toccare [II singol. indic. pres. tocche; agg. verbale tocco]
In pratica è vocabolo esclusivo del Convivio e della Commedia (un esempio nella Vita Nuova e nelle Rime, due nel Fiore). Nel lessico dantesco ricopre un'area semantica non diversa da quella occupata nell'italiano moderno; si distingue invece dall'uso attuale per alcune particolarità sintattiche.
Come transitivo, ha il valore fondamentale di " venire o essere in contatto ", ed è il verbo tecnico usato per indicare le azioni che si compiono mediante il tatto e le sensazioni di cui questo senso è fonte: Cv III II 12 la potenza vegetativa, per la quale si vive, è fondamento sopra 'l quale si sente, cioè vede, ode, gusta, odora e tocca.
L'indicazione del gesto mediante il quale una parte del corpo umano è posta in contatto con una cosa è presente solo nei due esempi del Fiore, dove peraltro il verbo assume un significato metaforico collegato all'allusione erotica implicita nel passo: CCXXIV 9 i' era certan, sed i' toccasse / le 'rlique che di sotto [alla balesiriera, v.] eran riposte, / che ogne mal ch'i' avesse mi sanasse; e così CCXXVIII 11.
Nelle opere canoniche il verbo ricorre di preferenza negli usi estensivi. Con particolare riferimento all'effetto prodotto dal contatto, può indicare che la pressione o l'urto esercitato su un oggetto è talmente intenso da produrvi uno spostamento, come quando Chirone, indicando D. agli altri centauri, domanda: Siete voi accorti / che quel di retro move ciò ch'el tocca? (If XII 81). Può includere anche il senso di danneggiamento; con questo valore lo usa Brunetto per invitare sdegnosamente i Fiorentini a non osare d'infierire contro D., pianta gentile nata di buon seme romano: le bestie fiesolane... non tocchin la pianta / ... in cui riviva la sementa... / di que' Roman (XV 74). Di qua il significato di " percuotere ", " colpire ", attestato in XXI 100 Ei chinavan li raffi e " Vuo' che 'l tocchi ", / diceva l'un con l'altro, " in sul groppone? ", che è esemplare ricorso a un " ironico eufemismo " (Vandelli), visto che i diavoli si propongono di ‛ arroncigliare ' D. con i loro uncini.
Secondo la maggior parte degl'interpreti il verbo ricorre con la medesima accezione in If XXXII 108 Che hai tu, Bocca? / non ti basta sonar con le mascelle, / se tu non latri? qual diavol ti tocca?; i più, infatti, intendono che Buoso, sentendo latrare Bocca, si figuri che questi sia tormentato da qualche diavolo; più semplicemente e naturalmente, il Del Lungo, ripreso dal Mattalia, spiega: " familiarmente: che diavol hai? ".
Conserva l'accezione di " colpire " allorquando è applicato alla percezione che D. ha, nel Primo Mobile, del punto igneo, immobile e luminosissimo, che per lui rappresenta la prima visione di Dio: io mi rivolsi e furon tocchi / li miei [occhi] da ciò che pare in quel volume (Pd XXVIII 13); tocchi vale " toccati ", " ma più che tocco ", questo è " urto o percussione di luce " (Mattalia).
In direzione del tutto opposta il significato del verbo si attenua in quello di " giungere " con impeto minore del consueto nella similitudine introdotta per descrivere il modo con cui D. scoppia in pianto dopo i rimproveri di Beatrice: Pg XXXI 18 Come balestro frange, quando scocca / da troppa tesa, la sua corda e l'arco, / e con men foga l'asta il segno tocca. L'intensità e concretezza del linguaggio dantesco è rivelata ancor più chiaramente dall'esempio di Pd XV 35 dentro a li occhi suoi [di Beatrice] ardeva un riso / tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo / de la mia gloria e del mio paradiso; la metafora, analoga ad altre consimili (cfr. Vn III 1, If XXXII 8, Pg XVIII 67, Pd XI 30), indica che D. crede di " aver raggiunto " il termine estremo della grazia concessagli da Dio e della sua beatitudine, ma la sua efficacia è resa più vivida e intensa dall'inversione dei termini rispetto al linguaggio corrente: infatti, si tocca il fondo dell'amarezza e il colmo o vertice della gioia.
Vada qui anche l'esempio di Cv IV XVI 7 Ciascuna cosa è massimamente perfetta quando tocca e aggiugne la sua virtude propria, dove il valore di " raggiungere ", in ovvio senso figurato, è da attribuirsi al verbo anche sulla scorta della fonte del passo: " unumquodque... tunc maxime perfectum est, cum attingit propriae virtuti " (Arist. Phys. VII 6, 246b 14). Stessa accezione è anche in Rime dubbie V 13, nella frase proverbiale colui che, aspettando, il tempo perde, / né già mai tocca di fioretto il verde.
