TIPOLOGIA
Il termine t., dal gr. týpos, 'impronta', identifica il sistema concettuale consistente nel decrittare il marchio o 'tipo' originariamente impresso da Cristo, che ne è l'archetipo, su tutte le cose e nel vedere quindi nell'Antico Testamento la prefigurazione del Nuovo.Cristo, dopo i profeti, che ponevano in relazione il passato, il presente e il futuro messianico, dà l'esempio di tale esegesi indicando nel serpente di rame di Mosè la prefigurazione della propria crocifissione (Gv. 3, 14) e spiegando la propria vita partendo dalle Scritture (Lc. 24, 26). S. Paolo a sua volta sviluppò profusamente tale lettura (per es. 1 Cor. 10, 4 e 11; Rm. 5, 14; Eb. 10, 1), prima che, nella prospettiva di mostrare agli ebrei la complementarità delle due rivelazioni e agli gnostici il valore dell'Antico Testamento, la t. divenisse l'asse primario dell'esegesi patristica e medievale.
Anche le arti figurative, sin dagli inizi del cristianesimo, si prefissero di illustrare tale relazione tra gli eventi delle Scritture. I dipinti del primo quarto del sec. 3° che ornano il battistero della casa cristiana di Dura Europos in Siria costituiscono le più antica traccia di una rappresentazione tipologica: la figura del Pastore (New Haven, Yale Univ., Art Gall.) - immagine polisemica che rimanda contemporaneamente a una serie di pastori biblici, alla rivendicazione da parte di Cristo dell'appellativo di Buon Pastore (Gv. 10, 11) nonché alla missione pastorale affidata a Pietro (Gv. 21, 15-19) - è qui giustapposta alle figure di Adamo ed Eva, il che conferisce alla t. di Cristo novello Adamo un'evidenza la cui efficacia deriva dalla giustapposizione e dalla gerarchizzazione delle forme.La scultura dei sarcofagi paleocristiani costituisce uno dei settori in cui maggiormente si esplica il concetto di simultaneità temporale degli eventi rappresentati. Anche se sembra prevalere il principio di giustapposizione, talvolta apparentemente anarchico, connesso alle pratiche liturgiche che imponevano di recitare per i moribondi una sequenza di exempla salutis, alcuni esemplari offrono una strutturazione razionale dello spazio scolpito. Essi dimostrano che gli artisti sapevano organizzarvi la t. secondo un sistema, giovandosi delle leggi della simmetria, dei parallelismi o della lateralizzazione, come per es. nel sarcofago c.d. dogmatico (Roma, Mus. Vaticani, Mus. Pio Cristiano) o nel sarcofago di Giunio Basso, della metà del sec. 4° (Roma, S. Pietro in Vaticano, Grotte). In un analogo contesto di anticipazione di una visione dell'eternità, connessa alla funzione di reliquiario dell'oggetto, si struttura il programma iconografico della lipsanoteca di Brescia, del secondo terzo del sec. 4° (Brescia, Civ. Mus. Cristiano). Qui le scene cristologiche, evidenziate per la loro dimensione e la disposizione centrale, sono circondate da prefigurazioni veterotestamentarie.La complementarità dei tempi della rivelazione ha trovato in alcune opere d'arte forme particolarmente idonee all'espressione del parallelismo tipologico, ciò accade per es. nei battenti delle porte di chiesa, che nel chiudersi consentono l'unificazione visuale di eventi dei due Testamenti: è il caso della porta lignea della basilica di S. Sabina a Roma, del 430 ca., o di quella della chiesa di St. Michael a Hildesheim, intorno al 1015. L'adeguamento dell'iconografia alla funzione del supporto ha trovato un felice esito nel trono in avorio dell'arcivescovo di Ravenna Massimiano, della metà del sec. 6° (Ravenna, Mus. Arcivescovile): l'articolazione delle diverse parti del trono - sul fronte dello scanno gli evangelisti a fianco di s. Giovanni Battista, all'interno dello schienale l'Infanzia di Cristo, all'esterno la Vita pubblica, sui montanti dei braccioli la Vita di Giuseppe - consente un confronto tra i cicli, che conservano ognuno la propria autonomia in una disposizione gerarchica.Il sec. 6° fu uno dei periodi in cui la rappresentazione tipologica trovò più compiuta espressione. Lo attestano i mosaici di S. Vitale a Ravenna, dove le prefigurazioni sacrificali della Genesi (Ospitalità di Abramo, Sacrificio di Isacco, Offerta di Abele e di Melchisedec), accompagnate da figure di profeti e di