TINTURA
. Industria tessile (fr. teinture; sp. tintura; tedesco Färberei; ingl. dyeing). - Per tintura s'intende l'arte di dare a un supporto qualsiasi una colorazione regolare, uniforme, penetrante in tutto il suo spessore, in modo che, facendone una sezione, non si possano avvertire differenze sensibili da uno strato all'altro, sia nell'intensità sia nella qualità della tinta: in questo la tintura differisce dalla verniciatura, dalla patinatura, ecc., per le quali la colorazione data al supporto non penetra in esso, ma si ferma alla superficie.
L'arte di dare alle diverse fibre tessili una colorazione diversa dalla naturale rimonta ai tempi più antichi; e, per quanto non se ne abbiano prove dirette, pare fuori di dubbio che essa sia nata nelle Indie. È noto che i Fenici, fino dal secolo XIV o XV a. C., erano famosi per la perfezione delle tinture ottenute con la porpora di Tiro, che, applicata su lana, serviva alla preparazione di tessuti di valore quasi inestimabile. Buone cognizioni di tintura ebbero gli Egizî, i quali conobbero, a quanto risulta dalle bende delle loro mummie, l'arte di servirsi dell'indaco e probabilmente di altre sostanze coloranti naturalì e dei mordenti di rame e di allumina. Presso i Greci l'arte di tingere non ebbe gran favore, né fece progressi sensibili; pare invece che i Romani abbiano raggiunto in essa un grado notevole di perfezione e abbiano conosciuto parecchie sostanze coloranti naturali e l'impiego di parecchi mordenti metallici. Durante il Medioevo l'arte di tingere decadde grandemente in Europa, mentre rimase in onore presso i Saraceni e i Mori. Fu durante e dopo le crociate che, specialmente in Italia e in modo particolare a Venezia, Firenze, Genova, essa rifiorì e fece tali progressi, che nel 1400 si avevano a Firenze ben 200 laboratorî di tintoria e che i primi trattati concernenti l'uso delle sostanze coloranti e il modo di servirsene sono italiani e precisamente, anche non calcolando il manoscritto di Lucca intitolato Compositiones ad tingenda del sec. VIII, La Mariegola dell'Arte dei tintori, pubblicata a Venezia nel 1429 e il Plichto dell'Arte dei tintori..., pubblicato pure a Venezia da G. Ventura Rosetti nel 1540. Dall'Italia l'arte di tingere si diffuse poi in Francia e in Inghilterra, ma specialmente nella prima, dove ebbe le cure più attente e più proficue da parte del Colbert, sotto la cui diretta sorveglianza fu pubblicata nel 1672 l'Instruction générale pour la teinture de laines de toutes nuances et pour la culture des drogues et ingrediénts qu'on employe. Altri progressi furono compiuti dopo che, con la scoperta delle Americhe, nuove sostanze coloranti, tra cui il campeggio, il legno Brasile, la cocciniglia, ecc., erano venute a porsi a disposizione dei tintori; progressi che però potrebbero dirsi irrisorî a confronto di quelli che furono conseguenza diretta della scoperta delle sostanze coloranti artificiali (Perkins, 1856), di cui la serie, che oggi può a buon diritto dirsi infinita, ha posto a disposizione dei tecnici il mezzo di produrre su tutte le sostanze naturali o artificiali, suscettibili di assumere una colorazione qualsiasi, colorazioni di ogni genere, rispondenti a ogni esigenza e dotate delle qualità più diverse e più interessanti (v. coloranti, sostanze).
Le fibre tessili più importanti e delle quali qui ci occuperemo sono: la lana, la seta, il cotone, il lino, la canapa, la ramiè, la iuta, il rayon. Per ognuna di esse conviene tenere presente lo stato fisico nel quale esse si trovano al momento nel quale l'operazione della tintura deve essere eseguita e considerare quali siano le sostanze coloranti più adatte. Per quanto riguarda il primo punto, si deve osservare che, secondo lo stato nel quale la fibra si trova (fiocco, cioè lo stato naturale, nastro di carda, filato, tessuto), il modo di operare varia notevolmente insieme con i mezzi manuali o meccanici adoperati.
Per quanto concerne il secondo punto, se è vero che esistono numerose sostanze coloranti naturali e artificiali, le quali, secondo il modo di applicazione, possono servire a tingere diverse qualità di fibra, si segue in generale la norma di scegliere, per ciascuna, quella o quelle categorie di sostanze che meglio si prestano all'ottenimento delle colorazioni necessarie, tenendo conto di tutte le esigenze richieste da questo genere di lavoro: la cosa è oggi tanto più facile, in quanto che, per l'infinita varietà di sostanze coloranti che si trovano in commercio, il tecnico ha a sua disposizione serie intere di colori, con cui gli è possibile produrre, su una determinata fibra, nel modo migliore, con la minor somma di lavoro e con risultati, in molti casi, perfetti, la più svariata gamma di colorazioni, soddisfacenti a tutti i requisiti di resistenza alla luce, ai lavaggi, alle sostanze alcaline o acide, allo sfregamento, alla follatura, alla stiratura, ecc.
Apparecchi usati per la tintura. - Gli stati sotto i quali la maggior parte delle fibre tessili viene sottoposta alle operazioni di tintura sono quelli del filato e del tessuto. Si ricorre alla tintura dei filati specialmente quando essi debbono servire alla fabbricazione di tessuti a più colori. Si ricorre generalmente alla tintura del tessuto, sia quando questo è destinato a ricevere un'unica tinta, sia quando esso deve essere sottoposto a operazioni successive di stampa (v. stampa dei tessuti).
Quantità di gran lunga inferiori di fibre tessili vengono tinte allo stato di fiocco, particolarmente fibre di cotone e di lana, la cui lunghezza assai limitata permette questo trattamento, mentre le fibre di seta e quelle di rayon, costituite da filamenti di grandissima lunghezza, lo escludono: fanno eccezione quelle varietà di fibre artificiali recentemente introdotte in commercio, costituite da segmenti più o meno lunghi di rayon (Sniafiocco, Vistra, ecc.) che possono venire tinte sotto forma di fiocco. Altro stato sotto il quale una certa quantità di fibre tessili viene tinta è quella del nastro di carda o stoppino (v. filatura). Variando gli stati su esposti nei quali si trova la fibra e le forme sotto cui si presenta (matasse, rocchi, ecc.), variano gli apparecchi in cui si compie la tintura.
È da tener presente che nella tintura sia di fibra in fiocco, sia di fibra in nastro o in filo, avvolto su rocche, subbî, ecc., si debbono osservare alcune precauzioni d'indole generale. In primo luogo è opportuno adoperare per la preparazione dei bagni di tintura acqua di condensazione o acqua molto dolce, escludendo quelle dure, per la facilità che esse hanno di dare dei precipitati che aderirebbero alla parte esterna deìle masse, dando luogo a irregolarità nella tinta e a difetti difficilmente rimediabili. In secondo luogo i coloranti devono essere perfettamente solubili, per ottenerne bagni la cui penetrazione nelle masse sia completa e uniforme: questa precauzione deve essere strettamente osservata per la tintura delle rocche crociate e dei subbî di tessitura. Per facilitare l'ottenimento di colorazioni vivaci, penetranti e uniformi, il tintore dispone oggi di un numero grandissimo di prodotti ausiliarî, umidificanti, emulsionanti, dispersanti e simili, il cui uso è di un aiuto grandissimo per la buona riuscita delle operazioni di tintura.
Tintura in fiocco. - L'operazione si compie in grandi cassoni di forma parallelepipeda o cubica, divisi o non in scompartimenti, contenenti la materia da tingere. Mediante una pompa rotativa si fa circolare il bagno in modo che la soluzione colorante cada in forma di pioggia sulla fibra, e venga raccolta alla parte inferiore del cassone, per essere rimessa in circolazione (fig.1).
Tintura dei nastri di carda. - Anche in questo caso si usano apparecchi del genere di quelli usati per la fibra in fiocco: solo che per la natura più delicata del materiale, costituito da fibre stirate e rese parallele dalla carda, parallelismo e stiratura che è assolutamente necessario conservare nel miglior modo per il successivo lavoro di filatura, si debbono prendere alcune precauzioni, allogando i nastri stessi, disposti in strati regolari, entro cassoni mobili che, a mezzo di un verricello, vengono introdotti nelle sterne di tintura, nelle quali l'operazione si compie mediante circolazione forzata del bagno.
Tintura dei filati. - Questi possono essere tinti sotto forma di: matasse, rocche crociate e subbî di tessitura.
