TOLEMEI (Πτολεμάιοι, Πτολομάιοι, Ptolomaei)
La dinastia dei T., o Lagidi fu fondata da Tolemeo, detto poi I Sotere, figlio di Lagos, che si proclamò re nel 305 a. C. I suoi discendenti governarono, tranne brevi interruzioni, fino al 30 a. C., e il loro dominio costituî una testa di ponte della civiltà greca nel Mediterraneo centro-orientale. Capitale della monarchia ellenistica d'Egitto fu Alessandria, la città che nell'inverno del 332-331 a. C. Alessandro Magno volle fondata sulla costa mediterranea del paese su progetto di Deinokrates di Rodi, sovrintendente Kleomenes di Naukratis (v. alessandria).
1. - Una ricerca iconografica nell'ambito della ritrattistica di ciascuno dei regnanti tolemaici pecca tuttora, inevitabilmente, di frammentarietà e di incertezze, e per la relativa esiguità del materiale, e per i continui influssi esercitati sulla ritrattistica posteriore dall'iconografia di Alessandro e del Sotere, fondatore della dinastia. Lo stesso studio delle monete ci aiuta scarsamente per l'identificazione delle sculture e per la caratterizzazione della fisionomia dei dinasti. Soltanto qualche particolarità iconografica di specifico richiamo ci permette di uscire dalle strettoie delle ipotesi riconoscendo come ritratti dei principi Lagidi quelli più attendibili di T. I, T. III, T. IV e di T. VI.
I ritratti muovono, in genere, agli inizî del III sec. a. C., da un linguaggio formale semplice e possente con una profonda ricerca di contenuto interiore (T. I di Copenaghen [v. anche Vol. I, fig. 325] e del Louvre, emblema in gesso di Alessandria); queste caratteristiche sono ripetute anche dalle monete a partire dal 305 a. C. le quali presentano un ardente profilo diademato, proteso a destra. Alla fine del III sec. fiorisce il gusto per lo sfumato e per la forma indeterminata, ed è a questa corrente che vanno ascritte le effigi più note di T. III (di Alessandria e di Cirene), in contrasto con i coni monetali, alcuni più aderenti alla personalità e più precisi nella caratterizzazione del personaggio, altri con profili modulati e di ampia concezione, nel filone, cioè, della iconografia ufficiale più diffusa. Con T. IV (221-203 a. C.), i ritratti sicuramente attribuibili al monarca (Boston, Alessandria, New Haven, terracotta Benaki di Alessandria) denunciano un realismo spesso rotto da profonde notazioni veristiche; alla stessa maniera, le monete offrono una visione poderosa del profilo, dove la foga espressiva è ottusa dalla ripetizione dei tratti salienti, pesanti e grossolani, caratteristici dei ritratti di T. IV. Al II sec. sono da attribuire i ritratti di T. VI (Alessandria, Atene, Providence, Cirene), nei quali affiora la personalità malata e perversa del monarca attraverso un sentito realismo, reso con una fluidità di stile che è abilmente riflessa nell'irregolare e attraente profilo offerto dai conî monetali. Con la metà del II sec. a. C. si affievolisce la produzione in marmo dei ritratti greco-tolemaici e, a partire dalla fine dello stesso secolo, risulta intensificata la produzione ritrattistica greco-egizia, la quale, peraltro, aveva offerto buone prove con alcuni ritratti noti di T. IV e di T. VI. La monetazione alessandrina e quella delle zecche provinciali, soprattutto delle aree mediterranea ed egea, ripetono alcuni motivi iconografici dei primi regnanti tolemaici e riprendono addirittura, nei rovesci, schemi affermatisi agli inizî del regno. Tratti individuali a noi utili per il riconoscimento dei ritratti, qualora ce ne fossero di esistenti, presentano i conî di T. VII, T. VIII e T. IX; le monete dei successori, sovraccariche di simboli, non offrono che scarsissimi indizî iconografici con intento ritrattistico.
(La titolatura e la successione dei T. è indicata in modi diversi dagli studiosi. Qui vengono indicate, in parentesi quadre, le numerazioni accolte nella Pauly-Wissowa, vol. xxiii, 2, 1959, c. 1603 55., s. v. Ptolemaios).
