Abstract
Viene esaminata la fattispecie e la disciplina dei titoli di credito rappresentativi di merci, quali titoli idonei a conferire il diritto alla riconsegna, ad attribuire il possesso (mediato) e a consentire il trasferimento della merce in essi menzionata mediante trasferimento del titolo stesso.
1. Fattispecie e disciplina
Per l’art. 1996 c.c., sono rappresentativi di merci i titoli che attribuiscono al possessore: a) il diritto alla consegna delle merci in essi specificate, b) il possesso delle medesime e c) il potere di disporne mediante trasferimento del titolo.
Alcuni titoli di credito nominati presentano queste caratteristiche in punto di disciplina e sono, dunque, senz’altro, titoli rappresentativi di merci. Così è, ad esempio, tra i titoli di trasporto, per la polizza di carico: infatti, il possessore legittimato a norma dell’art. 467 c. nav. ha diritto alla consegna delle merci specificate, il possesso delle medesime e il diritto di disporne mediante disposizione del titolo (art. 463, co. 3, c. nav.). Parimenti è a dirsi, tra i titoli di deposito, per la fede di deposito (artt. 1790 ss. c.c.): la riconsegna è legata alla presentazione del titolo (unito alla nota di pegno) (art. 1793); il possesso delle merci rimane in capo al depositante (arg. ex artt. 1770, 1771 e 1772, ult. co., c.c.) e le merci depositate sono trasferibili mediante trasferimento del titolo (art. 1792 c.c.). Si considerano titoli di credito rappresentativi di merci, inoltre: la nota di pegno (art. 1792 c.c.); l’ordine di consegna proprio (art. 466 c. nav.); la lettera di vettura (art. 1691 c.c.); la lettera di trasporto aereo (art. 961 c. nav.).
Così intesa, la fattispecie dei titoli rappresentativi è, dunque, normativa. Sotto il nomen di titoli rappresentativi si raccoglie cioè una serie di documenti che, se pur emessi in relazione a negozi diversi, con causa di trasporto o di deposito, ricevono tuttavia una disciplina comune con riferimento al diritto di riconsegna, al possesso e alla disposizione delle merci rappresentate. In questo senso, l’art. 1996 c.c. non assume contenuto propriamente precettivo, ma “riassuntivo” (Martorano, F., Titoli di credito. Titoli non dematerializzati, in Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni-Schlesinger, Milano, 2002, 414 ss.; Stagno d’Alcontres, A., Il titolo di credito, Torino, 1999, 136).
Per altro verso, la disciplina codicistica dei titoli rappresentativi di merci sembra rimandare anche a una fattispecie tipologica, cioè a documenti che nella realtà presentano caratteristiche idonee per essere sottoposti alla disciplina, che l’art. 1996 c.c. sintetizza, ma senza riceverla autonomamente. Al proposito, si ritiene che possano essere considerati rappresentativi di merci, ed essere sottoposti all’art. 1996 c.c., solo i titoli che si riferiscono a beni individuati o cose determinate. Ciò in quanto non potrebbe altrimenti giustificarsi l’attribuzione del possesso delle merci al possessore del titolo (Martorano, F., Titoli di credito, cit., 415; Tedeschi, G.U., Titoli di credito, in Dig. comm., XV, Torino, 1998, 413). Nello stesso senso si potrebbe leggere la regola che impone di specificare le merci alla cui consegna il titolo rappresentativo dà diritto.