Nella forma di matasse, che è la prima e la più antica che si sia usata e che ancor oggi è di vasta applicazione, la tintura può farsi manualmente o meccanicamente. Il metodo manuale è ancor oggi usato su vastissima scala, perché costituisce il sistema più economico, non richiedendo che un semplicissimo impianto. Il bagno di tintura viene preparato in grandi casse rettangolari, un tempo unicamente di legno, oggi spesso di metallo, denominate "barche", dotate di riscaldamento a vapore diretto o indiretto; le matasse vengono infilate su bastoni di legno duro, quando si tratti di materiale comune, di vetro o di metallo, quando si tratti di filati di valore o facili a deteriorarsi, come nel caso della seta o del rayon: allargate su detti bastoni quanto meglio possibile, esse vengono immerse nella barca e manovrate lisandole, cioè estraendole dal bagno e cambiandone ogni volta la posizione, in modo che col ripetersi dell'operazione tutta la lunghezza della matassa venga successivamente immersa regolarmente e uniformemente nel bagno. La buona riuscita dell'operazione dipende quindi, come è facile comprendere, dall'abilità e dall'attenzione degli operai che la compiono. È precisamente per ovviare agl'inconvenienti inevitabili di una lavorazione esclusivamente manuale, che, da lungo tempo, vennero ideate e messe in opera numerosissime macchine per la tintura meccanica delle matasse; fra le migliori quelle di Corron, Gée, Boden, Collyer, Klauder, Sykes e Heppenstall, Broadbent, Craven, Hanson, Wilson, Dehaître, Decock, Grandsire, ecc.
Una tra le più recenti e non ultima certamente come concezione e come praticità è quella del Rosina (fig. 2).
Quando è destinato a esser tinto sotto forma di rocche, il filato viene avvolto in spire incrociate su cilindretti cavi di metallo, forati alla superficie, i quali vengono montati su un asse, cavo, e in comunicazione con una pompa. La sostanza colorante, spinta dalla pompa, attraversando l'asse e i fori dei cilindretti viene a contatto con la fibra, cui dà la colorazione voluta. Anche per questa forma esistono molte disposizioni meccaniche, varianti tra di loro, più che altro per i particolari costruttivi, ma in sostanza quasi tutte di tipo assai analogo a quello dimostrato dalla fig. 3.
Da notare che per agevolare la completa e perfetta penetrazione del bagno nella massa del filato, la lavorazione viene compiuta sotto una certa pressione, variabile da caso a caso e da macchina a macchina.
Nel caso di subbî di tessitura, forma sotto la quale la tintura dei filati destinati a fornire la catena del tessuto va lentamente diffondendosi per la comodità e praticità che ne risulta, il filato è pure in questo caso avvolto su un subbio o cilindro cavo di metallo (ferro piombato, acciaio inossidabile, nichelina, metallo Monel, ecc.) del tutto simile ai subbi usuali di tessitura, ma munito di numerosissimi fori: il subbio, caricato di filato, viene introdotto o in un cassone aperto (fig. 4) o in una specie di autoclave (fig. 5), nella quale la penetrazione del bagno è favorita da una pressione esterna, oltre che dalla spinta della pompa.
Dopo la tintura, i filati o in matassa o in rocche o su subbî vengono lavati; se occorre saponati e nuovamente lavati, o sulla macchina stessa nella quale furono tinti o su altre; indi spremuti per eliminare quanto possibile l'acqua che essi trattengono. La spremitura delle matasse può farsi a mano avvolgendole strettamente su grossi pioli di legno duro chiamati caviglie o passandole tra due cilindri che vengono premuti fortemente l'uno contro l'altro o sottoponendole all'azione di una centrifuga nel cui paniere, ruotante a velocità grandissima, esse vengono collocate (fig. 6). La spremitura per mezzo della forza centrifuga è poi l'unica con la quale possano essere trattate le rocche e i subbî: per le rocche, l'albero sul quale esse sono infilate per la tintura, una volta terminati i lavaggi, può venire collocato su un perno ruotante a grande velocità, con che l'acqua viene rapidamente eliminata. Per i subbî, una operazione analoga viene eseguita mediante macchine del tipo di quella rappresentata dalla fig. 7. Dopo la spremitura, il filato deve essere asciugato: le matasse si distendono su verghe metalliche o di legno duro sospese in camere percorse da corrente di aria calda o vengono asciugate in macchine speciali; le rocche e i subbî si asciugano direttamente nella centrifuga di spremitura, mediante dispositivi che permettono di far passare negli assi forati una forte corrente di aria calda.
Tintura dei tessuti. - Si può ritenere, con una certa approssimazione, che almeno la metà delle fibre tessili in uso viene sottoposta alla tintura sotto forma di tessuto. Essendo del tutto escluso che si possano tingere regolarmente, con mezzi manuali, quantità appena notevoli di tessuto, fino da tempi remoti furono studiate disposizioni meccaniche atte a compiere questo lavoro con la necessaria regolarità e col più piccolo dispendio di mano d'opera. Il metodo più antico, qualche cosa di mezzo tra la lavorazione a mano e quella del tutto meccanica, è quello del telaio a stella. Sulle due braccia, munite di uncini disposti secondo una spirale, viene agganciato il tessuto: il telaio viene immerso nel bagno di tintura contenuto in casse di legno per un certo tempo, estraendolo per capovolgerlo e introdurlo nuovamente e ripetendo l'operazione fino a che la tintura sia completa. Il sistema, oggi caduto in completo disuso nell'industria, è ancora usato in casi particolari, come quello di tessuti stampati con riserve di difficile conservazione e maneggio o per articoli di una finezza estrema, per i quali qualsiasi trattamento esclusivamente meccanico può essere nocivo. Le macchine usate per la tintura dei tessuti si possono dividere in due grandi categorie: 1. quelle nelle quali il tessuto viene trattato sotto forma di corda, cioè raccolto in pieghe longitudinali, lunghe quanto è lungo il tessuto stesso; 2. quelle nelle quali invece il tessuto viene trattato in largo, cioè disteso in tutta la sua larghezza in modo da non formare pieghe, né longitudinali né trasversali.
Una delle forme da lungo tempo adottate per macchine per tingere in corda è quella rappresentata dalla fig. 8, apparecchio che ancor oggi, salvo modificazioni introdotte nei particolari e nel materiale, è in uso in molte tintorie. È costituito da una tina di ghisa o di legno (oggi abbastanza spesso di metalli inossidabili) munita di riscaldamento diretto e indiretto, destinata a contenere il bagno di tintura; in essa il tessuto viene introdotto e fatto circolare o a forma di spirale o a forma di anello chiuso costituito dalla pezza cucita su sé stessa ai due capi. La disposizione dipende dal materiale che si deve trattare, dal suo peso, dalla lunghezza, dall'intensità della tinta da ottenere ecc. Qualora il tessuto da tingere sia particolarmente delicato, come tessuti di seta molto fini, mussole di lana molto leggiere e simili, si usa il tipo di macchina per tingere in largo (fig. 9), nella quale il tessuto non subisce nessuno stiramento e non corre quindi pericolo di esser deformato o altrimenti guastato. La macchina che però ha avuto da molti anni applicazioni vastissime, e ancor oggi si può dire sia la più generalmente usata per la tintura in largo di tessuti di ogni genere, è il cosiddetto "jigger" (figg. 10-11). È costituita da una cassa a sezione trapezia sui bordi della quale sono posti due cilindri mossi o da cinghia o da motore elettrico direttamente accoppiato: il tessuto avvolto su uno di essi si svolge per arrotolarsi sull'altro, passando attraverso il bagno di tintura, nel quale è mantenuto immerso da una serie di rulli ruotanti nella vasca stessa: finito il passaggio si inverte la marcia del motore e il tessuto rifà in senso inverso la stessa strada; l'operazione viene ripetuta quante volte occorre perché la colorazione voluta sia raggiunta: dopo di che il tessuto viene asportato e passato a una macchina per lavare, indi spremuto e asciugato.
