OMBONI, Tito Antonio
OMBONI, Tito Antonio. – Nacque il 19 agosto 1811 a Pontirolo Vecchio, oggi Canonica di Gera d’Adda, da Giuseppe e da Cattarina Cassinelli, possidenti originari di Palazzolo sull’Oglio.
Figlio unico, rimasto presto orfano di padre, compì gli studi secondari a Brescia sotto Cesare Arici e Alberto Gabba e seguì poi i corsi di medicina a Pavia, Padova e infine a Vienna, approfondendo le sue conoscenze anche nella botanica e nella zoologia.
Dopo essersi laureato, venuto in sospetto alla polizia austriaca per i suoi sentimenti politici, tornò a Palazzolo, da cui ripartì quasi subito alla volta della Svizzera, della Francia, dell’Inghilterra e della penisola iberica. Raggiunse il Portogallo durante la guerra di successione al trono tra Maria da Gloria, figlia di don Pedro re del Brasile e del Portogallo, e suo zio don Miguel. Omboni si schierò tra i partigiani di Maria e strinse amicizia con Domingo de Saldanha, fratello del ministro della regina. Designato nel 1834 governatore generale dell’Angola, questi lo portò con sé come medico, permettendogli di soddisfare il suo vivo «desiderio di vedere il mondo e conoscere il vario costume delle genti» (Introduzione a Viaggi nell’Africa occidentale, 1845). Partì pertanto da Lisbona sulla fregata Principe Reale, assieme al nuovo governatore, il 25 settembre 1834.
Dopo due settimane di sosta a Funchal, nell’isola di Madera (6-20 ottobre), la fregata ripartì alla volta delle isole di Capo Verde (12-19 novembre), dove Omboni visitò Villa da Praia, nell’isola di Santiago, e l’isola di Brava, dove raccolse notizie sulla flora locale. Proseguendo verso l’Angola, passato l’Equatore il 14 dicembre, l’equipaggio arrivò il 2 febbraio 1835 a S. Filippo di Benguela. Dopo dieci giorni di esplorazioni, ne ripartì per Loanda, dove rimase dieci mesi (febbraio-dicembre), due dei quali impiegati da Omboni a esplorare i distretti dell’interno e raccogliere, affrontando fatiche e disagi, una notevole quantità di informazioni. Al suo rientro a Loanda fu colpito da febbri violente (probabilmente una perniciosa). Riuscì a salvarsi grazie al chinino ma gli rimase una febbre terzana intermittente cui non giovò neppure il suo «tentar la salute in mare» (ibid.) su un brigantino diretto a Macao, via Mozambico e Goa. Deciso ad allontanarsi definitivamente dall’ambiente malsano di Loanda, dove aveva fatto ritorno all’inizio di luglio 1836, e di tornare in patria, il 1° agosto si imbarcò su un bastimento mercantile che, toccata la foce del Congo e del Gabon, l’isola del Principe e quella S. Thomé, Accra e Cumassi (Kumasi), proseguì per l’Europa, giungendo a Marsiglia probabilmente nel febbraio 1837.
Rientrato in Italia, Omboni si dedicò a diffondere il resoconto della sua spedizione e le osservazioni scientifiche che ne aveva ricavato. Nel 1844 partecipò al Congresso degli scienziati italiani riunito a Milano; l’anno dopo a quello di Napoli. A Milano presentò alcune originali osservazioni sul paese di Cama (Africa occidentale) e, nella sezione di botanica, alcuni frutti di piante tropicali; a Napoli comunicò le sue osservazioni sulla situazione astronomica di alcuni punti della costa occidentale africana, oltre che alcune notizie sul fiume Gabon. Solo nel 1845 però riuscì a completare e a pubblicare a Milano, per i tipi dello stabilimento Civelli, il resoconto definitivo della sua impresa con il titolo Viaggi nell’Africa occidentale.
L’opera è il frutto di osservazioni dirette e di informazioni tratte da fonti portoghesi, italiane, francesi e inglesi, peraltro raramente citate. Qualche notizia di natura statistica venne a Omboni da Adriano Balbi, col quale era in relazione. Il libro si articola in 26 capitoli: i primi sei trattano delle vicende del viaggio di andata; segue la descrizione dell’Angola e soprattutto dei distretti situati alle spalle di Loanda. Gli ultimi tre capitoli di questa parte si diffondono sulle malattie diffuse in quei territori, dei medicamenti più appropriati e delle norme igieniche da adottare. Con il capitolo 17 ha inizio il resoconto del viaggio di ritorno e tutto quello successivo è dedicato alle vicende dell’esplorazione del Gabon e della zona circostante, mentre i capitoli dal 19 al 26 trattano ampiamente della geografia e della storia delle Isole del Principe, di S. Thomé e Fernando Poo, del Dahomey e della Costa d’Oro. L’ultimo capitolo si conclude con la descrizione di Gibilterra. Seguono, come appendici, alcune Note storiche ed aggiunte statistico-geografiche.