Non può essere tuttavia escluso il possesso (mediato) di cose determinate solo nel genere. È sicuramente ammesso, infatti, nel nostro ordinamento (e v. art. 85 ss. t.u.f.: per tutti, Lener, R., La «dematerializzazione» dei titoli azionari e il sistema monte titoli, Milano, 1992, 21 ss.), come in altri (cfr. ad es. DepotG tedesco), il deposito accentrato regolare di strumenti finanziari non dematerializzati, i quali, a seguito dell’immissione, risultano individuati solo per specie e quantità. Del tutto analogamente, può concepirsi il deposito nei magazzini generali di merci specificate solo nel genere (olî minerali, derrate di cereali, ecc.: v. in senso conforme Spada, P., Introduzione al diritto dei titoli di credito, II ed., Torino, 1994, 89; Chiomenti, F., Il titolo di credito. Fattispecie e disciplina, Milano, 1977, 217 ss.; ed, espressamente, gli artt. L. 522-24 ss. code comm. francese): deposito al quale può ben seguire l’emissione di una fede di deposito - o di un documento diversamente denominato, come ad es. il cd. “ordine di derrate” (e v. art. 461 c. comm. 1882); o il cd. “tengo in poter mio”, avente a presupposto un deposito alla rinfusa, sul quale è frequente la costituzione di un pegno irregolare; o, in Francia, i résépissés de marchandise - che non perderà perciò natura rappresentativa, né dovrà necessariamente considerarsi titolo atipico (così, invece, Martorano, F., Titoli di credito, cit., 415). Lo stesso è a dirsi, tra i titoli di trasporto, per la polizza di carico, ad es., di certe quantità di petrolio.
Il possesso delle merci depositate o trasportate, infatti, è conseguenza del ricorrere della fattispecie, ma non ne forma parte. Al possessore del titolo (che si assume) rappresentativo delle merci va, dunque, attribuito il possesso (mediato) delle stesse, come effetto di disciplina. E se il possesso investe una certa quantità di beni specificati solo nel genere, lo stesso assume il preciso significato di escludere che di quelle merci possa disporre il detentore. Conclusioni analoghe, infatti, si raggiungono da tempo in materia di deposito cumulativo di titoli, là dove il compossesso mediato (o il predicato di regolarità del deposito) è funzionale a escludere che il depositario consegua la proprietà dei fungibili e, con essa, il potere di disporne.
Analogamente è a dirsi per il potere di disporre delle merci attraverso la disposizione del titolo: questo è l’effetto di disciplina che consegue alla qualificazione del titolo come rappresentativo di merci, ma non può considerarsi il «connotato che caratterizza i documenti in oggetto, conferendo ad essi la natura di titoli rappresentativi di merce» (v. però Pavone La Rosa, A., Polizza di carico, in Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985, 201, ivi a 216).
Sotto il profilo tipologico, dunque, devono reputarsi titoli rappresentativi quelli che possono ricevere la disciplina dell’art. 1996 c.c., non presentando caratteristiche con la stessa incompatibili. In questo senso, più esatto appare indicare un connotato a carattere negativo: cioè, quanto meno, non possono reputarsi titoli rappresentativi di merci quelli che portano pretese a obbligazioni pecuniarie. Nulla esclude, peraltro, che la categoria dei titoli rappresentativi di merci includa titoli atipici, o meglio innominati (come ad es. il “tengo in poter mio”: in questo senso Pellizzi, G., Principî di diritto cartolare, Bologna, 1967, 146; Rescigno, M., Titoli rappresentativi e circolazione delle merci, Milano, 1992, 12 ss.; nonché Spatazza G., Titoli rappresentativi di merci, in Callegari, M.-Cottino, G.-Desana, E.-Spatazza, S., I titoli di credito, in Tratt. Cottino, Padova, 2006, 702 ss.; e, in giurisprudenza, Trib. Napoli, 19.3.1985, in Giur. it., 1987, I, 76).
La collocazione entro questa categoria ad opera degli interpreti dovrà tenere conto, in positivo, di due connotati tipologicamente essenziali: a) il riferimento a cose suscettibili di essere considerate “merci”; b) la destinazione del documento alla circolazione (sia essa, secondo il modello di vertice preferito, ricavabile dalla volontà dell’emittente o dall’apprezzamento sociale), resa evidente dall’impegno a riconsegnare le merci a qualunque possessore legittimato del titolo, o, almeno, dall’assenza di espresse clausole di non negoziabilità (oggi, peraltro, molto frequenti: e v. Tribunal supremo de justicia - Spagna, 17.2.1997, in Dir. maritt., 1999, 950, con nota di Berlingieri, F., Polizza di carico non negoziabile e riconsegna della merce senza restituzione del documento). La funzione economica sottesa all’emissione di un titolo rappresentativo di merci di tipo nuovo sarà, presumibilmente, ma non necessariamente, la mobilizzazione di una ricchezza presente ma fisicamente distante (Spada, P., Introduzione, cit., 89; Martorano, F., Titoli di credito, cit., 416).