Alcuni difetti di queste macchine, come quello di una non uniforme tensione del tessuto, durante il suo svolgimento, di una velocità non costante del tessuto dovuta al continuo variare di diametro del cilindro traente, con conseguente non perfetta uguaglianza d'intensità di colorazione, ecc., sono stati eliminati nei modelli più recenti (fig. 11) con dispositivi di regolazione automatica di tensione e con l'impiego di motori elettrici indipendenti, anch'essi regolabili automaticamente, di modo che si può dire che oggi il "jigger" è una macchina da tingere rispondente a tutte le esigenze, potendosi trattare con essa tessuti anche di grande finezza e leggerezza, senza temere di vederli danneggiati da tensione irregolare, da formazione di pieghe longitudinali, ecc. Altra macchina per tingere in largo è il cosiddetto "foulard" (fig. 12) o macchina da impregnare (v. stampa dei tessuti). Essa serve a impregnare i tessuti in bagni di mordente o di sostanze ausiliarie, e anche alla produzione rapida e intensiva di colorazioni chiare, medie, spesso anche scure: a quest'ultimo scopo, facile del resto a raggiungere, se si vuole, con un secondo passaggio nel bagno colorante, si giunge anche con speciali dispositivi di macchina a più cilindri, mediante i quali il tessuto passa più volte nel bagno, prima di essere definitivamente spremuto e poi asciugato. Questo tipo di macchina è il più indicato per il trattamento di tessuti leggieri o medî, essendo intuitivo che tessuti pesanti, fitti e molto battuti, difficilmente potranno essere perfettamente penetrati dal bagno colorante con un solo o anche doppio passaggio. Altro tipo di macchina per tingere in largo tessuti di ogni genere, purché di non eccessivo peso e di una certa resistenza per potere sopportare la tensione che in essa inevitabilmente si produce, è la cosiddetta "continua", specialmente usata nella tintura con colori a tino (figg. 13 e 14). Essa è costituita da una grande tina o da due tine piccole di lamiera di ferro contenenti il bagno colorante, nelle quali il tessuto vien fatto circolare mediante cilindri fissati su telai immersi nel bagno stesso; all'uscita della tina e fra una tina e l'altra, nel caso di due tine accoppiate, il tessuto viene fortemente e regolarmente spremuto, e poi viene fatto passare all'aria per un percorso più o meno lungo, durante il quale la sostanza colorante si riossida e così si fissa sulla fibra. Dopo l'ossidazione il tessuto viene condotto ad altra macchina da lavare in largo o in corda, indi nuovamente spremuto e asciugato.
Tintura della lana. - Per ciò che concerne i trattamenti che la lana deve subire prima della tintura, v. candeggio.
Tintura della lana con colori naturali. - L'impiego dei coloranti naturali, di origine sia vegetale, sia animale, è oggi ridotto a ben poca cosa, tanto per la lana, quanto per la seta e per il cotone. Le sole sostanze naturali che conservino ancora una certa importanza per la lana sono il campeggio in prima linea e poi, ma a grande distanza, il quercitrone, il legno giallo, la terra cattù, tutte provenienti dal regno vegetale, e la cocciniglia proveniente dal regno animale. Il campeggio, il cui principio colorante è l'ematina, è talora e in alcuni casi ancora usato per ottenere colorazioni nere mediante impiego di sali di ferro o di cromo; i neri al ferro sono di una buona resistenza alla luce, all'aria e all'uso; quelli al cromo resistono meglio alle operazionì di follatura e agli acidi. La tintura si fa mordenzando prima la lana con ferro o cromo e tingendo poi con soluzioni di ematina, addizionata o non di quercitrone o di legno giallo per correggere la tinta, in taluni casi troppo bluastra. Servendosi di mordenti di ferro, si può procedere anche alla mordenzatura in uno con la tintura; coi sali di cromo invece si deve sempre procedere prima alla mordenzatura, seguita dalla tintura. Una buona mordenzatura per nero con ferro si ottiene facendo bollire per 11/2-2 ore la lana in un bagno contenente del solfato ferroso, del solfato di rame e del tartrato acido di potassio; dopo di che la fibra spremuta viene introdotta nel bagno di tintura ove viene manovrata per circa un'ora all'ebollizione. Per la mordenzatura in cromo si ricorre a un bagno contenente del bicromato di sodio o di potassio, addizionato di acido solforico, nel quale la lana viene trattata all'ebollizione per un'ora circa; si estrae, si spreme e si tinge come sopra indicato. Il legno giallo, il quercitrone e più raramente la terra cattù servono, come si è detto, per la lana, ma sempre in combinazione col campeggio per ottenerne tinte composte. La cocciniglia, che si tinge su lana mordenzata con cloruro stannoso, in presenza di acido ossalico e bitartrato di potassio fornisce un bello scarlatto, che ha ancora qualche applicazione.
Tintura con colori artificiali. - Infinitamente più importante, e oggi si può dire quasi esclusivo, è l'impiego dei coloranti artificiali.
a) Con colori acidi. La serie dei coloranti acidi è di particolare importanza per le fibre animali, lana e seta. Su lana se ne ottengono colorazioni di grande vivacità, dotate di qualità di resistenza differenti l'una dall'altra, ma in generale sufficienti per permetterne l'applicazione a un numero grandissimo di articoli. La massima parte di essi si tinge in bagno acido, procedimento molto semplice e di facile applicazione: i bagni di tintura vengono preparati acidificando con acidi minerali (acido solforico) o organici (acetico, formico) o con sali acidi (bisolfato sodico, ammonico, acetato di ammonio, ecc.), il più spesso con miscuglio di un acido con un sale acido: scopo dell'aggiunta di un acido forte al bagno è di mettere in libertà l'acido colorante, in modo che esso possa fissarsi sulla lana, che funziona da base. Si deve infatti tener presente che i colori acidi sono in massima dei sali alcalini di acidi solfonici, i quali costituiscono precisamente il principio colorante, che, posto in líbertà, si combina con la fibra, eolorandola. L'aggiunta dei sali, in questo, come del resto in tutti i sistemi di tintura in generale, ha lo scopo di moderare l'affinità della fibra per l'acido colorante e permettere una tintura regolare e uniforme: così l'aggiunta di sali come l'acetato o il solfato di ammonio, i quali lentamente si dissociano mettendo in libertà l'ammoniaca, che viene trascinata dal vapor d'acqua, e l'acido, il quale a sua volta contribuisce a liberare l'acido colorante con azione meno rapida di quella sviluppata dall'acido minerale. La scelta dell'acido e dei sali da usare e le relative proporzioni dipendono dalla natura dei coloranti prescelti, come pure dalla qualità della merce che si deve tingere. Preparato il bagno con l'aggiunta dell'acido e del sale, lo si riscalda a temperatura variabile da 40° a 60°, s'introduce la lana e nello spazio di una ventina di minuti si porta all'ebollizione, che si mantiene per circa 3/4-1 ora, dopo di che si estrae, si lava, si spreme e si asciuga. Se l'operazione è condotta con le dovute regole e la campionatura era stata perfettamente curata, il bagno deve essere completamente esaurito o quasi e può esser gettato, a meno che debba servire per tinture successive dello stesso tipo e colore. È anzi da osservare che, quando lo si può fare, l'impiego di bagni vecchi è non solo economicamente utile, ma tecnicamente vantaggioso, in quanto su di essi le tinture, sebbene più lentamente, uniscono meglio che su bagni freschi. Nella serie dei coloranti acidi il tintore può trovare gli elementi per produrre su lana qualsiasi tipo di colorazione, comprendendo questa serie una gamma assolutamente completa di colori, dai più chiari (gialli, rosa, ecc.) ai più scuri e intensi, come neri e bruni. È da ricordare altresì che alcuni tipi speciali di colori acidi possono essere tinti in bagno neutro, contenente cioè solamente solfato di sodio, costituendo così una specie di termine di passaggio tra i veri colori acidi e quelli diretti.
b) Con colori diretti o sostantivi. Come dice il nome, questi colori tingono direttamente la fibra, senza bisogno di mordenzarla né di aggiungere il mordente al bagno. Sebbene siano indieati in modo tutto particolare per la tintura delle fibre vegetali e artificiali, non pochi tra essi possono essere applicati alla tintura della lana, per il loro modo di tintura assai semplice e perché in generale forniscono colorazioni discretamente solide alla follatura e spesso anche al lavaggio e alla luce. La loro applicazione si fa in bagno contenente solfato di sodio oppure un miscuglio di solfato sodico e acetato ammonico. Anche in questo caso si scalda il bagno a circa 50°, prima d'introdurre la merce, indi si porta all'ebollizione in una ventina di minuti, mantenendola per circa un'ora. Per esaurire bene il bagno, in ultimo si aggiunge una piccola quantità di acido acetico. In tesi generale i colori sostantivi su lana sono impiegati solo per tinte scure e su materiali non eccessivamente fini, data la tendenza che essi hanno di dare delle punteggiature assai visibili in colorazioni chiare. Vi sono però alcune applicazioni speciali, quali la tintura dei feltri da cappelli e specialmente per i fez, per le quali alcuni coloranti diretti speciali forniscono colorazioni solidissime alla luce e quindi molto indicate per l'uso al quale questo materiale è destinato. In questo caso si tinge in presenza di solfato di sodio neutro, addizionato di una certa quantità di solfato acido.
c) Con colori allo zolfo. Questa categoria di coloranti, che è di un interesse notevole per le fibre vegetali, ha invece poca importanza per le fibre animali, ciò che è facile comprendere dato che la loro applicazione esige la preparazione di bagni fortemente alcalini, la cui azione è estremamente nociva alle fibre animali. Tenendo inoltre presente la considerazione che le colorazioni fornite da colori allo zolfo su lana sono molto poco vivaci e solide, il problema di servirsene per questa fibra, sebbene abbia fatto oggetto di studî e di ricerche per trovare la maniera di proteggere la fibra dall'azione degli alcali, è stato, si può dire, messo totalmente in disparte.
