Toledo
Città della Spagna centrale, nella Nuova Castiglia, capoluogo dell’omonima provincia e della comunità autonoma di Castilla-La Mancha. Di origine greca o fenicia, T. era il più importante centro della Carpetania quando nel 192 a.C. fu conquistata dai romani che la chiamarono Toletum. La sua importanza si accrebbe nel 6° sec. quando divenne residenza dei re visigoti e sede dei famosi concili. Conquistata dagli arabi nel 711, fu più volte ribelle ai califfi di Cordova. Nell’866 si ribellò nuovamente e per un quarantennio fu uno Stato indipendente, con un proprio sovrano arabo. Con ‛Abd ar-Rahman III dovette però assoggettarsi al dominio degli Omayyadi. Nel 10° sec. la città fiorì economicamente (lavorazione dell’acciaio) e culturalmente. Durante la monarchia visigotica e poi sotto la dominazione araba, T. fu sede primaziale della Spagna e conservò la sua importanza come centro spirituale e religioso sia per i celebri concili che vi si tennero, sia per la formazione della particolare liturgia nota come mozarabica. Con il dissolversi dell’unità del califfato di Cordova, nei primi decenni dell’11° sec., tornò a reggersi nuovamente come Stato indipendente (uno dei cdd. regni di Taifas), ma nel 1085 fu conquistata da Alfonso VI re di León e di Castiglia, divenendo poi la capitale dello Stato castigliano. T. fu per quattro secoli la città più importante della Spagna. Un forte impulso alla prosperità economica venne dall’antica e potente colonia ebraica, nonostante le dure persecuzioni. Pur conservando sempre l’impronta della civiltà musulmana, a T. si sviluppò presto anche una vita culturale cattolica. Alla fine del 15° sec. la cacciata degli ebrei determinò però la decadenza dell’attività industriale cittadina; poi, centro della rivolta dei Comuneros, ricevette il colpo più duro dal trasferimento della capitale a Madrid, voluto da Filippo II nel 1560. Fu occupata dai francesi dal 1808 al 1813.
Definizione impropria del movimento culturale che, avendo il suo principale centro nella città di T., condusse, nel corso del 12° sec., alla traduzione dall’arabo in latino di numerose opere filosofiche e scientifiche, di autori arabi, come Avicenna e Averroè, o tradotte in arabo dagli originali greci. Attribuito alla volontà dell’arcivescovo Raimondo di T., il movimento di traduzioni ebbe in realtà cause diverse, trovando alimento nella presenza della comunità mozarabica e di quella ebraica a T. dopo la conquista castigliana (1085).