In questo senso, nell’ambito dei titoli emessi in occasione di contratti aventi funzione di deposito, non potrebbero attrarre la disciplina dei titoli rappresentativi quelli che non si riferiscono a merci (ad es. i libretti di deposito a risparmio) e quelli la cui circolazione è esclusa dall’emittente o dalla legge (ad es. le contromarche del guardaroba, che devono considerarsi documenti di sola legittimazione: e v. Spada, P., Introduzione, cit., 78).
È da dubitarsi, d’altronde, che siano titoli rappresentativi ai sensi dell’art. 1996 c.c. quelli che, per non avere consistenza materiale, sono insuscettibili di possesso immediato.
2. Declino e computerizzazione dei titoli rappresentativi
Ormai da tempo l’impiego dei titoli rappresentativi di merci registra un declino. Le ragioni di questo fenomeno (che, com’è stato precisato, costituisce razionalizzazione nell’impiego dei titoli) sono state ravvisate nell’accresciuta velocità dei trasporti, che rende meno urgente la necessità di disporre delle merci in transito, e nella sempre più frequente coincidenza tra destinatario e caricatore. Per i titoli di deposito, si tratterebbe invece di un fenomeno soprattutto italiano, conseguente all’allontanamento dei nostri porti dalle rotte commerciali internazionali (Rescigno, M., Titoli rappresentativi, cit., 9 ss.).
Per altro verso, i documenti di trasporto e di deposito sono vieppiù computerizzati (Costa, C., Il credito documentario nell’era dei computers e della «smaterializzazione» dei titoli rappresentativi delle merci nel commercio internazionale, in Banca borsa, 1989, I, 601). La computerizzazione non pone problemi in termini di disciplina applicabile soprattutto quando delle merci non deve realizzarsi il trasferimento. Non può invece farsi a meno dell’emissione del titolo rappresentativo nei casi in cui è necessario trasferire le merci in viaggio (Rescigno, M., Titoli rappresentativi, cit., 14): ciò che, a quanto pare, è ancora rilevante per il trasporto del petrolio (Costa, C., Il credito documentario, cit., 606 ss.).
I più recenti studi sulle polizze di carico elettroniche attestano che, diversamente da quanto accade per i titoli azionari e obbligazionari, la computerizzazione non determina un fenomeno di “dematerializzazione” del titolo rappresentativo di merci, né in senso forte (i.e. il titolo non viene creato, ma sono previste regole analoghe a quelle cartolari soprattutto per la circolazione dei diritti), né debole (i.e. il titolo non viene soppresso, ma immobilizzato, in modo da poter richiamare in certa misura la disciplina cartolare degli acquisti). I titoli elettronici possono bensì attribuire il possesso mediato delle merci (effetto per il quale l’esistenza del documento è inessenziale: e v. la disciplina del credito documentario) e consentire la liberazione del debitore in termini analoghi a quelli cartolari (art. 1992, co. 2, c.c.). Gli stessi, tuttavia, non rispondono ai requisiti formali propri dei titoli cartacei (tra cui la firma: v. Salamone, L., Polizze di carico elettroniche, in Banca borsa, 2003, I, 559), né sono altrimenti idonei ad attrarre la disciplina (tipicamente mobiliare e cartolare) di soluzione del conflitto attributivo tra più aventi causa dal medesimo autore o dell’acquisto a non domino (Salamone, L., Polizze di carico elettroniche, cit., 601). Con la conseguenza che ai titoli computerizzati negoziabili si applica esclusivamente la disciplina generale: quella della cessione ordinaria, in relazione alla circolazione; quella contrattuale, in relazione alle eccezioni opponibili.