d) Con colori basici. È questa una categoría di colori che può dare discreti risultati su lana; tuttavia essi non hanno grande applicazione per il fatto che sia i colori acidi di cui sopra, sia quelli a mordente di cui più avanti, forniscono al tecnico una tale varietà di sostanze coloranti, notevoli le prime specialmente per la loro grande vivacità, le seconde per la loro ottima solidità, che le tinte ottenute coi colori basici non possono reggere al confronto sotto nessun aspetto. Tuttavia per il fatto che, data la loro natura basica, essi in presenza della funzione leggermente acida della lana sono bene assorbiti e dànno colorazioni molto unite, trovano ancora alcune forme d'applicazione. La tintura avviene in bagno neutro, avendo presente che se l'acqua di cui ci si serve è, come di solito, calcarea, conviene correggerne la durezza con l'aggiunta di piccole quantità di acido acetico, quanto basti per saturare i sali alcalino-terrosi presenti, più un piccolissimo eccesso, che favorisce la penetrazione e l'uniformità della tinta: un eccesso troppo forte di acido ne impedirebbe una buona e regolare fissazione. Nel tingere non conviene oltrepassare la temperatura di 90°. Trovano applicazione specialmente per filati da maglierie e per articoli a buon mercato, come tessuti e drappi di lana meccanica.
e) Con colori a mordente. Sotto questo nome si comprendono, da un lato, alcune serie di materie coloranti, le quali richiedono per la loro fissazione la presenza preliminare o contemporanea alla tintura di un mordente metallico, dall'altro un certo numero di altri coloranti i quali, pur non richiedendo in modo indispensabile la presenza di un mordente, pure, se trattati con un sale metallico sia prima, sia durante, sia dopo la tintura, ne acquistano così notevoli proprietà di solidità e resistenza, da venire compresi in questa categoria. La classe dei coloranti a mordente, oltre che le sostanze coloranti naturali già menzionate, comprende i numerosissimi colori di alizarina, di tiazina, del trifenilmetano, di oxazine, ecc. Se a questi si aggiungono tutti quelli che dall'applicazione per così dire facoltativa di un mordente derivano un notevole miglioramento delle loro qualità di resistenza, si ha una serie estesissima di prodotti che forniscono i mezzi per tingere qualsivoglia articolo e soddisfare a quasi tutte le esigenze. Come si è detto, l'applicazione del mordente può avvenire sia prima, sia durante, sia dopo la tintura. La scelta del metodo da seguire dipende principalmene da quella dei coloranti usati.
Il metodo più comune è quello nel quale il mordente è usato dopo la tintura, eseguendo il trattamento col sale metallico sia nello stesso bagno di tintura, dopo che questa è terminata, sia portando la merce in altro bagno. Come mordente si ricorre generalmente o a un sale di cromo, come il fluoruro, o a un sale ossidante, come il bicromato sodico o potassico, addizionato o meno di solfato di rame. Nel primo caso si ha la semplice combinazione della sostanza colorante con l'ossido metallico; nel secondo, oltre la formazione della lacca (colorante + metallo), si ha un fenomeno di ossidazione; è quindi evidente che questa variante può essere applicata solo quando l'ossidazione non è dannosa alla sostanza colorante. I trattamenti con sali metallici devono sempre essere fatti all'ebollizione e prolungati per almeno 3/4-1 ora. L'applicazione del fluoruro di cromo conviene specie per la produzione di belle e nutrite colorazioni turchine medie e scure, con quasi tutti i coloranti di alizarina di questo tipo.
Il metodo di mordenzatura contemporanea alla tintura è applicabile solo a un numero limitato di sostanze coloranti e di una comodità notevole; però con esse si ha una maggiore difficoltà a ottenere tinte ben unite e ben penetranti; inoltre i bagni si esauriscono assai meno bene, di modo che si ha facilmente spreco di colorante. Il sale ordinariamente usato è il bicromato potassico che, sciolto a parte, si aggiunge al bagno di tintura, prima d'introdurvi la merce, tingendo poi per almeno 11/2 ora; in ultimo, per facilitare quanto possibile l'esaurimento del bagno, si aggiunge del solfato acido di sodio.
La mordenzatura preventiva, sebbene richieda più attenzione e maggiori cure da parte del tintore, pure ha ancora larga applicazione nel caso di lane non perfettamente purgate prima della tintura, perché con questo metodo si ottengono abbastanza facilmente colorazioni ben unite e resistenti allo sfregamento, che invece difficilmente si potrebbero avere con gli altri sistemi. Seguendo questo procedimento la lana viene preventivamente mordenzata, trattandola con bicromato di potassio e acido solforico, in modo del tutto analogo a quello indicato per la tintura con sostanze coloranti naturali; oppure trattandola con un sale di cromo, come il fluoruro, oppure, ancora in casi speciali, come per la tintura in rosso di alizarina, con mordente di allumina; e finalmente, quando si vogliano tinte particolarmente solide alla follatura, con bicromato sodico o potassieo addizionato di sali di rame. Assai più raramente e in generale solo con coloranti naturali si usano, per le mordenzature della lana, sali di ferro e di stagno.
f) Con colori a tino. Questa categoria di coloranti, di grandissima importanza per la tintura delle fibre vegetali, ne ha assai meno per quelle animali a causa delle condizioni nelle quali è indispensabile effettuarne l'applicazione. È infatti noto che i coloranti a tino, di per sé in generale costituiti da sostanze insolubili, debbono, per potere sviluppare il loro potere tintorio, essere trasformati nei loro derivati idrogenati o leucoderivati e questi resi solubili con aggiunta di alcali caustico: è precisamente la presenza inevitabile in questi bagni di tintura di quantità sensibili di alcali caustici, che rende difficile e pericolosa la loro applicazione alle fibre tessili animali. Sotto questo punto di vista occorre però fare una distinzione per l'indaco, che può, nel caso della lana, essere usato con quantità relativamente piccole di alcali caustico, ciò che ne facilita l'impiego, tanto vero che l'indigotina conta ancor oggi tra le sostanze coloranti aventi una certa importanza per questa fibra; mentre i colori a tino, per le quantità assai maggiori di soda caustica che richiedono, non hanno ancora avuto grandi applicazioni.
La tintura con indaco si può fare seguendo due metodi: uno, quello del tino a fermentazione, l'altro, quello del tino a riduzione a base di zinco e calce oppure di idrosolfiti. Il primo metodo, usato esclusivamente nei tempi passati, ancor oggi in uso qua e là e in piccoli impianti, è basato sull'azione riducente che alcuni batteri della specie Amylobacterius esercitano sull'indigotina, la quale in loro presenza fissa dell'idrogeno, trasformandosi in indaco bianco, solubile in presenza di alcali caustico. Questi batterî si trovano non solo nell'aria, ma anche e specialmente nella crusca di frumento, nell'indaco naturale e specialmente sul fusto e sulle foglie del guado o Isatis tinctoria. La tina di fermentazione si prepara mescolando, nella voluta quantità d'acqua, l'indaco con crusca o con guado e con soda Solvay (carbonato sodico secco), e scaldando non oltre 50°-60° fino a riduzione dell'indigotina; nel bagno così preparato s'introduce la lana e la si manovra fino a che essa abbia assorbito il colorante nelle volute proporzioni; dopo di che si estrae, si spreme e si lascia ossidare all'aria. La lana, avendo una discreta affinità per l'indaco bianco, lo fissa con relativa facilità assai bene e molto intimamente, cosicché le tinture così ottenute sono assai solide e resistenti. La tintura col tino all'idrosolfito o alla calce e zinco si applica quando si debbano tingere quantitativi notevoli di fibra, perché permette un lavoro più regolare e più produttivo; oltre a ciò i tini all'idrosolfito sono assai meno ingombranti di quelli di fermentazione; questi infatti debbono essere di grandi dimensioni, per permettere alle quantità notevoli di sostanze estranee in essi contenute di depositarsi sul fondo senza ostacolare la tintura, ciò che non è necessario nei tini all'idrosolfito. Per contro questi richiedono, in luogo di carbonato, l'impiego di soda caustica o ammoniaca: la tintura deve quindi essere accuratamente sorvegliata, per evitare in modo assoluto un eccesso anche leggiero di alcali, se non si vuol correre il pericolo di vedere la fibra attaccata; pericolo tanto più evidente, in quanto che, anche in questo caso, la tintura deve esser eseguita alla temperatura di 50° circa. Il tino alla calce e alla polvere di zinco ha oggi perduto assai della sua importanza e viene usato solo in qualche caso e in taluni paesi, che ne conservano la tradizione.