2. - tolomeo i sotere (Πτολομαῖος Σωτήρ) [n. 18, Pt. i) (365-283 a. C.). - Figlio di Lagos e di Arsinoe, fu uno degli ufficiali più vicini ad Alessandro. Nominato nel 323, morto il Macedone, satrapo d'Egitto, partecipò insieme a Lisimaco e Antigono al complotto contro Perdicca (322-321 a. C.), e vide riconfermata la sua satrapia con l'accordo di Triparadiso in Siria nel 321.
Di carattere impetuoso e incurante della frantumazione dell'impero lasciato da Alessandro, si atteggiò a monarca assoluto e osteggiò l'ascesa fortunata di Antigono (l'unico dei Diadochi che avesse raccolto lo spirito che aveva animato la politica di Alessandro), e lo combatté negli anni 319-317 e ancora nel 315, finché nel 311 non venne stipulata una pace che fu di breve durata. Nel 307 Si riaccese la lotta per il predominio della Siria, con poca fortuna per l'Egitto che fu battuto a Salamina di Cipro nel 306. Antigono, sfruttando l'occasione della vittoria, si portò in Egitto, ma dopo una lunga ed estenuante guerra, nel 301, sconfitto ad Ipso, si uccise; a T. I rimasero, oltre all'Egitto, la Libia e la Palestina. È questo che segue un periodo di calma relativa e di consolidamento delle varie dinastie che si erano affermate: i T. in Egitto, i Seleucidi in Siria, gli Antigonidi in Macedonia e in Grecia. Già nel 305 T. I si era autoproclamato re, presto imitato dagli altri Diadochi. Consolidate le sue mire espansionistiche il Sotere si dedicò alla risoluzione dei problemi interni, scegliendo definitivamente per capitale Alessandria, ingrandendola a scapito della vecchia capitale faraonica, e dando nuovo impulso ai centri greci della costa. Stanco e vecchio si affiancò al trono, nel 285, il figlio T. II, natogli da Berenice, e morì a 82 anni (nel 283), onorato come un dio (Teocr., Id., xvii, 123; Strab., Geogr., xvii, 794; e, inoltre, Diod., xviii-xx, passim; App., Syr., 52-54).
I ritratti noti di T. I non sono numerosi, ma la maggior parte di essi possono essere riferiti al monarca con sicurezza. L'impianto è sempre vigoroso e l'espressione del volto altamente caratterizzata; il linguaggio formale è semplice e tuttavia riflette una costante ricerca di contenuto interiore pur tra la diversa validità stilistica delle effigi. Alla ardente e aggressiva testa di Copenaghen (in origine, certo, completata in stucco), si contrappone l'aulica e ridondante realizzazione del ritratto del Louvre MA 849, il cui schema è dichiaratamente improntato all'iconografia del Macedone. Una compensazione tra personalità vibrante e stile barocco di maniera offre la turgida maschera da Pergamo a Berlino. Una vivace immagine del monarca ritroviamo in una testina in calcare (inv. 22274) del Museo Greco Romano di Alessandria la cui forza espressiva va associata alla foga con cui l'emblema in gesso di Alessandria ci rende il profilo di T. I. Tra i piccoli monumenti, il cui esame riesce utile per lo studio dell'iconografia del monarca, segnaliamo i modelli di gesso del Pelizaeus Museum di Hildsheim, la placchetta di terracotta dello stesso museo e la nota sardonica di Vienna. Non sembra possano essere attribuiti a T. I: la testa del Museo Torlonia, il busto bronzeo di Ercolano, e il busto bronzeo della Walters Art Gallery di Baltimora. La testa di Thera, di recente ritenuta uno dei migliori ritratti del Sotere (G. Mc Fadden), pur non volendo tener conto del pessimo stato di conservazione, si perde in un'espressione generica di forza ed i lineamenti del volto non permettono una sicura identificazione.
Le monete di T. I offrono una spendida serie di conî le cui emissioni si infittiscono e migliorano a partire dal 306 con l'immagine di Alessandro; sui rovesci Zeus Aëtophòros ed Atena Pròmachos. Nel 305 compare per la prima volta il ritratto del re, di profilo, a destra, iconograficamente caratterizzato, mentre sui rovesci si afferma il motivo dell'aquila sul fulmine (che verrà ripetuto in quasi tutte le emissioni tolemaiche, anche in quelle delle zecche provinciali).
