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TIRO

di Arnaldo MOMIGLIANO - Angelo PERNICE - * - Enciclopedia Italiana (1937)
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TIRO (arabo Ṣūr)

Arnaldo MOMIGLIANO
Angelo PERNICE
*

Antichissima città della Fenicia, oggi ridotta a un piccolo centro marittimo di 5-6 mila abitanti nella Repubblica Libanese. Sorge su una penisoletta, originariamente un'isola, e vive di un insignificante commercio di cotone e tabacco. È famosa per la sua storia antica, come emporio marittimo di primaria importanza in tutto il Mediterraneo.

Le prime notizie di Tiro ci sono date dalle lettere di Tell el-‛Amārnah (sec. XIV a. C.) e in papiri egiziani del sec. XIII, che menzionano sotto il nome di Usu un centro in terraferma di fronte al quale, sull'isola, doveva sorgere la parte fortificata della città. La fondazione di essa, quale colonia della fenicia Sidone, sarà quindi da porre tra il sec. XV e il XIV a. C.; e la sua egemonia sulle altre città della costa non tardò, sin dal sec. XI, a soppiantare quella della madrepatria, perdurando sino al sec. IX. Nel sec. X il re Ḥiram di Tiro fornisce materiali e artigiani a Salomone per la costruzione del tempio di Gerusalemme. La dinastia dei re suoi successori, fondata da Ittoba‛al contemporaneo di Acab (887-855 a. C.), termina con quel Pigmalione (820-774) sotto il quale (814?) secondo la tradizione, coloni tirî avrebbero fondato Cartagine. Questa, come già prima era stato di Utica, fu da principio soltanto una di tutta una serie di colonie commerciali che la fiorente attività di Tiro andava scaglionando nel Mediterraneo (v. colonizzazione; fenici).

La posizione geografica e la ricchezza dei traffici di Tiro la esposero ben presto alle cupidigie dei re assiri e babilonesi. L'assiro Salmanassar IV attaccò invano la città per mare, e la bloccò per cinque anni, sino alla sua morte, dalla parte di terra, a cui Tiro era congiunta grazie a una gettata, rimontante forse ai tempi dello stesso re Ḥiram. Nel 664 il re Assurbanipal se ne rese per breve tempo padrone. Ma essa dovette recuperare la sua libertà, se nel 585-573 era di nuovo assediata e conquistata definitivamente da Nabucodonosor II di Babilonia. Dal dominio babilonese, essa passò poi sotto l'impero persiano, e vi rimase fino al 332, salvo un breve periodo (prima metà del sec. IV) in cui fu occupata dal re Evagora di Cipro.

Conquistata da Alessandro Magno nel 332 dopo un assedio di sette mesi, e distrutta parzialmente, fu poi ripopolata per cura del Macedone stesso. Perdette la costituzione monarchica ed ebbe suffeti, sul modello, probabilmente, di Cartagine. Un secondo assedio dové subire nel 315, di 15 mesi, quando Antigono Monoftalmo la riprese a Tolomeo di Egitto. Rioccupata fuggevolmente da Tolomeo nel 312, e tosto perduta, rimase in mano di Antigono e poi del figlio Demetrio fin circa il 294. È verosimile che dal 294 al 219 sia appartenuta interrottamente ai Tolomei; nel 219 fu una prima volta occupata da Antioco il Grande di Siria, che poco dopo la dovette sgombrare: ma dal 200 circa fu ininterrottamente dei Seleucidi (v. siria) sino all'83 a. C., quando il regno di Siria cadde in mano a Tigrane di Armenia. Ristabilito poco dopo il governo seleucidico, Tiro entrò a far parte dello stato romano con l'annessione della Siria nel 64 a. C. Era rimasta fino allora nei regni ellenistici come città libera, e tale posizione conservò nella provincia di Siria. Ugualmente tutelata fu dai sovrani ellenistici come dai Romani la sua floridezza economica. S'intende che Tiro aveva perduto la sua posizione centrale nel commercio dell'Oriente per la fondazione di Alessandria e per la floridezza di Rodi, nonché più tardi per la rovina di Cartagine sempre sentimentalmente ed economicamente legata alla madrepatria, ma restò con un traffico marittimo notevole e con una industria di tessili (porpora) e di vetro di grande importanza. Si grecizzò negli alti strati della popolazione e nella cultura, ma nel grosso della popolazione prevalse l'elemento linguistico aramaico, che da secoli si veniva sostituendo al fenicio. In età romana ebbe anni agitati durante le guerre civili, in cui fu per breve tratto instaurato dai Cesaricidi il governo tirannico di Marion tosto abbattuto da Antonio (42 a. C.) e in cui inoltre sfuggì appena all'occupazione del re partico Pacoro (40 a. C.). Al tempo di Claudio assunse per breve tempo il nome di Claudiopoli: nel 66 d. C., per la guerra giudaica, vi fu compiuta una strage degli Ebrei che vi abitavano. Da Settimio Severo, a cui si era dichiarata fedele, fu elevata a colonia romana con insediamento di veterani. Fu in età imperiale centro di studî filosofici (si ricordino Massimo di Tiro e Porfirio), e, dopo essere stata una chiesa cristiana delle origini, divenne anche un centro cristiano: nel 335 vi fu tenuto un sinodo.

Sotto il governo bizantino Tiro mantenne quella floridezza e quell'importanza che le venivano principalmente dalle sue industrie e dal suo esteso commercio. Sede vescovile sin dai tempi apostolici divenne metropoli ecclesiastica della Fenicia Marittima nel sec. V. Cadde in potere degli Arabi nel 638 e da allora seguì le sorti della Siria passando dalla signoria dei califfi di Damasco a quella dei califfi di Baghdād e, da questa, prima a quella dei Fatimiti di Egitto (fine del sec. X) e quindi, nel 1089, dei Selgiuchidi. Assediata invano da Baldovino I fra il novembre del 1111 e l'aprile successivo, non fu espugnata se non nel luglio del 1124 per opera principalmente dei Veneziani, ai quali spettò un terzo della città. Da quel momento per oltre un secolo e mezzo Tiro rimase in possesso dei Latini, che non solo ne promossero la prosperità dando un nuovo impulso alle tradizionali industrie della porpora e del vetro e al commercio, ma anche la fortificarono ancora di più e l'abbellirono di monumenti, fra i quali, insigne, la chiesa di S. Marco. Durante il sec. XIII, Tiro fu il teatro di lotte fra Veneziani e Genovesi che vi si disputavano il predominio commerciale. Nonostante queste lotte invano i musulmani l'assediarono a diverse riprese dal 1187 in poi. Essi non se ne impadronirono se non nel 1292 quando tutta la Palestina e la Siria erano state da loro occupate. Alla conquista seguì la distruzione della celebre città: e invano, tre secoli e mezzo dopo, lo sceicco Fakhr ad-Dīn tentò di restaurarla. Al suo posto si trovano ora pochi ruderi del passato e un misero villaggio che porta il suo antico nome aramaico: Ṣūr.

Bibl.: W. F. Fleming, The history of Tyre, in Columbia University Oriental Studies, X (1915), p. 54 segg.; R. Dussaud, Topographie historique de la Syrie antique et médiévale, Parigi 1927.

Vedi anche
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