Vedi TIVOLI dell'anno: 1966 - 1973 - 1997
TIVOLI (v. vol. VIl, p. 887 e S 1970, p. 850)
Il quadro delle conoscenze sul centro abitato e sull'area tiburtina ha visto negli ultimi anni un notevole incremento concentrato quasi esclusivamente sulle indagini topografiche nel territorio, tra cui merita particolare menzione l'edizione degli ultimi due volumi della Forma Italiae.
Relativamente alle fasi di formazione del centro urbano si può segnalare la pubblicazione di una tomba databile al VII-VI sec. a.C., rinvenuta occasionalmente sulle pendici meridionali della collina occupata successivamente dalla villa di Quintilio Varo. Il ritrovamento, avvenuto a non molta distanza dal sito dell'Acquoria, noto per la necropoli di età orientalizzante e i rinvenimenti di età arcaica, ha fatto ipotizzare l'esistenza di un nucleo insediativo sulla collina di Quintiliolo, successivamente obliterato dalla costruzione della citata villa. Tuttavia va osservato che anche per T., lo stretto rapporto stabilito tradizionalmente tra necropoli e insediamenti autonomi, che solo successivamente si sarebbero accorpati per fenomeni di sinecismo intorno al VI sec. a.C., andrebbe riletto alla luce di quanto proposto per le vicende di formazione di alcuni centri dell'Etruria meridionale, dove la presenza di aree d'insediamento distinte all'interno di unità topograficamente omogenee viene collegata in modo meno rigido alla presenza di più gruppi, parentelari o territoriali, i cui rapporti, tuttavia, erano tali da rientrare all'interno di un unico processo di formazione del centro urbano.
Per l'età classica, oltre a una serie di rinvenimenti occasionali, che hanno incrementato la conoscenza della topografia urbana, vanno segnalati i lavori di scavo e sistemazione del Santuario di Ercole Vincitore e del settore SE dell'anfiteatro di Bleso.
Il primo intervento, oltre ad aver permesso una verifica e una integrazione delle ricerche svolte già precedentemente ai fini soprattutto della ricostruzione del monumento, potrà offrire nuovi elementi per una ulteriore definizione cronologica delle fasi costruttive e soprattutto per una migliore comprensione delle vicende del santuario, sulle cui modalità di abbandono e di eventuali riutilizzi in epoca tardo-antica e alto-medievale si hanno scarsissimi indizi. Per quanto concerne il primo aspetto, in attesa di nuovi dati, va comunque segnalata l'ipotesi che concentra tra l’89 e l’82 a.C. la maggior parte dell'intervento costruttivo, in base all'analisi della documentazione epigrafica disponibile. Il termine cronologico più alto è desunto dalle due iscrizioni identiche poste nelle balaustre dei lucernari che illuminavano la via teda che passava all'interno della sostruzione del santuario (CIL, XIV, 3667, 3668). La costruzione della strada coperta, verosimilmente avvenuta quando ormai gran parte della sostruzione doveva essere realizzata, va collocata posteriormente alla Lex Iulia de civitate dell'89 a.C. essendo stata curata da magistrati municipali.
Il terminus ante quem dell'82 a.C. viene invece offerto da un'iscrizione, collegata concordemente al santuario, relativa all'edificazione delle sovrastrutture architettoniche (CIL, XIV, 3664). Di fatti, se il C. Octavius Graechinus, citato tra i quattorviri che curarono tali opere, va identificato con l'omonimo personaggio menzionato tra i luogotenenti di Sertorio tra il 76 e il 72 a.C. (Plut., Sertor., 26, 2), è estremamente improbabile la possibilità di una sua magistratura a T. dopo la vittoria di Silla sui mariani dell'82 e pertanto precedentemente a questa data andrebbero collocati gli interventi costruttivi riportati nell'iscrizione.
Per quanto riguarda il territorio gravitante nell'antichità intorno al centro di Tibur, va innanzitutto ricordata la presenza di due distinte aree: quella più interna, verso l'Abruzzo, segnata dalle valli dell'Amene e del Fiumicino, e da sistemi montuosi che superano i 1.000 m, e la parte pianeggiante rivolta verso Roma.
