STROZZI, Tito Vespasiano
Discendente da quel ramo dell'illustre famiglia fiorentina che si trasferì al principio del Quattrocento da Firenze a Ferrara, Tito Vespasiano nacque ivi nel 1424, e percorse rapidamente la carriera degli onori alla corte di tre principi successivi (Borso, Ercole, Alfonso I), raggiungendo la suprema magistratura civile, come giudice dei XII Savî, nel 1497. In tale carica era ancora il 30 agosto 1505, quando morì più che ottantenne. Le necessità fiscali, per provvedere ai bisogni di un erario esausto, lo avevano obbligato a gravare la mano sul popolo; sicché fu oggetto di vivissime ostilità, e morendo lasciava al figlio Ercole (v.) un'eredità tutt'altro che facile.
Sebbene egli abbia per così lungo tempo tenuto un luogo eminente a corte, la fama che ancora oggi circonda il suo nome è dovuta alle sue qualità di poeta, non a quelle di cortigiano e governatore. Lo Str., cresciuto nel clima umanistico suscitato alla corte estense dagli sforzi concordi di un grande erudito e di un principe geniale, Guarino da Verona e Leonello d'Este, si dedicò subito alla poesia latina, nella quale trattò l'egloga, l'elegia, l'epigramma, il carme encomiastico, il sermone, perfino il poema epico: ci resta infatti il frammento di una sua Borsiade, che avrebbe dovuto celebrare le glorie di Borso. Ma nell'imboccare la tromba epica lo Str. si mostrava impacciato e pesante; sono invece squisite di eleganza le elegie, nelle quali molto spesso rivela un sentimento profondo, sia che si lamenti dei dolori cagionatigli dalle infedeltà di Anzia, sia che pianga con delicatissimi accenti la morte di Filliroe, sia che vagheggi nella culla il primo risvegliarsi alla vita dell'erede. Assai prossima al vero dunque la definizione del Carducci: "il più bel verseggiatore del rinnovato latino" prima del Poliziano e del Pontano.
Bibl.: A. Della Guardia, T. V. Str., Modena 1916.