Quando per ragioni speciali si ricorre alla tintura con colori a tino propriamente detti, si usa il tino all'idrosolfito alcalinizzato con ammoniaca e con aggiunta di colla animale, il cui effetto è di agevolare la sospensione e la soluzione in forma colloidale delle sostanze coloranti ridotte. Alla colla si associano ora quasi sempre alcune sostanze dotate di potere protettivo contro l'alcali, come le liscivie della fabbricazione della pasta di legno e alcuni nuovi prodotti come il Protectol.
g) Tintura con indigosoli. Risultati assai analoghi a quelli che si ottengono coi colori a tino, senza incorrere nei pericoli a questi inerenti, si hanno coi coloranti detti "Indigosol". Come è noto, essi sono degli eteri-sali di leucoderivati di colori a tino, che godono della proprietà di essere facilmente solubili in acqua; le loro soluzioni applicate in diversi modi, su fibre tessili d'ogni natura, rigenerano facilmente i coloranti dai quali hanno origine, fornendo colorazioni dotate di brillantezza e di resistenza all'incirca uguali a quelle ottenute direttamente dai colori a tino originali. E poiché l'impiego di questi coloranti esclude l'uso di alcali caustici, è facile a mezzo loro produrre su lana tutte le colorazioni che la serie consente. Il metodo di tintura da seguire è per alcuni di essi del tutto analogo a quello usato per i colori acidi, cioè in bagno bollente, in presenza di acido acetico o formico. Per altri si debbono invece seguire metodi diversi, ma che tuttavia permettono di produrre un'assai estesa gamma di colorazioni, pregevolissime sotto ogni rapporto, senza timore di vedere indebolita la resistenza e le qualità essenziali della lana. Solo ostacolo a una più grande adozione di questi coloranti è il loro costo oggi ancora assai elevato.
h) Tintura per formazione diretta di colori su fibra. In questa categoria sono noti, per le fibre vegetali e in parte anche per le artificiali, numerosi e interessantissimi procedimenti di tintura, tutti basati sulla produzione di sostanze coloranti, formate direttamente sulla fibra, o per ossidazione di taluni prodotti chimici (nero di anilina, bruni di parafenilendiammina, di amidofenoli, ecc.) o per combinazione (copulazione) di fenoli con amine diazotate (colori al ghiaccio su beta-naftolo, colori su naftoli AS). Nessuno di questi procedimenti è oggi applicato industrialmente su lana. Tentativi numerosi furono fatti per riuscire a ottenere regolarmente un buon nero di anilina su lana, ma i risultati furono in generale tali da non incoraggiare a farne applicazione in grande. Lo stesso si deve dire per quanto concerne l'ottenimento di colorazioni derivanti da combinazione di fenoli con ammine, per le quali la necessità d'impiegare soluzioni alcaline per soda caustica per la mordenzatura della fibra ne vieta l'uso regolare su questa fibra. È da augurarsi che il lavoro di ricerca, che in questo campo non è stato mai abbandonato, possa condurre a risultati i quali permettano di estendere alla tintura delle fibre animali l'applicazione di procedimenti e di sostanze coloranti che, per le fibre vegetali, hanno, da tempo, assunto importanza grandissima.
Tintura della seta. - La seta viene tinta in tre differenti stati: 1. di seta cruda, la quale cioè non ha perduto nulla della sua sericina; 2. di seta addolcita o souple, quando è stata in parte privata della sericina; 3. di seta cotta, quando la sericina è stata del tutto eliminata nelle operazioni preliminari della tintura (v. candeggio: Seta). Le sostanze coloranti usate e i metodi seguiti per la tintura di queste varietà di seta, siano esse state assoggettate o meno alla carica, non variano gran che dall'un caso all'altro: ci limiteremo a dire perciò della tintura nelle sue linee generali, procedendo come abbiamo fatto per la lana.
Tintura con sostanze coloranti naturali. - Contrariamente a quanto si verifica per la lana, una sostanza colorante naturale conserva tuttora una grandissima importanza per la tintura della seta: l'ematina, proveniente dal legno dell'Hematoxylon Campechianum; senza il suo impiego sarebbe assai difficile concepire la produzione delle ingentissime quantità di seta che vengono annualmente tinte in nero, sia sotto forma di filato, sia sotto quella di tessuto. Si tratta di un procedimento di una complessità e di una variabilità grandissima, che si è venuto elaborando solo attraverso una pratica secolare. Il procedimento fondamentale consiste in via generale nel formare sulla fibra una lacca di tannato di ferro, immergendola alternativamente in soluzioni di sali ferrosi o ferrici e in bagni di sostanze tanniche (estratto di sommacco, di dividivi, di tannino, di mirabolano, ecc.) e tingendo con estratto di campeggio, solo o associato a qualche altro colorante naturale o a colori artificiali, basici o acidi, destinati a dare alla colorazione finale la tonalità voluta. E poiché la seta tinta in nero è quella che per lunga consuetudine è assoggettata a una carica, spesso molto elevata, è norma generale quella di procedere contemporaneamente alla tintura e alla carica. Il procedimento di uno dei tanti metodi oggi in uso è il seguente. La seta addolcita viene passata una, due e occorrendo tre volte, in un bagno di ferruggine (solfato ferrico basico) a 30° Bé; fissato con questi passaggi il necessario quantitativo di ossido-idrato ferrico occorrente, si procede alla formazione sulla fibra di un precipitato di blu di Prussia, mediante ripetuti passaggi in un bagno di ferrocianuro di potassio reso fortemente acido con acido cloridrico e scaldato a 60°. La formazione di questo fondo azzurro è indispensabile perché il nero abbia il riflesso turchino, che è in generale richiesto dal consumo. Si ripetono i passaggi in ferruggine e in prussiato una seconda volta, ottenendo così una carica o aumento di peso di circa il 20%. Si lava e si passa in un bagno di terra cattù o di Gambier (prodotto assai analogo alla terra cattù e proveniente dalla Uncaria Gambir), manovrando per un'ora circa a 80°-90°; indi si lascia in questo bagno per alcune ore (di solito tutta la notte); si estrae, si torce o si spreme e si tinge una prima volta con ematina in presenza di sapone; si spreme, si lava, si passa in un bagno tiepido di carbonato sodico, si lava di nuovo e s'introduce in un bagno di pirolignito di ferro, destinato a correggere la sfumatura verdastra che il nero ha preso durante questi trattamenti; dal bagno di pirolignito la fibra viene nuovamente passata in terra cattù, o Gambier, indi tinta una seconda volta con campeggio o con ematina pura, non oltrepassando i 70°. A quest'ultimo bagno di tintura, seguito dai necessarî saponaggi, segue l'"avvivaggio" (v. appresso). Con un procedimento come quello su descritto, la carica che si ottiene può essere del 30-40%, ma poiché le esigenze ordinarie vanno quasi sempre molto al dilà di questa percentuale, nella maggior parte dei casi si ricorre a metodi di tintura assai più lunghi e complicati.
Tintura con colori artificiali. - a) Con colori acidi. I coloranti acidi sono forse i più usati su seta, poiché forniscono su di essa una vastissima gamma di colorazioni, abbastanza solide in generale ai lavaggi e alla luce e dotate nella massima parte di qualità notevoli di brillantezza e vivacità. La tintura con questi coloranti ha luogo in bagno di sapone di sgommatura, addizionato di acido acetico o formico o solforico, fino a che la soluzione di sapone appaia "tagliata", cioè bene emulsionata e abbia reazione leggermente acida. In questo bagno, non ancora addizionato di colorante e scaldato a circa 50°, s'introduce la fibra, la si manovra per alcuni minuti, indi la si estrae, s'introduce il colorante ben disciolto, si rimette la seta e si tinge aumentando lentamente la temperatura fino all'ebollizione e mantenendola per il tempo necessario; indi si estrae, si lava e si avviva. In taluni casi invece che in bagno di sapone acidulato, si tinge in bagno di sapone con aggiunta di solfato sodico e talora di fosfato sodico. Il metodo è impiegato soprattutto quando si tratti di tingere sete a carica molto elevata. Il sapone di sgommatura è costituito dal bagno di sapone bollente, nel quale ha avuto luogo la cottura della seta e la sua sgommatura, che, come si è detto, può essere totale o parziale: detto bagno che, nell'operazione della sgommatura, si è caricato di quantità notevoli di sericina, gode di proprietà speciali, che lo rendono prezioso in quasi tutti i procedimenti di tintura della seta e viene perciò conservato per la successiva utilizzazione. Qualora non si disponesse di bagno di sgommatura, lo si sostituisce con un bagno di sapone di Marsiglia, cui si aggiunge una certa quantità di colla animale, di olio di oliva e la quantità necessaria di acido per ottenere la voluta emulsione.