3. - Tolomeo ii filadelfo (Πτολεμαῖος-Θιλάδελϕος [n. 19, Pt. ii] (309-308-246 a. C.). - Figlio di T. I e di Berenice, nato a Coo nel 309-308 a. C., divenne re d'Egitto nel 283. Raffinato e colto, educato dal fisico Stratone e dal poeta e filologo Fileta di Coo, si trovò in possesso di un regno che la tenacia del padre aveva reso immenso: Egitto, Cirenaica, Cipro, isole Cicladi, Celesiria. Grande politicò e commerciante audace ("il più abile mercante che mai tenesse Alessandria" lo definì M. Rostovčev), decise nel 280 il taglio di un istmo dal Nilo al Mar Rosso, sforzandosi di avviare la nazione verso una lungimirante politica economica. Dedito alle lettere e alle arti, si impegnò a ingrandire e a completare la capitale, costruì il Faro, progettato da Sostratos di Cnido, il Museo, l'Arsinoeon, la famosa Biblioteca e, forse, anche il Serapeo.
Iniziata, nel 275, la prima guerra siriaca per il possesso della Celesiria e della Cilicia, la pace del 261 stabilì la definitiva annessione delle due regioni all'Egitto. Alla seconda guerra siriaca, scoppiata un anno più tardi, l'Egitto non prese parte. Nel 252 la Celesiria venne restituita ad Antioco II come dote di Berenice, la figlia di T. II che Antioco sposava. Si raggiunse così, di nuovo, un periodo di prosperità e di assoluta sicurezza: l'Egitto aveva le frontiere interne solidissime, inaccessibili dal deserto, ed una marineria militare e commerciale che gli assicurava il predominio del mare. Il re morì nel 246 a. C. (Diod., I, 37; iii, 35-36, 42; Paus., I, 7, 10; v, 8, ii; x, 9, 1-23; Strab., ii, C 92).
I ritratti che la critica ha attribuito a T. II non presentano caratteristiche fisionomiche tali da essere ritenuti con sicurezza effigi del monarca. La testa del Cairo 39522, le due testine di Alessandria 3270 e 3407, il ritratto del Louvre MA 3261, proveniente, forse da Hermoupolis, e il busto bronzeo da Ercolano a Napoli n. 5600 (riconfermato, di recente, come ritratto di T. II, da J. Charbonneaux), per le loro scarse e, spesso, inesistenti particolarità iconografiche non possono, a tutt'oggi, accettarsi quali ritratti del Filadelfo.
D'altra parte, le emissioni monetali di T. II non facilitano il compito: le più antiche presentano il ritratto di Arsinoe (nei rovesci l'aquila sul fulmine o la doppia cornucopia), e le emissioni rispondenti al culmine del regno di T. Il hanno insieme la coppia reale, T. II e Arsinoe Il (sui rovesci il Sotere e Berenice I). In pochi esemplarî sono rintracciabili i caratteri fisionomici del re, se si escludono alcune monete della zecca di Efeso e alcune della zecca di Lebedo, al British Museum, alle quali, tuttavia, non può essere ricondotto nessuno dei ritratti noti.
4. - tolomeo iii euergete (Πτολεμαῖος Εὐργετής) [n. 21, Pt. iii] (246-221 a. C.). - Figlio di T. II e di Arsinoe II, fu il primo dei Lagidi nato in Egitto. Sposando nel 246 Berenice, figlia di Magas di Cirene, rafforzò il suo regno sulle frontiere occidentali.