evangelisti, circondano lo spazio dell'altare ove si svolge la celebrazione eucaristica. Si sa peraltro, attraverso testimonianze scritte (Paolino da Nola, Prudenzio, S. Nilo, Beda il Venerabile) e attraverso le indicazioni di programmi conservatisi (S. Maria Maggiore a Roma, 432-440), che dal sec. 4° in poi l'intento di adattare sistemi tipologici alle pareti degli edifici sacri ha costituito una preoccupazione costante per gli artisti e i committenti. Beda il Venerabile, in particolare (Hist. Abbatum; PL, XCIV, col. 720), riferisce che l'abate Biscop, monaco di Wearmouth-Yarrow, aveva riportato dal suo viaggio a Roma intorno al 624 il ricordo delle sapienti disposizioni per cui sui muri delle basiliche romane si creava una corrispondenza tra Antico e Nuovo Testamento. Anche i libri manoscritti del sec. 6° offrono interessanti esempi di illustrazione tipologica. Nei Vangeli di Rossano Calabro (Mus. Diocesano) i profeti, raffigurati a coppie di due sotto le singole scene evangeliche, tengono in mano cartigli sui quali si possono leggere le loro profezie concernenti il Nuovo Testamento, mentre nei Vangeli di Sinope (Parigi, BN, Suppl. gr. 1286) i profeti sono disposti ai margini dell'illustrazione neotestamentaria.Più sottile è invece il procedimento tipologico quando le immagini sono elaborate in modo da consentire non soltanto un confronto temporale bensì la loro sovrapposizione. È quanto accade sempre nei Vangeli di Rossano Calabro, dove il Samaritano della parabola, effigiato mentre si china sul pellegrino ferito, assume il nimbo crocifero di Cristo. Si tratta di un'immagine sintetica che fa leggere simultaneamente il tempo mitico della parabola, il tempo storico del Cristo salvatore e il tempo liturgico della celebrazione eucaristica, evocato dalla presenza di un angelo che reca i panni liturgici. Questo procedimento, già frequentemente adottato sui sarcofagi scolpiti del sec. 4° - dove in particolare vengono identificate tra loro le figure di Mosè e di s. Pietro -, ebbe un successo duraturo per tutto il Medioevo, quando si cercò in ogni modo di conferire ad Adamo, a Davide o ai santi la figura stessa di Cristo.Dopo la fondazione del metodo tipologico in età paleocristiana, ci si sarebbe aspettato di poter riscontrare un indirizzo simile nell'arte insulare nella misura in cui l'intensità della vita monastica e l'autorità delle compilazioni di Beda (sec. 7°) avrebbero potuto, teoricamente, costituire il presupposto per questo tipo di immagini. Al contrario, gli artisti privilegiarono le immagini simboliche od ornamentali, come accadeva anche sul continente in epoca merovingia. Solamente le croci monumentali, sparse tra le tombe dei cimiteri monastici, adottarono, a partire dalla fine del sec. 7°, una decorazione scultorea complessa che testimonia appunto la vitalità dell'iconografia tipologica (croce di Moone; sec. 8°): vi si ritrovano le serie di exempla cari al repertorio paleocristiano, anche se la duplice presenza della croce come supporto e della crocifissione come tema dà un ordine differente ai vari soggetti.Il contributo apportato dalla rinascenza carolingia all'iconografia tipologica si verifica nella riflessione condotta intorno al motivo della croce: nel canone del Sacramentario di Drogone, realizzato nell'ambiente di Metz intorno all'850, la T iniziale del Te igitur, ritualmente pronunciata per dare inizio al memoriale del sacrificio e trasformata in croce, contiene la rievocazione dei sacrifici passati dell'Antica Alleanza infissi in luogo delle membra dell'assente risuscitato (Parigi, BN, lat. 9428, c. 15v).Se il contesto funerario favorì a lungo la scrittura tipologica, in quanto la morte introduce a un'abolizione del tempo lineare umano, a partire dal periodo romanico prevalse in questa funzione di accostare immagini sintetiche il tempo liturgico, tempo che compendia, anticipa e trascende tutti gli altri. L'arte tipologica divenne allora esclusiva di una élite intellettuale, che si esprimeva preferibilmente nelle arti suntuarie, riservate al culto.La creazione tipologica assunse un'ampiezza considerevole nella seconda metà del sec. 12°, in particolare nella zona di influenza renano-mosana, ma anche in