Nella prima, scarsamente indagata relativamente al periodo compreso tra l'Età del Ferro e l'età arcaica, la presenza umana è testimoniata da una serie di rinvenimenti di superficie concentrati nella zona di fondovalle dell'Amene nei pressi di Castel Madama. Oltre alla componente musteriana, riferibile al Paleolitico Medio, i siti sembrano documentare vicende di occupazioni più tarde fino in età neolitica.
Di particolare interesse è il ripostiglio di oggetti metallici detto di Canterano che documenta, tra la fine del Bronzo Antico e gli inizi del Bronzo Medio, l'inserimento dell'area in una più ampia circolazione dei beni con le comunità vicine, a indizio dell'esistenza di un'economia non solo di sussistenza. I reperti della facies appenninica, rinvenuti sempre in connessione con insediamenti di fondovalle, rivelano la presenza di una zona aperta ai contatti con l'Italia centrale tirrenica, con la Sabina, con l'Abruzzo interno e con l'area adriatica, a conferma di una funzione di collegamento della valle, forse in relazione alle vie della transumanza.
Con il Bronzo Recente, e soprattutto con il Bronzo Finale, si assiste a un notevole cambiamento dell'insediamento che tende a spostarsi nella fascia altimetrica superiore ai 500 m, dove vengono creati dei recinti fortificati con murature a secco, che se da un lato hanno suggerito la possibilità di una loro funzione in relazione allo sfruttamento dei pascoli limitrofi, nello stesso tempo assumono un ruolo di controllo del territorio.
Per quanto riguarda i versanti e la pianura verso Roma va segnalato lo scavo di un importante insediamento preistorico e protostorico presso il casale La Palombara in località Le Caprine. Si tratta di un sito con una notevole successione di livelli culturali che, partendo dalla fase epi- gravettiana, continua ininterrotta fino all'inizio dell'Età del Ferro, quando si nota un progressivo abbandono dovuto allo spostamento dell'abitato sulle vicine alture dove è probabile vada localizzato il centro di Cornuculum, su cui attualmente insiste l'abitato di Montecelio.
Il fenomeno rientra all'interno del processo di formazione dei centri dell'area, cui va aggiunto, per la zona interna, l'abitato che dovette precedere il municipio di Trebula Suffenas, nella valle empolitana. Questa fase tuttavia non sembra coincidere con un rapido concentramento definitivo dell'abitato sparso, che anzi sembrerebbe strutturarsi progressivamente secondo un'organizzazione per pagos, mostrando una certa vitalità almeno fino a tutto il V sec. a.C. A partire dall'epoca alto-repubblicana si assiste invece al formarsi in tutto il territorio di un insediamento sparso caratterizzato dall'impianto di fattorie legate allo sfruttamento agricolo del territorio, in alcune aree sviluppatosi già in età arcaica, che vede il parallelo spopolamento dei centri e villaggi di età protostorico-arcaica. La struttura più caratteristica, almeno a partire dall'età post- annibalica, di quella che possiamo già chiamare villa, è il terrazzamento realizzato in opera poligonale di III o IV maniera nelle zone collinari calcaree, o in opus incertum di tufo nelle aree pianeggianti verso Roma, sul quale venivano elevati edifici costruiti con materiali deperibili, e la cisterna, posta a monte, in calcestruzzo. Successivamente, soprattutto a partire dalla seconda metà-fine II e dagli inizî del I sec. a.C., si assisterà a una progressiva differenziazione di tali insediamenti: quelli in posizione migliore, come sui versanti e nelle aree pianeggianti verso la campagna romana e lungo la Via Valeria, subiranno una trasformazione che porterà la pars urbana ad assumere un ruolo di notevole valenza architettonica e monumentale, a discapito, almeno per le ville a più immediato contatto con il centro di T., della pars rustica·, i restanti, e in particolare quelli delle valli interne, rimarranno legati al vecchio modello della villa che possiamo definire catoniana, senza subire particolari trasformazioni.
Lo sviluppo delle ville dell'area tiburtina, associato strettamente all'utilizzo dell'opera incerta e basato anche sull'ampia disponibilità di materiali edilizi e sull'approvvigionamento idrico offerto dagli acquedotti, vede in numerosi casi, specialmente nell'area limitrofa al centro urbano, lo sviluppo di masse sostruttive spropositate, che comportano un impatto nell'area ove sorgono paragonabile a quello dei santuarî laziali cui vanno certamente ricondotte sia per concezione sia per cronologia.