Partecipò alla terza guerra siriaca, dal 246 al 241, per motivi di prestigio del casato, e la fortuna delle armi lo portò rapidamente fin sulle rive del Tigri: con la pace del 241 il regno d'Egitto divenne forse la potenza internazionale più grande e, pur avendo abbandonato la Siria, difficile da tenersi, restarono la Celesiria, alcune città costiere della Siria stessa e dell'Asia Minore, diverse isole dell'Egeo. Il regno che T. III aveva ricevuto vasto e solido raggiunse il suo apogeo; con orgoglio il re poté coniare sulle monete il tridente, simbolo della potenza marittima, e si fece rappresentare con la corona a raggi, simbolo della potenza universale. Il ventennio che seguì portò prosperità e ricchezza alla nazione egiziana, e fu solo offuscato da alcuni movimenti interni della casta sacerdotale di rito egiziano, alla quale il re non poté non concedere alcuni riconoscimenti, promuovendo una causa politica di avvicinamento con l'èthnos indigeno (Diod., iii, 18, 4; Strab., xvii, C 836; Plut., Ant., 24).
Diversamente che per i ritratti dei predecessori, l'iconografia di T. III presenta una palese inclinazione verso quella corrente di gusto per lo stile indeterminato e, in parte, sfumato che ha sostanziato la produzione alessandrina della seconda metà del III sec. a. C. Il ritratto di Cirene, il ritratto di Alessandria 3270, la testa di Copenaghen, NCG 451, rientrano tutti nella corrente dello sfumato; più significative notazioni iconografiche sono palesi soltanto nel ritratto di Alessandria. Altri ritratti, come il bustino di Alessandria 19122, forse effigie di T. IV; la grande testa del Louvre, di ispirazione patetica e certo concepita nel II sec.; la testina in faÿence verde 19315 di Alessandria, la testa marmorea del Museo Nazionale Romano inv. 223, non possono in nessun caso essere attribuiti all'iconografia di Tolemeo III.
Le monete di T. III presentano due tipi di ritratto completamente diversi: alcuni conî recano la testa del re diademata e radiata, con tridente e scettro, e i tratti sono resi con precisione e minuzia di intaglio ben lontane, dunque, dal modellato soffice e dalla aperta costruzione dei ritratti sicuri del monarca; akn coni recano la testa diademata di T III e la concezione del profilo è larga e potente, a grandi volumi, più vicina nello stile alla calda sensibilità raggiunta nei ritratti di Cirene e di Alessandria, dove all'estrema finezza del modellato si unisce una profonda penetrazione della personalità.
5. - tolomeo iv filopatore (Πτολεμαῖος Φιλοπάτωρ) [ν. 22, Pt. iv] (morto 204 a. C.). - Figlio di T. III e di Berenice II, giunse al trono nel 221 e, subito dopo, fu impegnato nella quarta guerra siriaca dal 219 al 217. Malgrado i crimini del primo ministro Sosibio, malgrado i tradimenti e la perdita di Tolemaide e di Tiro, T. IV conobbe il trionfo militare battendo clamorosamente a Raphia, il 22 giugno del 217 a. C., Antioco III di Siria; e, per questo, fu incoronato, sembra, re d'Egitto a Memfi, secondo il rito faraonico. L'armata che aveva combattuto a Raphia era composta per la maggior parte di milizie indigene, e il fatto, solo apparentemente di scarso peso politico, ebbe risonanza più tardi, quando militari ed Egiziani, presa coscienza del loro valore come nazione, originarono un periodo di crisi interna che portò T. IV ad un'elaborata serie di provvedimenti. Il regno di equilibrio (la balance of power come ebbe a definirla M. Rostocvzev) dei primi tre regnanti della casa lagide non poteva più sussistere. Con T. IV si determinò una politica di assimilazione delle tradizioni egiziane, perfino con l'adozione del protocollo faraonico, che può più precisamente definirsi di "apertura" verso la chora (Pol., Hist., i, 3, i; ii, 71, 3; III, 2; iv, i, 9; v, 87; xv, 25, i).
I ritratti di T. IV non sono numerosi, ma la fisionomia del re ci viene incontro dai più disparati tipi di monumenti. La testa diademata di Boston, struttivamente e stilisticamente affine alle effigi monetali del re; la testa di granito rosa da Abukir ad Alessandria, con la doppia corona faraonica, e la testa di basalto dall'Egitto alla Yale University Art Gallery di New Haven: l'una e l'altra, malgrado la stilizzazione dell'ideale artistico che rappresentano- più vivace e più libera riesce, tuttavia, la testa di New Haven- possono essere ricondotte con sicurezza all'iconografia del Filopatore.
