TIRESIA (Τειρεσίας, Τειρεσίης; Tiresias; etr. Terasias)
Indovino tebano di remota tradizione ctonia.
Forse in origine divinità beotica di carattere profetico (cfr. Anfiarao, Trofonio). T. richiama etimologicamente τέρας "prodigio" (cfr. la figlia Manto e il di lei figlio Mopso, pure indovino). Nella saga appartiene alla stirpe degli Sparti, i figli della terra che avrebbero fondato Tebe. Della sua vita sono note diverse vicende, come la metamorfosi di sesso. Fu rappresentato cieco allo stesso modo che Omero; di questa cecità si cercarono poi le cause: intromessosi in una disputa tra Zeus ed Hera, questa, irritata dal suo giudizio, l'avrebbe accecato, ma Zeus l'avrebbe compensato con la virtù profetica e con una vita lunga sette generazioni (Melampodia); oppure Atena, vista nuda nel bagno dal giovane cacciatore T., gli avrebbe tolto la vista ma, commossa dalle preghiere di Cariclo, gli avrebbe dato orecchie sensibili al volo degli uccelli e un bastone per guida (Ferecide, Callimaco). Per quattro generazioni fu consigliere a Tebe, tra l'altro di Laio ed Edipo. Infine, vecchissimo, ma prima della guerra di Troia, fermatosi alla fonte Tilphuse sotto la rupe del Tilphossion, presso Haliartos, o perché fuggiva da Tebe invasa dagli Argivi guidati dagli Epigoni, o perché si recava a Delfi con la figlia Manto, morì dopo aver bevuto e lì si mostrava la sua tomba. Il culto ctonio di questa sede raggiunse poi Orcomeno, dove il suo oracolo tacque in seguito a una peste (Plut., De Delf. orac., 434 c), e Tebe, dov'era un suo οἰωνοσκοπεῖον legato ad Edipo (Soph., Ant., 999; Paus., ix, 16, 1). Data questa capacità profetica conservata da T. defunto, lo ritroviamo nella Νέκυια: Ulisse lo interroga nell'Oltretomba sul suo viaggio futuro. T. esercitava l'aruspicina ascoltando gli uccelli, di cui Manto o un bambino descrivevano i movimenti.
Compare anzitutto nelle tazze omeriche. Su un vaso (Roscher, fig. 1) T. barbato, curvo, con bastone, è guidato da un bambino avanti al re Edipo (Soph., Oid. Tyr., 316 ss.) o Creonte (Soph., Ant., 975 ss.). Su un altro vaso la testa di T. emerge davanti a Odisseo e ai compagni (Roscher, fig. 2). Un rilievo del Louvre mostra T. che parla a Odisseo (Roscher, fig. 3); così una pasta vitrea. Una pittura dell'Esquilino mostra Odisseo e i compagni, sbarcati agli inferi, conferire con T. (Roscher, fig. 4); forse riprendeva il motivo della pittura di Polignoto nella Lesche di Delfi (Paus., x, 28, 1; 29, 8) o del quadro della Nèkyia o di Nikias (Plin., Nat. hist., xxxv, 132). In Etruria compare su uno specchio vulcente (Etr. Sp., ccxl): è come addormentato, appoggiato alla spalla di Hermes e ciondolante (androgino?), vegliato da Odisseo con la spada in mano. Nella seconda camera della Tomba dell'Orco, a Tarquinia, sulla parete sinistra, dopo Aiace, compare un vecchio velato, con bastone, detto "anima di T." (hinthial Teriasals); su un arbusto vicino svolazzano figurine indicanti le anime dei defunti εἴδωλα, animulae) da lui evocate. Sul fianco del sarcofago policromo di Torre S. Severo (Orvieto) Ulisse invoca l'anima di T. con sacrifici. T. (Τηρησίας), barbato, che caccia i leopardi, celebra la Megalopsychia nel tardo mosaico di Yakto, come uno dei sei cacciatori mitici: a torto gli si nega questa qualità (Seyrig), contro la testimonianza delle fonti letterarie e figurative.
Monumenti considerati. - Tazze omeriche: C. Robert, Oidipus, I, 559. Tiresia e il re: J. Overbeck, Die Bildw. zum thebischen und troischen Heldenkreis, tav. II, 11. T. compare a Ulisse: A. Baumeister, Denkm., c. 1040. Vetro: J. Overbeck, op. cit., tav. 32, 10; A. Baumeister, op. cit., c. 1041. Polignoto: Arch. Anz., 1877, 120 ss.; 1884, 170 s. Specchio: Mon. Inst., II, 29; Helbig-Amelung, I, 692; W. Müller, Odyssée, Illustr. 117 C. Robert, Arch. Hermeneutik, 152; G. Q. Giglioli, Arte Etr., tav. CCXCIX, 4. Tomba dell'Orco: P. Ducati, pp. 416, 431; M. Pallottino, Peinture étrusque, p. 112. Sarcofago: G. Q. Giglioli, op. cit., tav. CCCXLVIII, 2.
Bibl.: Buslepp, in Roscher, V, 1916-24, c. 178 ss., s. v. Tereisias; F. Schwenn, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, cc. 129-132, s. v.; C. Gallavotti, in Enc. It., XXXIII, p. 912, s. v.; C. Robert, Die griechische Heldensage, I, Berlino 1920, p. 127 s. Per l'Etruria: St. Etr., I, 1927, pp. 262, 267, 272, 277, 566; II, 1928, p. 376; IV, 1930, pp. 230, 257, 362; XX, 1947, p. 89. Per Yakto: J. Lassus, La mosäque de Yakto, in Antioch on the Orontes, I, Princeton 1934, p. 114 ss.; H. Seyrig, Notes archéologiques, in Berytus, II, 1935, p. 42 ss., tav. XVIII, i.