b) Con colori diretti o sostantivi. Si usano anch'essi molto di sovente, specialmente per qualità di seta meno fine. Si tingono in bagno di sgommatura acidulato per acido acetico, con aggiunta di una certa quantità di solfato sodico; per esaurire il bagno si aggiunge in ultimo ancora una piccola quantità di acido. Anche su seta, quei coloranti sostantivi che si prestano possono essere, dopo la tintura, trattati con sali metallici, specialmente di cromo e di rame, ottenendosene una migliore solidità alla luce e ai lavaggi: risultati analoghi si ottengono con formaldeide. Ugualmente servendosi delle marche speciali a ciò indicate, si possono ottenere tinture molto solide sotto ogni aspetto, diazotando, e copulando con amine o con fenoli.
c) Con colori basici. Sebbene d'importanza assai minore, pure questa categoria di coloranti ha ancora un campo abbastanza vasto di applicazione su seta. Si tingono, in tinte medie e scure, su bagno di sgommatura, acidulato con acido acetico; in tinte chiare, su bagno di sapone di Marsiglia, non oltrepassando 80°-90°. Se si vuole aumentare la solidità ai lavaggi, si tratta la fibra tinta in un bagno tiepido di tannino, cui si fa seguire un passaggio in bagno freddo di un sale di antimonio. Indi si lava e si avviva.
d) Con colori allo zolfo. Sono raramente usati su seta; occorrendo, si tingono o col metodo al solfuro sodico o con quello all'idrosolfito. Tanto in un caso quanto nell'altro, occorre usare molta attenzione perché l'alcalinità del bagno di tintura non attacchi la fibra; a tale scopo giovano aggiunte di glucosio o lattato acido di sodio, meglio ancora di Protectol.
e) Con colori a mordente. Sebbene anche questa categoria di coloranti non abbia applicazioni molto vaste su seta, pure merita di essere menzionata, perché i colori ad essa appartenenti dànno colorazioni notevoli per la loro pienezza e profondità, specialmente nei toni scuri di blu, verde, bruno, ecc. La mordenzatura della seta si ottiene principalmente coi sali di alluminio e con quelli di cromo; molto raramente si usano i sali di ferro, eccezione fatta per la lavorazione dei neri, di cui fu dato ampio cenno. Il sale di alluminio più usato è il solfato esente da ferro; si ottiene, in generale, immergendo la seta nei bagni metallici indicati e lasciandovela per alcune ore, il più sovente per una notte; dopo di che si estrae e si tinge su bagno di sgommatura, leggermente acidulato con acido acetico, eccezione fatta per i rossi di alizarina, che devono agire in bagno neutro.
f) Con colori a tino. Anche questa classe di coloranti è relativamente di assai limitata applicazione su seta; la ragione ne è la stessa già indicata per la lana, cioè l'effetto dannoso dell'alcali caustico sulla fibra. Tuttavia, facendo una. rigorosa scelta nella serie ormai grandissima di colori a tino oggi sul mercato e attenendosi a quelli che richiedono le quantità minori di alcali caustici e che si tingono a temperatura bassa, e ricorrendo all'impiego di sostanze dotate di potere protettivo per la seta, si può giungere a risultati che, mentre sono più che soddisfacenti dal punto di vista della resistenza e lucentezza della fibra, sono ottimi per la veramente grande solidità delle colorazioni. Queste osservazioni valgono per filati e tessuti fini; per la schappe e per filati grossolani, come quelli usati per ricami, si può procedere con meno riguardo e impiegare anche quei coloranti, per i quali la tintura deve farsi a temperatura elevata. La solubilizzazione, ossia la riduzione dei coloranti prescelti, può avvenire sia in tina separata (tina madre), sia nella tina stessa di tintura secondo il colorante adoperato. In entrambi i casi però si deve usare acqua quanto più dolce possibile. La tintura procede come di solito; raggiunta la tinta voluta, si estrae, si centrifuga o si spreme, si lascia ossidare all'aria per alcuni minuti, si passa in acido leggiero, si lava, indi s'insapona con sapone di Marsiglia per una mezz'ora circa e a una temperatura prossima a quella dell'ebollizione, indi si lava, si avviva con un passaggio in bagno acido e si asciuga. L'operazione della saponatura prolungata e a temperatura elevata è indispensabile per dare alla tinta ottenuta tutta la solidità che le è propria. L'agente di riduzione è sempre l'idrosolfito in presenza di soda caustica e di solfato sodico; quasi sempre, specialmente per tinte medie e chiare, si aggiungono al bagno di tintura, oltre i prodotti destinati a proteggere la fibra, anche sostanze che rallentano la rapidità della tintura e permettono una migliore egualizzazione e una buona uniformità (solforicinati, colle, ecc.). È da ricordare che per la seta, l'indaco, contrariamente a quanto avviene per la lana, non ha nessuna importanza speciale.
g) Con colori indigosol. Anche per la seta la comparsa di questi interessantissimi coloranti ha segnato un notevole progresso, in quanto che, come si è detto, essi si possono tingere escludendo completamente ogni impiego di sostanze alcaline e ottenendosene belle e vivaci colorazioni, dotate di ottime qualità di resistenza. In generale i colori indigosol sono da consigliarsi solo su seta non caricata. Anche per questi coloranti occorre in massima un trattamento finale prolungato in bagno di sapone quasi bollente, per averne tutto il rendimento e tutta la solidità voluta.
h) Con colori d'ossidazione. Non hanno importanza né applicazione su seta.
i) Con colori ottenuti per combinazione sulla fibra. L'applicazione dei comuni colori al ghiaccio, ottenuti con l'impiego del beta-naftolo, non ha mai dato su seta risultati degni di nota, nonostante i numerosi tentativi fatti e gli studî intrapresi allo scopo. Per contro, il naftolo AS e i numerosi analoghi di esso hanno potuto, mediante modificazioni opportune introdotte nel metodo di applicazione, trovare un certo impiego su seta purgata, non caricata. Anche in questo caso l'ostacolo principale da superare era la necessità di impiegare sostanze alcaline per la preparazione del bagno di naftolo; la possibilità però di tenere la proporzione di soda caustica entro limiti sufficientemente ristretti, la possibilità di mordenzare a temperatura relativamente assai bassa (20°-25°) e il fatto che alcune delle sostanze protettrici già menzionate, oltre a spiegare un'azione specifica di conservazione verso le qualità caratteristiche della seta, esercitano anche una favorevole influenza sulla regolarità della tintura, hanno fatto sì che questa nuova classe di coloranti presenti oggi un interesse non trascurabile per la lavorazione delle sete fini, ed è assai probabile che questo interesse vada aumentando col tempo e si riesca in un avvenire non lontano a introdurre nella lavorazione corrente e normale di questa fibra anche questa categoria di coloranti dotati di proprietà così notevoli sotto ogni rapporto.
Avvivaggio della seta. - È un'operazione indispensabile come fase finale conclusiva di tutti o quasi tutti i sistemi di tintura oggi usati per la seta. Come è universalmente noto, le qualità specifiche della seta, sia in filato, sia in tessuto, sono una brillantezza e una lucentezza inimitabili e un tatto anch'esso assolutamente diverso da quello di qualsiasi altra fibra, consistente in una grande morbidezza ed elasticità, unita a un fruscio (craquant) che solo sfregando fibre di seta di buona qualità si può sentire sotto le dita. Ora avviene quasi sempre che i procedimenti di tintura, coi ripetuti bagni cui la fibra viene assoggettata, finiscono col distruggere o, per meglio dire, nascondere in parte queste due caratteristiche proprietà e diminuirne così il valore commerciale, alterandone l'aspetto. È quindi indispensabile ridare al filato o al tessuto la lucentezza e il tatto originario, ciò che si ottiene esclusivamente con l'avvivaggio. Consiste questa operazione nel sottomettere, come già si è accennato, la seta a un passaggio in un bagno freddo di sapone acidificato è quindi emulsionato con uno dei comuni acidi organici, acetico, formico o lattico; assai più raramente citrico o tartarico (non consigliabile l'acido solforico). In esso s'introduce il filato o il tessuto, manovrandovelo rapidamente, estraendolo e spremendolo per farlo subito asciugare a temperatura moderata.
Tintura del cotone. - Caratteristica del cotone e delle numerose altre fibre tessili vegetali e di quelle artificiali (ad eccezione del rayon all'acetato) è di essere chimicamente costituite da cellulosa, sia naturale, proveniente cioè da peli ricoprenti alcune parti di vegetali (cotone) o da fibre che di altri costituiscono la corteccia (canapa, lino, ecc.), sia rigenerata, come si verifica per le fibre artificiali. Ne consegue che il loro comportamento, sia nei trattamenti destinati alla preparazione occorrente per la tintura, sia nei riguardi delle sostanze coloranti impiegate per tingerle, non differisce sostanzialmente, sebbene alcune di esse presentino alcune particolarità, delle quali è necessario tener conto, se si vuole ottenere una lavorazione regolare in tintoria. Ciò che diremo quindi del cotone può, in via di massima, applicarsi alle altre fibre, tenendo conto delle differenze di cui sopra e delle quali sarà fatto cenno successivamente.
