. LXVIII) ricorda anche una Maria, poi moglie di Giacomo di Goffredo Caetani, ma a torto: questa non era infatti figlia del C., ma del suo omonimo Tomasio di Goffredo da Ceccano (detto Tomasio iunior o Tomasello), come è provato da documenti del 26 febbraio e del 2 marzo 1346.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Colonna (regesti nello schedario dell'Arch. Caetani), LIV-4 (testamento del padre del C.), XXXVIII-40, LVI-32, LVI-46, LXII-17 (dote di Giacoma da Ceccano per il matrim. con Matteo Orsini), LI-53, LI-76, LVI-28, LVI-33, LVI-69 (dote di Francesca da Ceccano per il matrimonio con Pietro Colonna, successivi litigi e compromessi), LVI-40 (su Giovanni, figlio naturale del C.), LVI-36 (compromesso di pace con i Caetani), XXXIV-27, XXXIV-28, LI-12, LI-76, LVI-63 (compromessi con il fratello Giacomo), LVI-39 (compromesso con Piperno), LVI-42 (compromesso con Francesco, Conti), LVI-54, LVI-55 (compromesso con i Caetani palatini), LXII-17 (attacco del C. contro Cisterna), LI-51, LVI-61, LVI-80 (signoria su Giuliano), XX-20 e LXII-14 (possedimenti a San Lorenzo de Valle), XVII-147 (possedimenti a Torrice), LVI-80, LVI-81 (possedimenti a Prossedi), LVI-27, LVI-37, LVI-38, LIX-17 (possedimenti a Roccagorga), XXXIV-20 (possedimenti a Montacuto), XXXIV-14, LI-13, LI-23, LVI-49, LVI-50, LXII-8, XCIV-9 (liti per Carpineto), XVIII-1 (acquisto di Trevigliano), XXIX-49, XXXXII-28, LXXXVII-43 (concessione al C. dei feudi di Adenolfo di Aquino), XCV-6 (restituzione dei beni usurpati da Cecco da Ceccano), LIV-29 (testamento del C.), LI-39, LI-40 (prestiti a persone diverse); Roma, Archivio Caetani, III. AA. 193, n. 62 (possedimenti a Montellanico), III. AA. 96, n. 81 (possedimenti a Santo Stefano de Valle); Arch. Segr. Vaticano, Reg. Suppl. 4. f. 199; 7, f. 3v; 12, f. 62; A. Theiner, Codex diplom. dominii temporalis S. Sedis. Recueil de documents..., II, Romae 1862, pp. 18, 142; III, p. 96; G. Tomassetti, Amaseno, Roma 1899, pp. 138, 142-145; Benoît XII (1334-1342). Lettres communes..., a cura di J.-M. Vidal, I-III, Paris 1902-1911, nn. 6069, 6115; Jean XXII (1316-1334). Lettres communes…, a cura di G. Mollat-G. de Lesqueu, I-XVI, Paris 1904-1947, nn. 12303, 28812, 28814, 46806, 51627; G. Caetani, Regesta chartarum, II,Perugia 1923, pp. 37, 67, 69 s., 93-95, 139 s., 148, 203, 221 s., 224-226, 240-242, 260, 275 s.; Clément VI (1342-1352). Lettres closes, patentes et curiales intéressant les pays autres que la France...,a cura di Déprez-G. Mollat, Paris 1960-61, n. 600; J.-H. Albanés-U. Chevalier, Gallia christiana novissima. Marseille, Marseille 1889, coll. 790-801; M. Sindici, Ceccano. L'antica Fabrateria, Roma 1893, pp. 162 s.; F. Tonetti, Breve notizia sugli arch. e sulla Biblioteca Giovardiana comunale di Veroli, in Arch. della Società romana di storia patria, XXVII(1904), p. 242; G. Caetani, Caietanorum genealogia, Perugia 1920, tavv. B-XL, LVIII; M. Dykmans, Le cardinal Annibal de Ceccano (vers. 1282-1350). Etude biographique et testament du 17juin 1348, in Bull. de l'Institut belge de Rome, XLIII (1973), pp. 199, 205-209, 234, 256, 258, 274, 314 e passim.