3. Circolazione dei titoli rappresentativi e circolazione delle merci
L’aspetto più peculiare della disciplina dei titoli rappresentativi di merci è quello di consentire, con una sorta di metonimia, la circolazione delle merci, attraverso quella dei titoli. Ciò tuttavia non esclude che le merci rappresentate possano (abusivamente) circolare come tali, e cioè come beni mobili. Si può porre perciò un conflitto tra possessore di buona fede delle merci e possessore del titolo rappresentativo. Conflitto che non è direttamente risolto dall’art. 1996 c.c. o da altre disposizioni della legge italiana.
Al riguardo, viceversa, chiaramente stabilisce l’art. 925, co. 2, ZGB svizzero che «in confronto di chi ha ricevuto il titolo in buona fede, prevale il diritto di chi in buona fede ha ricevuto la merce stessa». Ad analoga soluzione, peraltro, giunge la dottrina italiana, precisando che l’efficacia rappresentativa del titolo (e quindi il possesso mediato) viene meno non già nel caso in cui il vettore o il depositario abbiano perduto la disponibilità materiale della merce, ma quando il terzo possessore della stessa abbia maturato la fattispecie acquisitiva a suo vantaggio (Rescigno M., Titoli rappresentativi, cit., 53 ss.). In questo caso, la delusione del possessore del titolo rappresentativo potrà essere compensata solo dal risarcimento del danno ingiusto ad opera del responsabile della perdita della titolarità delle merci. Il titolo, cioè, non potrà più considerarsi idoneo a fondare incondizionatamente la pretesa documentata, ma solo un affidamento legittimo.
4. Cenni sulla causalità dei titoli rappresentativi
Più in generale, il rilievo che precede induce a fornire qualche cenno sulla causalità dei titoli rappresentativi, tema controverso e oggetto di numerosi approfondimenti. Ogni negozio giuridico nel nostro ordinamento dev’essere sorretto da una causa, cioè da una funzione giuridica (Pavone La Rosa, A., Studi sulla polizza di carico, Milano, 1958, 255 ss.): e così anche i negozi atipici, i quali ricevono protezione dall’ordinamento quando esprimono una funzione giuridica meritevole di tutela.
I titoli di credito, tuttavia, sono detti causali in un duplice senso: quando il diritto che incorporano discende da un negozio con causa definita (causalità astratta), ad esempio un contratto di trasporto; quando la pretesa corrisponde ad una determinata “ragione” che giustifica l’attribuzione patrimoniale (causalità materiale), ad esempio un trasporto gratuito od oneroso (Pavone La Rosa, A., Polizza di carico, cit., 222 ss.). Ci si è chiesto se i titoli rappresentativi, essendo legati a negozi tipici, di deposito o di trasporto, comportanti obblighi di restituzione di merci (determinate), debbano reputarsi causali solo nel primo senso o anche nel secondo. In quest’ultimo caso, l’esigibilità della pretesa portata dal titolo sarebbe connessa alla validità e all’esistenza della causa di attribuzione che deve sorreggere il negozio fondamentale; e ne sarebbe dunque condizionato il regime delle eccezioni (cd. eccezioni ex recepto).
Si è anche parlato al proposito di titoli non costitutivi (Spada, P., Introduzione, cit., 59 ss.); titoli cioè che non sono in grado di assicurare il soddisfacimento incondizionato della pretesa (o l’attribuzione patrimoniale) se non allorché la stessa corrisponda alla fonte che la genera.
Il dubbio più forte si pone in relazione alla polizza di carico, visto che per l’art. 462 c. nav. il vettore ha facoltà di inserire nella polizza proprie riserve, quando non può verificare la natura, la qualità e quantità delle merci caricate. Il dilemma su come conciliare la rilevabilità delle riserve con il regime di cui all’art. 1993 c.c. ha lungamente diviso la dottrina (e v. per l’evoluzione delle convenzioni internazionali al riguardo, Spatazza, G., Titoli rappresentativi di merci, cit., 717 ss.).