Tra i monumenti minori, segnaliamo: un'erma-ritratto di Delo A 4259, la cui complessione della testa e le cui particolarità somatiche superano la genericità del ritratto atletico; la vigorosa e pregnante testina in terracotta della Collezione L. Benaki di Alessandria; il bustino già Zogheb ad Alessandria inv. 19122, ritenuto, forse, a torto, ritratto di T. III (E. Pfuhl); la nota gemma A 2600 della Bibliothèque Nationale di Parigi; e la matrice di gesso del Cairo 32.014. Una menzione a parte merita la figura di monarca situata, come personificazione di Chronos, dietro la figura assisa di Omero, nel rilievo londinese di Archelaos al British Museum. La vecchia identificazione con T. IV proposta da I. Overbeck, e accettata, in seguito, da C. Watzinger, A. Levi, E. Pfuhl, K. Schefold, Ch. Picard, G. Lippold, M. Bieber, A. Adriani, è stata contraddetta soltanto da G. Dickins, W. Klein, Fr. Hauser. Confermano l'identificazione sia l'innegabile affinità fisionomica che intercorre tra la testa di T. IV sul rilievo di Archelaos e i profili monetali, sia il rapporto logico che lega la scena dell'apoteosi di Omero e l'istituzione ad Alessandria del culto del poeta, nonché la costruzione, sempre per cura del Filopatore, di un Homereion con le statue del poeta e delle città dell'Asia Minore che vantavano di avergli dato i natali (Ael., Var. Hist.; xiii, 22).
Non sussistono validi motivi iconografici per attribuire al re i ritratti: di Vienna, Kunsthistorisches Museum I, 833 (G. Dickins, E. G. Suhr; contrarî A. Adriani, N. Bonacasa); del Louvre MA 3262 (J. Charbonneaux, S. Mollard Besques, E. Rosenbaum; contrario N. Bonacasa); la testa di Tolmetta, oggi perduta (E. Rosenbaum; contrario N. Bonacasa); la testina in terracotta della Collezione S. Mollard Besques; contrario N. Bonacasa).
L'indirizzo realistico moderatamente espresso dalla maggior parte dei ritratti attribuibili a T. IV è rotto qualche volta da pesanti notazioni che scadono nel verismo. Le monete riflettono lo stile realistico dei ritratti e vanno annoverate per la finezza dell'esecuzione tra le migliori delle emissioni tolemaiche. La testa di Alessandro è presto sostituita dal vivido e possente profilo del re con diadema e, più tardi, l'immagine del monarca assume le caratteristiche di Dioniso: sappiamo infatti che T. IV era riconosciuto e raffigurato come ipostasi di Neòs Dioniso e, sembra, anche di Hermes (Clem. Aless., Protr., iii, P 40; iv, P 48; Plin., Nat.. hist., vii, 208; Pol., Hist., xv, 25, 34; Ael., Var. Hist., xiv, 31).
6. - tolemeo v epifane (Πτολεμαῖος ᾿Επιϕανής) [ν. 23, Pt. v] (202-181 a. C.). - Figlio di T. IV e di Arsinoe, regnò sotto tutela dal 202 al 196.
Questa particolare situazione interna dell'Egitto spinse la Macedonia e la Siria a coalizzarsi contro il giovane re e fu l'inizio della quinta guerra siriaca. Questo fatto d'armi determinò anche l'intromissione di Roma nella politica dei regni ellenistici: un'ambasceria guidata da M. Emilio Lepido si era già interessata ai problemi di T. V, il cui regno fu messo in serio pericolo dalla sconfitta subita a Panion, nel 200, dove Antioco lavò l'onta di Raphia battendo duramente l'Egitto. T. V continuò la politica interna del padre di totale "apertura" verso la chora: la famosa stele di Rosetta testimonia gli sforzi del re tendenti ad un compromesso con l'intransigente clero indigeno (Pol., Hist., iii, 2, 8; xv, 24-26; xvi, 18-19; xviii, 53-55; xxii, 3, 7, 9).