Sia il resoconto sia le appendici offrono copiose notizie sull’assetto istituzionale e l’organizzazione economica delle colonie portoghesi dell’Africa occidentale visitate. Per quanto riguarda le attività agricole, artigianali e commerciali, Omboni seppe cogliere la consistenza di due sistemi economici differenziati in base alla destinazione dei prodotti: il primo, di sussistenza, basato su una produzione artigianale e agricola per l’autoconsumo, inserito in un circuito commerciale circoscritto alle coste africane e caratterizzato dalla presenza di piccole botteghe e dall’utilizzo del baratto. L’altro, incentrato sull’esportazione di alcuni prodotti agricoli e su un artigianato di elevata qualità, come il commercio del ‘madera secco’, e quello del caffè, cacao e canna da zucchero delle isole del Principe e di S. Thomé. Quando affronta le modalità di conduzione del sistema agricolo, Omboni individua le cause della limitata produttività nell’arretratezza tecnologica e nella cattiva gestione della proprietà terriera, ripartita tra terre di proprietà regia soggette a requisizione dei prodotti, e concentrazioni latifondistiche basate sul lavoro schiavistico. Proponeva una diversa e più accorta gestione delle risorse, sul modello di quella inglese, basata sulla distribuzione dei terreni incolti, il loro utilizzo a seconda della qualità e l’introduzione di moderni sistemi tecnologici. Come ulteriore causa di impoverimento della colonia è indicata infine la sistematica depredazione delle risorse perpetrata dai funzionari coloniali in assenza di un adeguato controllo da parte della corona portoghese.
Per quanto riguarda le forme di organizzazione politica, Omboni segnala una varietà di sistemi che pone in relazione al grado di civiltà di ciascuna nazione: i regimi dispotici; i principati, definiti corrispettivi nelle tribù a dimora fissa dell’organizzazione sociale patriarcale delle tribù nomadi; i sistemi parafeudali incentrati sull’ereditarietà delle magistrature; le forme repubblicane e infine i sistemi di reggenza elettiva a termine.
Omboni affronta anche il problema della tratta degli schiavi, un fenomeno ancora consistente al tempo della sua permanenza in Angola, che egli spiegava, da una parte, in base alle strutture politiche dell’Africa occidentale e meridionale, dall’altra con il persistere della schiavitù nell’America meridionale e negli Stati Uniti ed il riconoscimento governativo della proprietà dei compratori.
Nel marzo 1848 Omboni prese parte, tra i volontari lombardi dell’esercito piemontese, alle Cinque giornate di Milano e successivamente alla prima guerra d’indipendenza come capitano di campo di Luciano Manara. Trasferitosi in Piemonte, dove conobbe e frequentò Cristoforo Negri, Cesare Correnti e Giuseppe La Farina, intorno alla metà degli anni Cinquanta collaborò alla Rivista contemporanea e alla Rivista enciclopedica italiana e nel 1856 fu tra i fondatori della Enciclopedia economico-agricola-veterinaria diretta da Alessandro Volpi.
Dopo aver tenuto per breve tempo l’incarico di vicedirettore del Dazio di consumo di Torino, nel 1859 andò a insegnare geografia fisica e militare all’Istituto tecnico Leardi di Casale Monferrato. Dopo la liberazione di Milano con la seconda guerra d’indipendenza, alla quale aveva preso parte col grado di capitano di cavalleria, lasciò anche questa posizione, ottenendo un incarico nell’autorità di Pubblica Sicurezza. Come delegato fu prima a Treviglio, poi a Bagnolo bresciano e a Brescia e quindi, come ispettore, a Bergamo, Brescia, Como, Pesaro (dove fu temporaneamente sospeso per avere appoggiato i repubblicani durante una manifestazione politica) e Bologna.
Dopo essersi separato dalla moglie, Virginia Dapino, sposata nel 1843, passò a Venezia come ispettore di mandamento e da qui a Treviso e di nuovo a Milano, dove morì il 13 febbraio 1900.
Opere: La redazione de I viaggi nell’Africa occidentale fu preceduta da alcuni resoconti parziali apparsi sia nei Commentari dell’Ateneo di Brescia (1837, pp. 255-275), sia in Il Politecnico (Note di un viaggio fatto nelle colonie portoghesi d’Africa e d’Asia, VI [1843], pp. 100-120, 430-443). Altri suoi scritti sono: Note di viaggi, in Rivista enciclopedica italiana, I (1855), 2, pp. 403-421; Avvenimenti militari e politici di quest’ultimo mezzo secolo del Portogallo, ibid., 3, pp. 215-250; 4, pp. 235-242, 367-395; Il Giappone e la spedizione americana, in Rivista contemporanea, VI (1858), 13, pp. 69-88; L’isola di Teneriffe e il suo picco, in L’esploratore, V (1881).
Fonti e Bibl.: Un ‘libriccino di memorie’ scritto da Virginia Dapino entro il 1915 è descritto dalla pronipote cui rimase in eredità: B. Rizzi, Contributo alla biografia di T. O. dalle memorie della vedova, in Rassegna storica del Risorgimento, XXVI (1939), pp. 616-620. Nella Biblioteca comunale di Trento (ms. n. 1999) si conserva una lettera inviata da Omboni il 18 febbraio 1856 ad Alessandro Volpi, relativa al progetto dell’Enciclo-pedia economico-agricola-veterinaria. Un Necrologio a firma L. Corio, in L’esplorazione commerciale, XV (1900), pp. 49-51. Si vedano inoltre: Atti della sesta riunione degli scienziati italiani... 1844, Milano 1845, pp. 592 s.; Atti della settimana adunanza degli scienziati italiani...1845, Napoli 1846, pp. 624 s., 664 s.; L. Corio, T. O., in L’esplorazione commerciale e l’esploratore, IV (1889), pp. 192-197; R. Almagià, Pionieri italiani in Africa e in Asia, in Rivista coloniale, XXI (1926), pp. 360-367; A. Mori, Il contributo degli Italiani alla conoscenza dell’Angola, in Bollettino della Società geografica italiana, s. 8, II (1949), pp. 194-200; G. Dainelli, L’esplorazione dell’Afri-ca, Torino 1950, pp. 160-162; C. Cattaneo, Epistolario, a cura di R. Caddeo, Firenze 1949, pp. 110 s.; Tutte le opere di C. Cattaneo, a cura di L. Ambrosoli, V, 2, Milano 1974, pp. 1598, 1786, 1895.