DIANI, Tito
Tipografo a Roma, nacque probabilmente intorno alla metà del sec. XVI. Fu attivo assieme al fratello Paolo, dal 1583 al 1591. I due fratelli operarono sia in proprio, sia associati tra loro, sia associati ad altri. Si ricavano tracce della biografia di entrambi soltanto dalla loro produzione, dal momento che, finora, non risultano documenti d'archivio o altre fonti da cui trarre notizie sulla loro vita.
Il D. iniziò l'attività tipografica nel 1583, insieme con Bartolomeo Bonfadino. Tra il 1583 e il 1585, anno in cui si interruppe il loro sodalizio, essi stamparono una quindicina di edizioni, tra cui alcune di rilievo come il Trattato della natura de' cibi et del bere di Baldassarre Pisanelli (1583); i Denavigatione Christophori Columbi libri quatuor di Lorenzo Gambara, che il D. e il Bonfadino stamparono una prima volta nel 1583 e di nuovo nel 1585 e, infine, l'Herbario nuovo di Castore Durante (1585), che fu, senz'altro, la loro più importante e bella edizione, nonché la prima di quest'opera.
Di essa esistono due emissioni, una sottoscritta dal D. e dal Bonfadino con frontespizio decorato da una cornice silografica nel cui margine inferiore si trova lo stemma del cardinale Girolamo Rusticucci, dedicatario dell'opera, e una seconda sul cui frontespizio compaiono i nomi di Giacomo Bericchia e Giacomo Tornieri, librai e tipografi romani, e nel colophon i nomi del D. e dell'opera Bonfadino.
Costoro si associarono di nuovo negli anni 1584-85 al Bericchia e al Tornieri per la stampa delle opere di Martin de Azpilcueta e dell'opera di Giuseppe De Rossi, Discorsi sopra gli anni climaterici del 1585. In quell'anno stamparono anche per la Compagnia dei librai, società che era stata costituita nel 1573 da Domenico Basa e da altri sei librai. Dai due venne usata la marca rappresentante l'emblema dell'istrice, che rimase poi la marca del Bonfadino. Il D. e il Bonfadino avevano l'officina in via del Pellegrino, dove si trovavano la maggior parte delle aziende tipografiche e librarie nella seconda metà del '500. Qui continuò l'attività il solo Bonfadino, mentre il D. nel 1586 iniziò a lavorare con il fratello minore Paolo, spostandosi con lui in via de' Giubbonari.
L'attività dei fratelli Diani, iniziata nel 1586, si concluse nel 1590 con l'edizione dell'opera dell'agostiniano Angelo Rocca Bibliothecae theologicae et scripturalis epitome, la cui stampa, però, fu portata a termine nel 1594 da Domenico Basa. I Diani stamparono oltre quaranta edizioni in cinque anni, i più proficui dei quali furono il 1587 e il 1589. Fin dall'inizio lavorarono spesso associati ad altri. Nel 1586 stamparono con Bartolomeo Grassi gli Epigrammata in obeliscum di Guillaume Blanc e con Angelo Ruffinelli l'opera di Rodrigo de Fonseca De calculorum remediis. Nel 1587 si associarono a Nicola Piccoletti, a Bernardino Donangeli, a Giovanni Martinelli. Ancora nel 1588 il loro nome è legato a quello del libraio Girolamo Franzini per la stampa delle Rime di Muzio Pansa. Da soli sottoscrissero alcune edizioni molto pregevoli, tra cui, nel 1586, l'opera di Domingo Bañez, Defide, spe et charitate, già stampata a Salamanca nel 1584; Delle ordinanze et battaglie di Cesare d'Evoli nello stesso anno; ancora nel 1586 i Maravigliosi secreti di medicina e chirurgia di Giovanni Battista Zapata e nel 1589 il Trattato in materia della gravezza dello scandalo di Luis de Granada, bella edizione con il frontespizio decorato da una ricca cornice e fregi e iniziali silografici.