Nessun ritratto può attribuirsi a T. V. Le monete che ci presentano il profilo del re appaiono fiacche nella caratterizzazione del personaggio e insignificanti nello stile, anche nelle emissioni in cui il monarca è rappresentato con la corona a raggi e il diadema e che sarebbe logico considerare come riflesso della iconografia ufficiale.
7. - tolomeo vi filometore (Πτολεμαῖος Φιλομήτωρ) [n. 24, Pt. vi] (181-145 a. C.). - Figlio di T. V e di Cleopatra I, assunse il potere nel 181-180, partecipò alla sesta guerra siriaca dal 170 al 168, durante gli anni in cui era sotto tutela e, nel 169, vide minacciata la stessa capitale, Alessandria: Antioco IV Epifane, battendo l'armata egiziana a Pelusium, arrivò fin sotto le mura della città, e fu solo l'ingiunzione del senato romano ad allontanarlo dalla ricchissima preda.
Ai già gravi problemi di difesa del confine si aggiunsero quelli interni, tra cui, nel 164, la lotta contro l'usurpatore, il fratello T. VII Euergete Fiscone conclusasi nel 154 con la cattura dell'usurpatore, cui, perdonato l'atteggiamento di rivolta contro il potere centrale, fu concesso il dominio della Cirenaica (Pol., .Hist., xxvii, 13, 19; xxviii, i, 2; Diod., xxx, 2; xxxi, i, 2,; xxxii, 9 c-d; xxxiii, 20).
Dei ritratti di T. VI, almeno di quelli attribuibili alla iconografia del re, con quasi assoluta certezza, due sono in stile greco-egizio e due sono in stile greco-tolemaico. Il ritratto in pietra egiziana, da Egina ad Atene, sicuramente identificato anche in base al cartiglio reale, e il ritratto in granito verde da Abukir ad Alessandria, sono entrambi strettamente collegati per la struttura del volto e per certi particolari grafie, più libere in quello di Alessandria, dei capelli scendenti sulla fronte, oltre che per la comune stilizzazione della corrente greco-egizia di cui sono validi rappresentanti. Il bel ritratto in marmo di Alessandria, forse, in origine, completato in stucco sul retro, ci presenta con straordinaria aderenza al personaggio, il carattere del re volitivo e corrotto a un tempo, così come ce lo descrivono le fonti scritte (Pol., Hist., xl, 12: Diod., Exc., 579) e, nello stesso tempo, il marmo ci testimonia con quanta spiccata personalità l'artista abbia sfumato il realismo del ritratto in un modellato fluido con un gusto incurante della rifinitura dei particolari. Poco dopo è da collocare il ritratto di Providence, della Rhode Island School of Design, nel quale, alla tendenza realistico-pittorica del medio-ellenismo va sostituendosi il gusto classicheggiante. Alla iconografia di T. VI possono ugualmente essere ricondotti due sigilli di anello del Museo del Louvre, da alcuni studiosi ritenuti appartenenti all'iconografia di Antioco IV (J. Sieveking, A. Adriani, L. Laurenzi), da altri, i più, ricondotti alla effigie di T. VI (G. Blum, C. Watzinger, G. Lippold, E. G. Suhr, D. Kiang, B. Conticello).
Dubitativamente, possono essere riferiti a T. VI, ma la critica più recente non è concorde, due altri ritratti: uno a Cirene (L. Polacco, E. Rosenbaum, B. Conticello), e l'altro a Delo (B. Conticello).
Il gusto per l'accentuazione realistica che abbiamo visto essere peculiare di alcune immagini di T. VI ci viene ugualmente reso dai migliori profili dei conî monetali, dove il re ha solo il diadema, soprattutto dai tetradracmi delle emissioni in argento.
8. - tolemeo vii euergete ii, fiscone (Πτολεμαῖος Εὐεργετής) [n. 27, Pt. viii] (morto 116 a. C.). - Fratello di T. VI, sposò prima Cleopatra II, e poi la di lei figlia Cleopatra III; governò dal 145 al 118, e fu incoronato re ad Alessandria ed a Memfi.