Inghilterra. Dalle botteghe di smaltatori mosani proviene un gran numero di croci nelle quali, secondo il principio della T iniziale del Sacramentario di Drogone, il sistema si esplica essenzialmente nella cancellazione del Nuovo Testamento, espresso di fatto dalla forma stessa dell'oggetto: alle estremità dei bracci si collocano le prefigurazioni veterotestamentarie che prendono il posto del crocifisso assente. In particolare si conserva il ricordo di due prestigiose croci processionali: quella, perduta, che Suger abate di Saint-Denis (1122-1151) fece consacrare dal papa Eugenio III (1145-1153) il giorno di Pasqua del 1147 e quella di Saint-Bertin (Saint-Omer, Mus. Sandelin), che ne è una replica più modesta. Gli evangelisti, sui quali si basa l'intera struttura, riflettono nel numero i quattro elementi (terra, acqua, fuoco e aria), che rappresentano la destinazione cosmica dell'opera di salvazione: sulla parte sferica gravitano quattro prefigurazioni della crocifissione: Mosè e la roccia (Es. 17, 6), il Serpente di rame (Nm. 21, 9), la Benedizione di Efraim e di Manasse (Gn. 48, 20), la Mactatio agni (Es. 12, 3-14), seguite, sul fusto quadrato, da Isacco che porta il legno per il suo sacrificio (Gn. 22, 3), dal Grappolo di Canaan (Nm. 13, 23), dalla Vedova di Zarepta (1 Re 17, 9) e dal segno del Tau (Ez. 9, 4).I reliquiari in forma di trittico, il cui sistema di apertura e chiusura induce a una lettura dinamica, si prestano particolarmente a una iconografia tipologica. Così il trittico di Alton Towers, del 1150-1160 ca. (Londra, Vict. and Alb. Mus.), articola due ante laterali consacrate all'Antico Testamento (a sinistra: Pesca del Leviatano, Sacrificio di Isacco, Giona e la balena; a destra: Sansone e le porte di Gaza, Mosè e il serpente di rame, Eliseo che risuscita un morto) a fianco di un pannello centrale che enuncia il centro della rivelazione: una Crocifissione affiancata dai simboli degli evangelisti, da segni cosmici (Sole e Luna, Terra e Acqua) e da virtù (Giustizia e Carità) e circondata dalla Discesa agli inferi e dalla Visita delle pie donne al sepolcro. Come in molte opere mosane, l'erudizione del teologo e l'ingegnosità dell'artefice concorrono a un alto risultato nella ricerca di una corrispondenza tra forma e significato.L'ambone eseguito nel 1180 da Nicola di Verdun per i canonici di Klosterneuburg (Klosterneuburg, collegiata) costituisce il punto di arrivo di una lunga ricerca tipologica compiuta da generazioni di smaltatori. In un ambizioso intento enciclopedico l'intera storia della salvazione viene esposta secondo un sistema a un tempo diacronico e sincronico: la Vita di Cristo si svolgeva in quindici scene lungo una linea mediana contornata da episodi tra loro corrispondenti ripresi dalle ere ante legem e sub lege, in modo che i due grandi periodi dell'Antica Legge racchiudessero come in uno scrigno la Rivelazione cristologica. Non meno elaborata è l'opera dei miniatori mosani: valga come esempio l'illustrazione tipologica della I iniziale dell'In principio della Genesi, intesa a far corrispondere tra loro in questa prima lettera della Scrittura tutti gli assi della Rivelazione e quindi investita di una funzione di generale ricapitolazione. Lo stesso sistema si trova applicato nella Bibbia di Stavelot (Londra, BL, Add. Ms 28106, c. 6), della metà del sec. 11°, che dispone in parallelo ai lati del tempo di Cristo, dall'Annunciazione alla Risurrezione, da una parte il tempo della Genesi - dalla Cacciata di Adamo ed Eva alla consegna delle Tavole della Legge a Mosè - e dall'altra la Parabola degli operai dell'ultima ora (Mt. 20, 1-16).
Questo tipo di strutturazione delle rappresentazioni godette di grande fortuna in questa regione, come dimostrano le immagini che accompagnano le Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio (Chantilly, Mus. Condé, 1632), eseguite nell'abbazia di Saint-Trond nella seconda metà del 12° secolo. L'inventiva dei maestri miniatori non si limitava tuttavia al repertorio tradizionale della Genesi e della Vita di Cristo, come è dato constatare nel frontespizio del Libro di Giobbe della Bibbia di Floreffe, della seconda metà del sec. 12° (Londra, BL, Add. Ms 17738, c. 4).