T. compare in un gruppo di esempi concernenti fenomeni astronomici, sempre in accezioni collegabili con quella di " raggiungere ": If XX 125 [la luna] già... tocca l'onda, " tramonta nell'oceano "; Pg IV 137 è tocco / meridïan dal sole, il sole " è giunto " al meridiano, è mezzogiorno; Pd XXVII 69 'l corno / de la capra del ciel col sol si tocca, il sole " si trova congiunto " con la costellazione del Capricorno (si noti il riflessivo reciproco). Più che a contatto allude a contiguità nel passo dedicato a esaminare il moto dei cieli intorno al loro asse e l'influsso che il cielo superiore esercita su quello immediatamente inferiore: quanto lo cielo più è presso al cerchio equatore tanto... più tocca di quello che è sopra sé, e per consequente più è virtuoso (Cv II III 15). Assume un'accezione ancor più estensiva allorquando ricorre con riferimento all'impulso esercitato dalle Intelligenze motrici sui cieli: V 18 La forma nobilissima del cielo... gira, toccata da vertù motrice... e dico toccata, non corporalmente, per tatto di vertù la quale si dirizza in quello.
Con riferimento a una conversazione o a una discussione indica l'accenno a un argomento sfiorato più che trattato estesamente. Con questo significato, in un caso è usato assolutamente in una proposizione incidentale: Cv I II 12 al principale intendimento tornando, dico, come è toccato di sopra, per necessarie cagioni lo parlare di sé è conceduto. Più frequentemente ricorre come transitivo, all'attivo (e quindi seguito da un complemento oggetto o da una proposizione oggettiva) o al passivo: III 6 La ragione per che ciò incontra... brievemente or qui piace toccare; IV V 7 incidentemente è da toccare che, poi che esso cielo cominciò a girare, in migliore disposizione non fu che allora; XIX 2 ne la prima [parte] si pruova certa cosa che dinanzi è toccata e lasciata non provata; e così in II VI 3 e 5, III II 1, XIII 3, IV X 3, XIX 8; If VI 102, Pd XXIV 143. Di poco meno frequente è la costruzione intransitiva, con un complemento di argomento: If VII 68 questa fortuna di che tu mi tocche, / che è...?, e XXV 94; Cv II VIII 7 de la immortalità de l'anima è qui toccato (si noti l'uso impersonale); e così in I 15, III XIV 11, IV X 1, V 16. In qualche caso al complemento di argomento si affianca quello dell'oggetto interno: Vn VIII 3 Di ciò toccai alcuna cosa ne l'ultima parte; Cv II XII 3 Tullio... trattando de l'Amistade, avea toccate parole de la consolazione di Lelio; III XI 3, IV XXVII 11, XXIV 9. A quest'uso si collega quello del participio passato ‛ toccato ' con l'accezione di " sopraccennato ": IV 14 farò... disgressione d'altro capitolo per le toccate ragioni mostrare; Pg XXII 79 la parola tua sopra toccata / si consonava a' nuovi predicanti (qui Stazio, rivolgendosi a Virgilio, allude al vaticinio palingenetico di Buc. IV 5-7 da lui " citato " poco prima [vv. 70 ss.]); e così in Pd I 108.
In un caso vale " concernere ", " riguardare ": Pg VI 128 Fiorenza mia, ben puoi esser contenta / di questa digression che non ti tocca.
Nell'ambito delle reazioni psicologiche, l'idea del contatto si può risolvere nell'effetto esercitato da un sentimento o da una funzione dello spirito. Anche in questo caso la varietà delle costruzioni rivela la duttilità del lessico dantesco: If XXXI 72 Anima sciocca /... col corno... ti disfoga / quand'ira o altra passïon ti tocca; Pg II 117 parevan sì contenti, / come a nessun toccasse altro la mente; Pd IX 126 la Terra Santa, / che poco tocca al papa la memoria.
È sempre intransitivo quando assume l'accezione di " capitare ", " accadere per caso ", soprattutto con riferimento ad accadimenti sgradevoli di cui una persona è, meritamente o immeritamente, vittima: Rime CIV 67 se questo è danno / ... dolgasi la bocca / de li uomini a cui tocca; Cv IV Le dolci rime 40 Ma vilissimo sembra... / cui è scorto 'l cammino e poscia l'erra, / e tocca a tal, ch'è morto e va per terra! (ripreso in VII 10).
Ha un significato affine in Pg XXV 21 Come si può far magro / là dove l'uopo di nodrir non tocca?; qui D. domanda come possano dimagrire le anime dei golosi, per le quali " non c'è, non è pertinente " (Chimenz) o " non si fa sentire " (Mattalia) il bisogno di nutrimento materiale.