Strutturalmente viene sviluppato il concetto tradizionale del vecchio basamento della villa rustica al cui interno possono trovare spazio criptoportici, cisterne, rampe, ambienti di servizio o ninfei, e la cui compattezza strutturale è frequentemente ammorbidita all'esterno da archeggiature cieche, spesso in connessione con l'utilizzo di contrafforti, dall'ordine applicato con pilastri o semicolonne, da avancorpi con funzione di belvedere, o da prospetti con ninfei. Gli esempî maggiori sono costituiti dalla villa di Quintilio Varo, che si estende per più di 6 ha, o da quelle c.d. di Bruto, di Cassio, di Manlio Vopisco, dei Pisoni e dei Vibii Varii.
In tale quadro mancano sufficienti dati sulle strutture architettoniche che dovevano sorgere sulle platee sostruttive. Scarsissime sono le tracce di elevati, compromessi oltre che dall'azione del tempo, anche dalla spoliazione e dalle attività agricole, mentre i dati desumibili dalla ricognizione di superficie associati a quelli provenienti dalla tradizione storico-antiquaria non consentono ricostruzioni dettagliate. La ricchezza decorativa di tali ville è comunque desumibile dalla qualità dei materiali di rivestimento, nonché dai rinvenimenti di abbondanti elementi architettonici e di notevoli opere di scultura, intensificatisi notevolmente tra il Sette-Ottocento, che testimoniano l'alto livello culturale, permeato di fermenti politici e religiosi, dei proprietari.
Dopo la loro formazione, le ville non sembrano subire sostanziali trasformazioni nel corso della prima età imperiale, se non ampliamenti, adattamenti e restauri, in molti casi da connettere con l'impulso edilizio dovuto al trasferimento della corte imperiale nella villa di Adriano. L'unico episodio che sembra distaccarsi da tale quadro è la realizzazione, nella c.d. villa di Ventidio Basso, di un nuovo edificio a pianta quadrata, che viene accostato ai precedenti terrazzamenti in modo anomalo, con una diversa assialità, e caratterizzato da un notevole sviluppo in altezza su base relativamente ristretta. Il confronto con il tipo del palazzo sorto nella prima età imperiale appare abbastanza stringente e sembra testimoniare, assieme alla villa di Tiberio a Capri, il trasferimento fuori dell'Urbe di esperienze maturate all'interno delle forme dell'edilizia urbana.
Le vicende di tali strutture in epoca tardoantica sono ancora in gran parte incerte mancando dati sulla loro occupazione. Queste sembrano comunque rientrare all'interno dei processi che caratterizzano le altre ville del territorio tiburtino, in cui tracce di abbandono generalizzate si possono datare a partire dal III sec. d.C., con una notevole accentuazione nei due secoli successivi, che vedono un concomitante arretramento del centro di T. all'interno del perimetro di età repubblicana. Tuttavia, alla luce della disomogeneità dei dati a disposizione che, peraltro, là dove sono disponibili, spesso mostrano orizzonti di occupazione notevolmente più ampi, e anche degli effetti che la diffusione del latifondo può aver avuto sulla distribuzione della popolazione rurale, è verosimile supporre che il collasso del sistema insediativo sparso spesso ricondotto anche agli effetti delle vicende belliche connesse con la lotta per il controllo di Roma svoltesi nel corso della guerra greco-gotica, possa essere stato più contenuto ed essere sostanzialmente perdurato per tutto l'Alto Medioevo fino al X sec. che vede, con il fenomeno dell'incastellamento, il definitivo abbandono delle campagne.
Ai fini della valorizzazione del vasto patrimonio archeologico, storico e culturale, di T. e del suo territorio, nel 1993 è stato presentato dall'Associazione per l'Istituzione del Museo di Tivoli e della Valle dell'Amene un progetto museale da realizzare all'interno del complesso monumentale della Chiesa dell'Annunziata e dell'ex riformatorio Tommaseo, mentre a cura della Soprintendenza Archeologica per il Lazio è stata allestita una esposizione di materiali architettonici e scultorei provenienti dagli scavi nell'area del Santuario di Ercole Vincitore, all'interno di un edificio della cartiera che attualmente ancora insiste su gran parte del complesso.
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