L'abate Suger, affascinato dal potere anagogico delle immagini, pensò per le vetrate del deambulatorio dell'abbaziale di Saint-Denis, realizzate nel 1144, un programma nel quale Antico e Nuovo Testamento fossero strettamente armonizzati. In generale l'arte delle vetrate sfruttò abbondantemente le composizioni radiali, che consentivano di fare gravitare le prefigurazioni dell'Antico Testamento attorno a scene della Vita di Cristo. A partire dalla vetrata tipologica della Passione della cattedrale di Saint-Etienne a Châlons-sur-Marne (ante 1147), le vetrate con il tema della Redenzione si moltiplicarono negli anni intorno al 1200 - come mostrano gli esempi dell'abbaziale di Saint-Pierre a Orbais, dell'abbaziale di Saint-Germer-de-Fly, della cattedrale di Notre-Dame a Chartres, della cattedrale di Saint-Etienne a Bourges, della cattedrale di Canterbury, poi nella cattedrale di Saint-Julien a Le Mans e in quella di Notre-Dame a Rouen - e i committenti estesero la struttura tipologica alla narrazione dell'Infanzia di Cristo, come nella cattedrale di Notre-Dame a Laon o nella collegiata di Saint-Quentin nel primo quarto del 13° secolo. I maestri vetrai si cimentarono inoltre in creazioni molto innovative trasponendo in immagini letture tipologiche della parabola del Samaritano (Chartres, Bourges, cattedrale di Saint-Etienne a Sens, Canterbury); sotto questo profilo, di particolare interesse è la cattedrale di Canterbury, che conta almeno tredici vetrate tipologiche. Mentre gli scultori organizzavano nei portali delle cattedrali una sistematica corrispondenza tra le statue degli strombi, dedicate ai patriarchi e ai profeti, e le composizioni dei timpani, riservate ai misteri cristologici, alcuni spinsero anche oltre la ricerca tipologica, come nella cattedrale di Laon, dove gli archivolti che incorniciano il timpano della Vergine esaltano, attraverso prefigurazioni, il tema della verginità di Maria. Tale fioritura di immagini tipologiche, dalla metà del sec. 12° alla metà del 13°, non fu esente dai rischi di un irrigidimento sistematico, che portò a inevitabili ripetizioni di formule di un repertorio limitato e stereotipo.La decadenza della mistica monastica, lo svilupparsi del metodo scolastico, la spinta della sensibilità cortese e la pressione del mecenatismo aristocratico sono alcune delle componenti che spiegano l'andamento assunto in età gotica dall'arte tipologica, che si pose a servizio di una pedagogia popolare e venne recuperata dalla spiritualità degli Ordini mendicanti (vetrate della basilica superiore di S. Francesco ad Assisi o di St. Georg a Esslingen).Un notevole impegno si manifestò allora nell'illustrazione della Bibbia, attraverso cui, a partire dal sec. 13°, si attuò un rinnovamento della t. tradizionale; le bibbie moralizzate non presentano meno di otto immagini per tavola: quattro scene scritturali che dovevano sistematicamente essere confrontate con altre quattro immagini che servivano loro da specchio o fungevano da applicazione moralizzata. Tale disposizione speculare spostava l'obiettivo mistico della t., proponendo veri e propri repertori di equivalenze allegoriche e morali che consentivano una attualizzazione ulteriore del Verbo rivelato. A partire dal sec. 12° comparvero compilazioni che si proponevano di spiegare il senso allegorico dei principali eventi biblici in una versione semplificata e facilmente memorizzabile. Da tale tendenza nacquero le bibbie dei poveri, nelle quali, su un totale di tavole che variavano da trentacinque a cinquanta, una scena del Nuovo Testamento veniva accompagnata da due esempi desunti dall'Antico Testamento, seguita da una didascalia in versi leonini e circondata da quattro busti di profeti che svolgono la profezia riguardante il Figlio di Dio. Anche se la denominazione di bibbie dei poveri, assunta in una fase tarda, è chiaramente impropria - dato che una tale esuberanza di immagini era di inevitabile costosa realizzazione - il risultato era invece indubbiamente povero, perché la Bibbia veniva ridotta a una specie di epitome per immagini, il cui principio semplificatorio nuoceva alla originaria valenza mistica della tipologia. Tale riduzione della spiritualità attraverso la ripetizione e la convenzionalità si accompagnava a una stilizzazione grafica e cromatica scarsamente creativa. Ancora una volta si constata l'utilizzazione polemica dell'arma catechetica della