Per quanto il tema sia ancora altamente controverso (non solo per i titoli rappresentativi, ma soprattutto per i titoli azionari), l’opinione maggioritaria è nel senso che la causalità dei titoli rappresentativi di merci sia da intendersi in senso solo formale, cioè come espressiva del richiamo al tipo negoziale che sorregge l’emissione (Pavone La Rosa, A., voce Polizza di carico, cit., 222 ss.; Martorano, F., Titoli di credito, cit., 423 ss.; Spatazza, G., Titoli rappresentativi di merci, cit., 713; Stagno d’Alcontres, A., Il titolo di credito, cit., 137). Il riferimento a fatti extracartolari richiamati nel titolo condiziona bensì la pretesa, ma sul presupposto che gli stessi appartengano alla situazione giuridica circolante per essere identificati nel testo del documento. È stato infatti dimostrato che anche alla polizza di carico, e in generale ai titoli rappresentativi di merci, va applicato l’art. 1993 c.c. (Pavone La Rosa, A., Polizza di carico, cit., 223). Al terzo possessore sono quindi inopponibili le eccezioni ex recepto (Libertini, M., Profili tipologici e profili normativi nei titoli di credito, ed. provv., Milano, 1971, 118 ss.), e la prestazione può risultare inadempiuta o inesattamente adempiuta fermo il risarcimento solo quando, trattandosi di cose determinate, la stessa risulta oggettivamente impossibile (Martorano, F., Titoli di credito, cit., 434 ss. e, in giurisprudenza, Cass., 18.7.1986, n. 4632, in Dir. maritt., 1987, 879, che appunto riconosce il diritto al risarcimento del danno conseguente).
Fonti normative
artt. 1996 c.c.
Bibliografia essenziale
Arena, A., Sull’astrattezza dei titoli rappresentativi, in Riv. dir. nav., 1943-1948, 113; Asquini, A., Titoli di credito, Padova, 1966; Chiomenti, F., Il titolo di credito. Fattispecie e disciplina, Milano, 1977; Costa, C., Il credito documentario nell’era dei computers e della «smaterializzazione» dei titoli rappresentativi delle merci nel commercio internazionale, in Banca borsa, 1989, I, 601; Ferri, G. sr., I titoli di credito, II ed., in Tratt. Vassalli, Torino, 1965; Fiorentino, A., Dei titoli di credito, II ed., in Comm. Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1974; Lener, R., La «dematerializzazione» dei titoli azionari e il sistema monte titoli, Milano, 1992; Libertini, M., Profili tipologici e profili normativi nei titoli di credito, ed. provv., Milano, 1971; Libonati, B., Titoli di credito e strumenti finanziari, Milano, 1999; Martorano, F., Titoli di credito. Titoli non dematerializzati, in Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni-Schlesinger, Milano, 2002; Martorano, F., Titoli di credito e Titoli rappresentativi della merce, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 628; Pavone La Rosa, A., Studi sulla polizza di carico, Milano, 1958; Pavone La Rosa, A., Polizza di carico, in Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985, 201; Pellizzi, G., Principî di diritto cartolare, Bologna, 1967; Rescigno, M., Titoli rappresentativi e circolazione delle merci, Milano, 1992; Rescigno, M., Fede di deposito, in Dig. comm., VI, Torino, 1991, 30; Romanelli, G.-Zunarelli, S., Titoli rappresentativi di merci (titoli di trasporto), in Encicl. giur. Treccani, XXXI, Roma, 1994; Salamone, L., Polizze di carico elettroniche, in Dir. trasp., 2003, 393; e in Banca borsa, 2003, I, 559; Seidita, G., Smaterializzazione dei titoli rappresentativi di merci e firma digitale, in Dir. trasp., 2003, 109; Spada, P., Introduzione al diritto dei titoli di credito, II ed., Torino, 1994; Spatazza G., Titoli rappresentativi di merci, in Callegari, M.-Cottino, G.-Desana, E.-Spatazza, S., I titoli di credito, in Tratt. Cottino, Padova, 2006; Stagno d’Alcontres, A., Il titolo di credito, Torino, 1999; Tedeschi, G.U., voce Titoli di credito, in Dig. comm., XV, Torino, 1998, 413.