TIRESIA (Τειρεσίας, Tiresias)
Famoso indovino della mitologia greca, appartenente alla stirpe degli Sparti, cioè dei nati dalla terra, che si ritenevano i fondatori di Tebe. Il suo nome ne palesa l'essenza. Esso è difficilmente da collegare con τείρεα, che significa "costellazioni, fenomeni o segni celesti", ma piuttosto con τέρας "prodigio". Altrettanto esplicito è il nome di sua figlia, Manto, ch'ebbe a sua volta un figlio, pure indovino, Mopso. È una figura antichissima, già nota alla Nekyia dell'Odissea, dove Ulisse lo cerca, nella sua discesa all'oltretomba, per consiglio di Circe, e lo interroga intorno al suo rimpatrio. È molto caratteristico il fatto che T. conserva anche nel regno delle ombre le sue prerogative intellettuali, non affievolite, e la pienezza dei sensi; sulla terra poi esistevano oracoli, dove i Greci a T. già morto chiedevano responsi sull'avvenire; e forse da questo dato di fatto è derivata la credenza di quella particolarissima condizione dell'anima di T. fra i morti.
Tra le favole su T., oltre quelle circa le sue predizioni a Edipo e a Creonte celebrate dalla tragedia, è nota quella della sua trasformazione di maschio in femmina e viceversa. Egli è rappresentato come cieco; e di ciò la ragione è probabilmente analoga a quella per cui è rappresentato come cieco il prototipo degli aedi Omero. S'intende che poi di questa cecità si cercavano le cause concrete e la si attribuiva ad Era, irritata per aver risoluta a favore di Zeus una controversia sorta tra lei e il suo divino consorte, ovvero ad Atena, irritata per una involontaria mancanza di rispetto. Il dono della profezia gli sarebbe stato concesso a compenso della sua sventura.
La morte di T. si collega anch'essa con le vicende tebane. Vecchissimo, fuggendo dinnanzi agli Argivi che sotto la guida degli Epigoni stavano per impadronirsi di Tebe, sarebbe morto dopo aver bevuto della fresca acqua sgorgante sotto la rupe Tilfossia presso la quale si mostrava la sua tomba; sicché probabilmente egli non era in origine che una delle non poche divinità profetiche di carattere ctonio venerate in Beozia, come Trofonio o Amfiarao.
Bibl.: C. Robert, Die griechische Heldensage, I, Berlino 1920, p. 127 seg.; Buslepp, in Roscher, Mythol. Lexicon, V, col. 178 segg.; F. Schwenn, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V A, col. 129 segg.