Durante il suo regno covò nella capitale la rivolta ebraica e nel 130, per istigazione di Cleopatra II, si sollevò pure la popolazione alessandrina a causa dei lunghi dissensi fra il re e la prima moglie e della situazione di pieno disagio che si era venuta determinando tra l'elemento greco, cui si erano mescolate molte razze, e l'elemento indigeno, isolato politicamente e socialmente. Il re fu costretto a fuggire, ma ritornò ad Alessandria nel 127 vendicandosi atrocemente. Un accordo fu stipulato nel 118 con un'amnistia generale e furono promulgati alcuni notevoli provvedimenti per i rappresentanti della cultura mista dello Egitto; diverse clausole di grande importanza politica e sociale ci sono state tramandate da un papiro fortunatamente rinvenuto a Tebthunis. Non abbiamo ritratti di Tolemeo VII (Diod., xxxiii, 6, 12, 13, 20; xxxiv-xxxv, 14, 15-19, 20).
Le monete (E. Pfuhl, in Jahrbuch, xlv, 1930, tav. 30, n. 16) lo raffigurano con sottili fattezze e occhi infossati. Un rilievo del tempio di Horus ad Edfu, nel quale era stato identificato il dinasta indicato come T. VII nella Pauly-Wissowa, è stato invece riconosciuto come di età memfita.
9. - tolemeo viii sotere ii, latiro (Λάϑυρος) [n. 30, Pt. ix Philometer Soter II Lathiros Physkon]. - Figlio di T. VII e di Cleopatra III, regnò dal 117-116 al 106 a. C. Il governo della Cirenaica, che prima era suo, passò nelle mani di Tolemeo Apione. Il re morì nell'8o a. C.
Con T. VIII si può ritenere estinta dal lato dinastico maschile la successione dei Lagidi: l'Egitto, cioè, fu governato da tutori e da regine madri e la casata si scisse sempre più in discordie interne (cfr. Paus., i, 9, 1-3).
Le monete che recano il ritratto di T. VIII non sono numerose, in molte emissioni prevalgono generalmente, l'immagine di Zeus Ammone o il profilo liberamente interpretato di Tolemeo I. Non ci è pervenuto alcun ritratto attribuibile al monarca e nessuno che possa essere riferito ad uno dei monarchi d'Egitto a partire da T. IX. I conî monetali, peraltro, non ci sono d'ausilio per la caratterizzazione della fisionomia dei re: ritornano molti dei motivi delle monete dei primi regnanti Lagidi, tra cui il profilo variamente interpretato di T. I, l'immagine di Zeus Ammone, e, volta a volta, le emissioni dei singoli regnanti denotano chiari influssi delle zecche siriane ed egee, fino alle ultime emissioni in cui sono palesi le componenti stilistiche romane degli ultimi decenni della Repubblica e dei primi anni dell'Impero.
Bibl.: In generale, sui T.: E. Breccia, in Enc. It., XXXIII, 1937, pp. 986-988; H. Volkmann, in Pauly-Wissowa, XXIII, 2, 1959, c. 1603-1761; I. Bell, Jews a. Christians in Egypt, Oxford 1924; P. Bovier Lapierre, H. Gautier, P. Jouguet, Précis de l'Histoire d'Egypte, Il Cairo 1932, p. 259 ss.; P. Jouguet, in G. Hanateaux, Histoire de la nation égyptienne, III, Parigi 1933; E. Bevan, Histoire des Lagides,Parigi 1934; M. Rostovtzev, The Social a. Economic History of the Hell. World, 3 voll., Oxford 1941; P. G. Elgood, les Ptolémées d'Egypte, Parigi 1943; H. I. Bell, Egypt from Alexander the Great to the Arab Conquest, Oxford 1948; E. Breccia, Egitto greco e romano, Pisa 1957; G. M. A. Richter, The Portraits of the Greeks, III, Londra 1965, pp. 259, 261, 273, 264, 265.