Nel 1587 il D. lasciò Roma e andò a Orvieto dove prese il posto di Baldo Salviani nella guida della tipografia locale. Egli, infatti, accettò di dirigere la stamperia fino a che non fossero concluse le pratiche per trovare uno stabile successore a Rosato Tintinassi. In un primo tempo ebbe la collaborazione del fratello Paolo; insieme, infatti, sottoscrissero quella che fu la loro più bella edizione orvietana, l'Offitiodella gloriosa Vergine Maria. Ilfrontespizio e il testo in latino sono a caratteri gotici rossi e neri alternati e graziose silografie illustrano le varie preghiere per i mesi dell'anno. Paolo lasciò subito Orvieto; il D., invece, rimase. Il 1º ag. 1587 ottenne dal Comune il permesso di esercitare la sua arte, ma alla fine dello stesso anno fece ritorno a Roma, lasciando il suo posto ad Antonio Colaldi. Nel 1587 il nome del D. si trova, comunque, associato a quello del fratello nella produzione romana: non sciolse, quindi, la sua società con Paolo. Le sue edizioni orvietane si distinsero per l'accuratezza della stampa e per l'eleganza delle legature. Oltre all'Offitio, se ne conoscono altre due: le Decisiones causarum Rotae Florentinae di Girolamo Magoni e i Capitolistabiliti tra la R. Camera Apostol. et le Comunità d'Orvieto, Ficulle ecc.
La marca usata dai Diani era composita, divisa in quattro riquadri, contenenti rispettivamente: s. Giorgio, l'aquila, la colomba, l'ancora col delfino. Potrebbe trattarsi dell'emblema di una società di tipografi. L'aquila che vola verso il sole era, infatti, la marca di Vincenzo Accolti a Roma; l'ancora col delfino riporta ai Manuzio e, più precisamente, ad Aldo il Giovane, e anche s. Giorgio e la colomba si potrebbero ricollegare ad altri tipografi. Capitò loro di usare anche altre marche, come nell'edizione di Le cose maravigliose dell'alma città di Roma, che comprendeva anche L'antichità di Roma di Andrea Palladio (1587), in cui utilizzarono una marca usata in quegli anni a Venezia da Gaspare Bindoni e Angelo Patessi e poi nel 1600 dal Bonfadino.
Nel 1589 Paolo, quando la società con il fratello era ancora in piena attività, iniziò a stampare da solo e in tre anni sottoscrisse circa venti edizioni. Nel 1589 aveva ancora l'officina in via de' Giubbonari; nel 1590, invece, si spostò "a S. Marcello". Egli stampò soprattutto materiale d'occasione: avvisi, orazioni e rime, genere che aveva già caratterizzato, in parte, la produzione dei due fratelli. Ma dai torchi del D. e di Paolo uscirono anche numerose e pregevoli opere di autori contemporanei. I temi da loro scelti furono, quindi, soprattutto di interesse attuale e locale. A una produzione minore si affiancarono importanti edizioni: infatti, come per molti tipografi del tempo, la prima serviva spesso a far fronte alle spese e al minor guadagno ottenuto dalle altre pubblicazioni.
Dopo il 1591 non si hanno più notizie né del D. né del fratello Paolo.
Fonti e Bibl.: D. Tordi, La stampa in Orvieto nei secc. XVI e XVII, in Boll. della R. Deput. di storia patria per l'Umbria, VI (1900), p. 217; VII (1901), pp. 257 s.; F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina italiana, Firenze 1953, pp. 74, 156; Id., La cinquecentine romane. Censimento delle edizioni romane del XVI secolo possedute dalle biblioteche di Roma, Milano 1972, ad Indicem; L. Tammaro Conti, Annali tipografici di Orvieto, Perugia 1977, pp. XIII, 8 s.; G. Borsa, Clavis typographorum librariorumque Italiae 1465-1600, Aureliae Aquensis 1980, p. 126; G. L. Masetti Zannini, Stampatori e librai a Roma nella seconda metà del Cinquecento. Documenti inediti, Roma 1980, pp. 167 s., 181 s.; E. Vaccaro, Le marche dei tipografi ed editori italiani del secolo XVI nella Biblioteca Angelica di Roma, Firenze 1983, pp. 178 s., 184 s.; F. Barberi, Librai a Roma nel Cinquecento, in Accademie e biblioteche d'Italia, LIV (1986), 3, p. 17; M. E. Cosenza, Biographical and bibliographical dictionary of the Italian printers. Boston 1968, p. 210.