Il cotone può esser sottoposto alle operazioni di tintura, sia allo stato greggio, sia semicandeggiato, sia candeggiato completamente e questo tanto sotto forma di fiocco, quanto sotto quella di filato o di tessuto. Per i trattamenti preliminari alla tintura, v. candeggio.
Tintura con sostanze coloranti naturali. - Non ha più oggi una grande importanza nemmeno per questa fibra; fanno eccezione il campeggio, per la produzione di fondi neri e grigi su articoli ordinarî, quali fodere e simili, e la terra cattù, che trova ancora impiego per la produzione di tinte brune e di diversa gradazione per articoli correnti, come stoffe per tende, fodere per valigeria, ecc.
Tintura con colori minerali. - Conserva una discreta importanza per la produzione di tinte extra solide, quali il cosiddetto kaki su tessuti destinati alla confezione di uniformi militari coloniali. A questo proposito vale la pena di ricordare che, date le esigenze veramente fuori del comune che vengono richieste per tessuti di questo genere (solidità al sudore, alla luce, al lavaggio, agli alcali, allo strofinamento, ecc.), e tenuto conto del fatto che il costo della tintura non deve essere eccessivo, data la destinazione di questi articoli e date le quantità veramente imponenti, che, specialmente in certi periodi, ne devono essere fabbricate, solo le sostanze minerali hanno potuto tenere il campo in confronto di quelle organiche artificiali, comprese anche le sostanze coloranti a tino che, pur potendo fornire colorazioni di solidità eccezionale sotto ogni rapporto, non possono tuttavia entrare in lizza con i coloranti minerali, per il loro alto prezzo di costo. I metalli o, per meglio dire, gli ossidi metallici che trovano impiego in questo campo, sono quelli di ferro e di cromo, unitamente, talora, a quello di manganese. Non è qui il caso di entrare in particolari concernenti la tintura in kaki minerale; diremo solo che essa ha fatto oggetto di numerosissimi brevetti, specialmente in Inghilterra e in Germania. In tesi generale, questa speciale colorazione, consistente in una specie di bruno più o meno giallastro, volgente in alcuni casi all'oliva più o meno scuro, si ottiene impregnando il tessuto con adatta miscela di acetato o meglio di pirolignito di ferro, con acetato o allume di cromo, con aggiunta o meno di un sale di manganese, asciugando il tessuto così imbevuto, precipitando su di esso i rispettivi ossidi, mediante passaggio in un bagno di carbonato sodico, indi trattando con un bagno bollente di silicato sodico, lavando e asciugando. Il trattamento con silicato conferisce al miscuglio di ossidi di ferro e cromo formato e fissato sul tessuto, una speciale resistenza al lavaggio, allo sfregamento e soprattutto alla traspirazione. Cosa degna di menzione è la circostanza che i tessuti così trattati presentano anche la qualità di essere in certo grado impermeabilizzati, ciò che non è privo d'interesse per l'uso cui essi sono in generale destinati. Altro colore minerale che trova ancora qualche applicazione su cotone è il bistre o bruno di manganese che si ottiene precipitando in modo analogo a quello su accennato dell'ossidulo di manganese sulla fibra e ossidandolo mediante passaggio in bicromato sodico o potassico; si ottiene così una colorazione bruna intensa di grande solidità a quasi tutti gli agenti (eccezione fatta per gli acidi) che trova ancora qualche applicazione in articoli stampati.
Tintura con colori artificiali. - a) Con colori acidi. Sebbene le tinte che si possono ottenere con questi coloranti si distinguano per una vivacità straordinaria, esse non hanno applicazione su cotone, per la nessuna loro resistenza ai lavaggi. Se ne fa uso in alcuni specialissimi casi, come la produzione di garze, tulli e simili, destinati alla confezione di fiori artificiali, di decorazioni temporanee e simili. In simili casi si ricorre a una specie di mordenzatura con stannato di sodio; talora invece, alla tintura diretta in presenza di allume e di solfato sodico. Per i tessuti destinati, ad esempio, alla legatura di libri, si usa dare la tintura in pari tempo che l'appretto: si raggiunge lo scopo facendo cuocere insieme con le sostanze coloranti, i materiali necessarî per la massa di appretto.
b) Con colori diretti. Questo metodo ha avuto sino al principio del sec. XX un'importanza veramente eccezionale per la tintura del cotone. Lo sviluppo enoorme preso dalla produzione di colori sostantivi o diretti, la comparsa di coloranti speciali che, o diazotati e copulati con soluzioni di fenoli, o trattati dopo tintura con sali metallici, o semplicemente con formaldeide, forniscono colorazioni dotate di solidità veramente notevole al lavaggio, alla luce, alla sfregamento, al ferro caldo, agli acidi; la facilità con la quale molte di queste colorazioni si lasciano corrodere in bianco e a colori e soprattutto la grande semplicità dei metodi di tintura, fecero sì che per un periodo di tempo assai lungo i colori sostantivi avessero una posizione preponderante nella tintura del cotone. Oggi la comparsa successivamente avvenuta dei colori allo zolfo, dei colori al ghiaccio e soprattutto quella dei coloranti a tino, hanno fatto perdere molto della loro importanza a questa categoria di colori; pur tuttavia essi sono ancor oggi uno strumento prezioso nelle mani di un buon tecnico e permettono la fabbricazione di un numero grandissimo di articoli ordinarî, mezzi fini e fini. La tintura con colori sostantivi si può distinguere in tintura diretta propriamente detta e in tintura a sviluppo successivo.
La tintura diretta propriamente detta si pratica tingendo la fibra del cotone in bagni costituiti da soluzioni delle sostanze coloranti, addizionati di sali alcalini, come cloruro o solfato, talora fosfato sodico e sapone, con aggiunta o meno di carbonato sodico; spesso, a facilitare la penetrazione del colore, specie se si tratta di tessuti pesanti e fitti, si aggiungono ai bagni di tintura agenti ausiliarî, come olio solforicinato, derivati solfonici di alcoli superiori e simili, di cui è oggi ricchissima la tecnica specializzata di questo campo. La tintura cominciata a temperatura moderata viene terminata all'ebollizione, senza però con questo riuscire mai a esaurire del tutto i bagni: di massima quindi essi non vengono gettati, ma conservati e rinforzati a misura che occorre. Dopo la tintura, si lava a fondo, se necessario s'insapona a temperatura variabile, si lava nuovamente e si asciuga. Nell'allestimento dei bagni di tintura è da raccomandarsi l'impiego di acqua, esente per quanto possibile da sali calcarei. Volendosi ottenere tinte chiare o medio-chiare, si può anche ricorrere alla tintura sul foulard, seguita da asciugamento immediato; per tinte medie e scure questo metodo non può servire, le colorazioni ottenute in questo modo essendo pochissimo resistenti ai lavaggi: si deve infatti tenere presente che la penetrazione e la fissazione, se così si vuol chiamarle, di questi coloranti su cotone richiede per tinte nutrite un trattamento a temperatura elevata, difficilmente inferiore a un'ora.
La tintura diretta seguita da sviluppo permette di ottenere tinte di notevole solidità, anche se in generale meno vivaci e meno brillanti di quelle che si hanno con la sola tintura. A seconda della natura delle sostanze coloranti usate il trattamento successivo può essere dato: 1. con un bagno contenente, ad esempio, un bicromato alcalino solo o addizionato di un sale metallico, come il solfato di rame e in ogni caso una piccola quantità di acido acetico: l'operazione viene eseguita alla temperatura di 90-100° e deve durare almeno 30 minuti; dopo di che si lava, si insapona, si lava ancora e si asciuga. Invece del bicromato si può usare del fluoruro di cromo. È da notare che con questo trattamento le colorazioni originali mutano sensibilmente di tono, divenendo più scure e meno brillanti, mentre guadagnano molto nella resistenza alla luce e ai lavaggi. 2. Con aldeide formica, la quale altera assai meno la tinta originale, pur conferendole una buona solidità al lavaggio; quella alla luce non varia sensibilmente. Il trattamento ha luogo sottoponendo la fibra tinta a una immersione di almeno 1/2 ora in un bagno contenente una certa quantità di formaldeide (in media il 3%) addizionata di un poco di acido acetico: la temperatura del bagno non deve oltrepassare i 50°. 3. Per diazotazione e successiva copulazione: in questo caso la fibra tinta viene passata in un bagno contenente nitrito sodico, addizionato di acido cloridrico: sotto l'azione dell'acido nitroso che in questo bagno si sviluppa, la sostanza colorante si converte in un diazoderivato, che, introdotto dopo brevissimo lavaggio in altro bagno contenente un fenolo, come beta-naftolo o resorcina, o una base come toluilendiammina, fenilendiammina, naftilammina e simili, si combina ad essa per dare una nuova colorazione, in generale molto affine alla primitiva, ma dotata di qualità notevolmente superiori di resistenza ai lavaggi, alla luce, agli alcali, agli acidi, ecc. Un trattamento analogo e che fornisce ottime tinte vivaci e solide, è quello nel quale le colorazioni ottenute con coloranti appropriati, contenenti cioè nel loro nucleo un gruppo amidico, vengono copulate direttamente, senza cioè diazotazione preventiva, con diazoparanitroanilina. Le colorazioni ottenute con questo metodo appartengono tutte o quasi al gruppo che va dall'arancio al bruno; notevole qualche nero.