t. che, secondo i contesti, si poneva al servizio dell'autorità pontificia, della spiritualità francescana o dei dissidenti religiosi. Lo Speculum humanae salvationis, redatto nel primo quarto del sec. 14° da un autore anonimo - probabilmente un domenicano - amplificò ulteriormente il sistema della Bibbia dei poveri inserendo un terzo tipo che prefigura l'antitipo ed estendendo il repertorio delle corrispondenze, in particolare a tempi non biblici. Ma nell'insieme, e malgrado la specificità della destinazione, questo testo procede sulla base di uno stesso principio, come fanno anche tipi ulteriori di compilazioni un po' meno diffusi, le Concordantiae caritatis, redatte intorno al 1350, che inseriscono altri due tipi desunti dalla storia naturale, o il Defensorium inviolatae virginitatis Beatae Mariae, composto da un domenicano all'inizio del sec. 15° per consacrare alla verginità di Maria gli accostamenti tipologici.Il notevole successo delle bibbie dei poveri e dello Speculum humanae salvationis è comprovato dall'importanza delle opere monumentali a essi ispirate, come le vetrate di Saint-Martin a Colmar, di Saint-Etienne a Mulhouse, in Alsazia, o dell'abbazia di St Albans, in Inghilterra, gli archivolti del portale centrale della cattedrale di Saint-Maurice a Vienne, nel Delfinato, gli affreschi nel chiostro del duomo di Bressanone e gli arazzi dell'abbaziale di La Chaise-Dieu, in Alvernia.Altre vie continuarono a essere sperimentate, tanto più significative dal punto di vista spirituale quanto innovative dal punto di vista estetico. Occorre citare a questo riguardo il Breviario di Belleville (Parigi, BN, lat. 10483-10484), realizzato da Jean Pucelle per un convento domenicano, la cui struttura iconografica costituì un punto di riferimento per oltre un secolo perché a esso si ispirarono copiandone le formule i miniatori parigini, sino ai fratelli Limbourg. Esso illustra le corrispondenze tra i profeti, gli apostoli, gli articoli del Credo, le porte di Gerusalemme, le epistole di s. Paolo, i dodici mesi e i segni dello zodiaco, in un sistema di equivalenze la cui originalità è data dal suo essere incluso in un calendario e dall'avere una formulazione quasi narrativa: ognuno dei profeti volta per volta sottrae alla Sinagoga una pietra che serve a un apostolo per costruire Gerusalemme, mentre la sua profezia rivelata si trasforma in articolo del Credo, subito brandito a mo' di stendardo dalla Vergine, affinché s. Paolo possa predicarlo alle genti. Tutti i tempi sono dunque articolati: tempo ciclico delle rivoluzioni cosmiche, tempo umano dei lavori dei mesi, tempo liturgico delle feste della Chiesa, tempo dell'Antica e della Nuova Legge. Parimenti, l'illustrazione del salterio crea una corrispondenza tra i sette sacramenti, i sette peccati dell'Antico Testamento e le sette virtù cristiane.Nuove vie vennero aperte quando Ambrogio Lorenzetti, al fine di rinnovare il concetto millenario della presenza dell'Antica alleanza all'interno della Nuova, dipinse nel 1342, sotto forma di finta decorazione scultorea, Mosè e Giosuè che fanno da muti testimoni alla Presentazione al Tempio (Firenze, Uffizi). Questo sistema di 'pietrificare' l'Antico Testamento nell'aspetto di una scultura monumentale che accompagna una scena dalle apparenze reali ebbe un largo seguito e fu ripreso prima dai miniatori franco-fiamminghi della fine del sec. 14°, poi dai pittori delle Fiandre, che sfruttarono ampiamente tale espediente.
Bibl.: P. Bloch, Nachwirkungen des Altes Bundes in der christlichen Kunst, in Monumenta Judaica, I, Katalog (Köln 1963-1964), Köln 1964, nr. A67; id., Typologische Kunst, in Lex et sacramentum im Mittelalter, a cura di P. Wilpert, R. Hoffmann (Miscellanea mediaevalia, 6), Berlin 1969, pp. 127-142; id., s.v. Typologie, in LCI, IV, 1972, col. 395; N. Morgan, The Iconography of Twelfth Century Moscan Enamels, in Rhein und Maas. Kunst und Kultur 800-1400, cat. (KölnBruxelles 1972), II, Köln 1973, pp. 263-275; G. Lobrichon, La Bible de Pauvres du Vatican Pal. Lat. 871, MEFR 98, 1986, pp. 295-327; J.P. Deremble, Formes typologiques en pays de Rhin et de Meuse à l'époque romane, Revue du Nord 74, 1992, 297-298, pp. 729-752; C. Deremble, Le vitrail gothique de la Passion à la cathédrale de Chartres: questions de typologie, "Colloque du huitième centenaire de la cathédrale de Chartres, Chartres 1994", Paris 1996, pp. 117-130.J.P. Deremble