Iconografie dei T.: T. I: H. von Gärtringen, Thera, Berlino 1899-904, I, tav. 21 ss.; O. Robenshon, Hell. Silbergerät in ant. Gipsagüssen, Berlino 1911, nn. 12-13, p. 24; C. Watzinger, Exp. von Sieglin, II, IB, Lipsia 1927, p. 10; E. Pfuhl, in Jahrbuch, XLV, 1930,p. 6 ss.; E. G. Suhr, Portraits of Greek Statesmen, Baltimora 1931, p. 142 ss.; A. Adriani, in Boll. Soc. Arch. Alex., XXXII, 1938, p. 77 ss.; F. Poulsen, From the Coll. Ny Carlsberg Glypt., II, Copenaghen 1938, p. 14 ss.; L. Laurenzi, Ritratti greci, Firenze 1941, nn. 52-53; B. Segall, in Journ. of Walters Art Gallery, I, 1946, p. 52 ss.; G. Mc Fadden, St. Presented to D. Robinson, I, S. Louis 1951, p. 713 ss.; J. Charbonneaux, in Mon. Piot, XLVII, 1953,pp. 90 ss. Altr bibl. particolare è raccolta, per la problematica dei ritratti non attribuibili al Sotere, da A. Adriani, art. cit., pp. 84-87, e da H. Volkmann, in Pauly-Wissowa, art. cit., col. 1641. - T. II: E. Pfuhl, Art. cit., p. 29 ss.; F. Poulsen, art. cit., p. 20; L. Laurenzi, op. cit., n. 56; G. Lippold, Griech. Plastik, Monaco 1950, p. 328; J. Charbonneaux, art. cit., p. 102 ss. - T. III: E. Pfuhl, art. cit., p. 32; F. Poulsen, art. cit., p. 21; L. Laurenzi, op. cit., n. 72; F. Poulsen, From the Coll. Ny Carlsberg Glypt., III, Coopenaghen 1942, p. 144 ss.; E. Buschor, Das hell. Bildnis, Monaco 1949, p. 20; J. Charbonneaux, art. cit., p. 106 ss.; M. Bieber, The Sculpt. of Hell. Age, New York 1955, p. 91; O. Koerts-Petersen, in Bull. Soc. Fr. Arch., XLIV, dicembre 1965, p. 9 ss. - T. IV: tutta la bibl. utile connessa con l'edizione dei monumenti e con la discussione dei varî problemi iconografici è raccolta in uno studio d'insieme di N. Bonacasa, in Ann. Atene, XXXVII-XXXVIII (N. S. XXI-XXII), 1959-60, pp. 367-380. Cfr., anche, Rosenbaum, op. cit., p. 39, n. 7. - T. VI: tutta la bibl. relativa ai problemi iconografici e allo stile dei diversi ritratti del monarca, è rccolta da A. Adriani, in Bull. Soc. Arch. Alex., 32, 1938, p. 97 ss.; L. Laurenzi, op. cit., n. 89; L. Polacco, in Att. Ist. Ven. Sc. Lett. Arti, XCIII, 1955, p. 223 ss.; e, di recente, in uno studio d'insieme, di B. Conticello, in Arch. Class., XIV, 1962, p. 46 ss. Cfr., anche E. Rosenbaum, op. cit., p. 40, n. 10.
Per la monetazione tolemaica e per i problemi connessi con la iconografia monetale: F. Imhoof-Blumer, Portraktöpfe aus ant. münzen hell. und hellenisierter Völker, Lipsia 1885; R. Stuart Poole, (British Mus. Coins), The Ptolemies, Kings of Egypt (ed. fotostatica) Bologna 1963 (T. I: pp. XV, 4 ss.; T. II: pp. XXXII, 24 ss.; T. III: XLII, 46 ss.; T. IV: pp. XLIX, 62 ss.; T. V: pp. LIII, 68 ss.; T. VI: pp. LIX, 78 ss.; T. VIII: pp. LXVIII, 88 ss.; T. IX-XV: pp. LXXVI, 104 ss.); J. N. Svoronos, Τὰ νομίσματα τοῦ κράτους τῶν Πτολεμάιων I-III, Atene 1904-1908; B. V. Head, Historia Nummorum, Oxford 1911, p. 846 ss., passim; W. Giesecke, Das Ptolemärgeld, Lipsia-Berlino 1930; E. Pfuhl, in Jahrbuch, XLV, 1930, p. 6 ss., tavv. 2-3; E. T. Newell, Royal Greek Portrait Coins, New York 1937; R. Horn, in Röm. Mitt., LIII, 1938, p. 70 ss.; H. Wade Smith, in Berytus, X, i, 1952-53, p. 21 ss.