c) Con colori basici. Tali colori conservano tuttora una certa importanza per la tintura del cotone: essi si applicano esclusivamente su mordente di tannato di antimonio, ottenuto facendo passare la fibra prima in un bagno di acido tannico (tannino, sommacco, dividivi, mirabolano, ecc.), spremendo, e quindi in un bagno di un sale di antimonio (tartaro emetico, fluoruro di antimonio, ecc.); si lava e si tinge in bagno acido per acido acetico o formico, entrando la merce a temperatura non superiore a 25° per innalzare a poco a poco fino a 80°-90°, raramente fino all'ebollizione. Si estrae, si lava, s'insapona leggermente a tiepido, per rendere la colorazione meno soggetta a stingere allo sfregamento, si lava ancora e si asciuga. Per tinte chiare e quando non si abbiano grandi esigenze in fatto di solidità, si può anche tingere in bagno unico, aggiungendo cioè il tannino al bagno colorante con addizione di quantità più forti di acido acet. co o formico e a temperatura non superiore a 60°, indi spremendo e passando in un primo bagno di lavaggio, al quale si aggiunge una certa quantità di un sale di antimonio; si può anche, se il bagno è esaurito o quasi, aggiungere il sale di antimonio nel bagno stesso di tintura, continuando a manovrarvi il cotone per alcuni minuti: indi si lava e si asciuga. Come è facile a comprendersi la solidità delle lacche ottenute con questo sistema è molto relativa, essendo esse precipitate in gran parte alla superficie della fibra.
A titolo di memoria ricordiamo che si possono far agire alcuni colori basici specie nella classe delle rodamine, dei blu metilene, su una specie di mordente, ottenuto col passare il cotone in un bagno di solforicinato sodico prima, indi in uno di allume potassico, oppure in un bagno di sapone, seguito da un passaggio in un bagno di cloruro stannoso freddo. Anche in questo caso, le colorazioni ottenute, se si distinguono per una grandissima vivacità e purezza di tono, difettano completamente di una anche mediocre resistenza ai lavaggi.
Un'applicazione tutta speciale è quella per la quale i coloranti basici vengono impiegati per rimontare le tinte ottenute coi colori sostantivi, conferendo loro una vivacità che generalmente manca loro; semplicissimo è il metodo seguito in questo caso: il cotone, tinto con colori diretti, lavato e spremuto, viene introdotto senza asciugarlo in un bagno tiepido di colore basico, addizionato di piccola quantità di acido acetico; in esso il cotone vien manovrato fino a esaurimento del colore, ciò che avviene con relativa facilità, poiché i colori diretti agiscono in certo modo da mordente per i colori basici.
d) Con colori a mordente. La colorazione con tali materie è oggi caduta quasi completamente in disuso per il cotone, eccezione fatta per l'ottenimento del cosiddetto rosso di alizarina, o rosso turco, ancora ricercato come semplice tintura in alcuni paesi su filato, e in altri su tessuto, o come fondo destinato alla stampa con corrodenti in bianco e a colori. Per quanto eoncerne la produzione di altre colorazioni, come azzurri, verdi, bruni, neri, ecc., essi sono stati quasi generalmente sostituiti dai eolori allo zolfo, in quei casi nei quali non si richieda una grande vivacità di colorazione e sia sufficiente una resistenza media, mentre per articoli fini, i coloranti a tino, gl'indigosoli e i coloranti su naftoli AS vanno ogni giorno aumentando la loro sfera d'impiego in sostituzione di quelli a mordente. Per la tintura di questi colori si deve ricorrere prima alla mordenzatura con ossidi metallici, mordenzatura che si ottiene impregnando la fibra con sali di ferro, di cromo, di allumina, soli o mescolati tra loro, secondo le tinte che si devono ottenere; il tessuto così impregnato viene asciugato, o talora invece, ancora umido, fatto passare in un bagno di carbonato o silicato sodico per fissare il mordente, indi inviato alla tintura, che si compie generalmente all'ebollizione, in bagno neutro o addizionato di acido acetico in alcuni casi, in altri di piccole quantità di ammoniaca. Dopo tintura si lava, s'insapona fortemente, si lava e si asciuga. Le colorazioni che si ottengono sono notevolmente piene, profonde, dotate di una buona vivacità e in massima di una buona resistenza ai lavaggi, alla luce, ecc.
e) Con colori allo zolfo. Conservano tuttora una certa importanza per la produzione di articoli, quali fustagni, velluti, tende, ecc., nei quali si richiede il buon mercato, non disgiunto da una sufficiente solidità ai principali agenti distruttivi, quali la luce, i lavaggi, gli acidi, ecc., mentre la vivacità e brillantezza delle colorazioni non ha importanza eccessiva. Essi sono costituiti da sostanze che, solo in presenza di solfuri alcalini e di un alcali, divengono solubili in acqua; a questi ingredienti va sempre aggiunta una certa quantità di solfato sodico, che, come al solito, serve a regolare la rapidità della tintura, e, assicurando una ragionevole lentezza, ne permette la penetrazione perfetta e uniforme in tessuti anche pesanti e fitti. La tintura può essere eseguita su jigger (di costruzione speciale) o su macchine continue del genere di quelle usate per l'indaco: l'impiego di queste ultime è però riservato a grandi produzioni. Dopo la tintura si deve lavare a fondo e in alcuni casi ossidare all'aria il colorante, in altri casi, per ottenere uno sviluppo perfetto della tinta, occorre dare un breve passaggio in vapor d'acqua (vaporizzaggio). Anche i coloranti allo zolfo possono, dopo tintura, essere sottoposti a trattamenti con sali metallici, come solfato di rame, in presenza o non di un ossidante, per aumentarne la resistenza ai lavaggi e talora anche la vivacità. Alcuni blu possono essere avvivati con un passaggio in un bagno di perborato sodico a piccolissima concentrazione. A proposito di questi coloranti è opportuno ricordare che per la presenza di zolfo nella molecola del colorante e specialmente per la grande quantità di solfuri alcalini che si debbono usare nella tintura, rimangono spesso nella fibra quantità sensibili di zolfo, in uno stato di suddivisione tale che, durante il magazzinaggio, esso può, per azione dell'aria, trasformarsi lentamente in acido solforico e danneggiarne seriamente la resistenza: l'inconveniente, di una gravità non trascurabile, si manifesta principalmente nell'impiego di numerosi neri allo zolfo. A evitarlo, almeno parzialmente, occorre trattare la fibra tinta con bagni di acetato sodico, asciugando poi senza lavare, in modo che piccole quantità di questo sale rimangano presenti nel tessuto e servano a neutralizzare l'acido solforico a misura che si produce. È doveroso però dire che negli ultimi anni una più accurata lavorazione delle sostanze coloranti e soprattutto la comparsa di nuovi tipi hanno di molto ridotto la frequenza e la gravità dell'inconveniente.
f) Con colori a tino. Il più importante, il prototipo anzi, tra i colori di questo importantissimo gruppo rimane sempre l'indaco, il cui enorme consumo (ricordiamo che nell'immediato anteguerra la Germania produceva annualmente 40 milioni di chilogrammi d'indaco artificiale), è per la massima parte diretto alla tintura delle fibre vegetali e principalmente del cotone. Per la sua applicazione è necessario, co1ne già s'è detto, trasformarlo in indaco bianco o ridotto, che, combinato con alcali, dà un prodotto solubile, il quale una volta portato sulla fibra e trasformato nuovamente per azione dell'ossigeno dell'aria in indigotina, rimane solidamente fissato a essa con la sua caratteristica colorazione azzurra e con le sue ben note qualità di resistenza ai principali agenti, qualità che ne hanno fatto per molti secoli, insieme con il rosso di garanza, il tipo del colorante solido per eccellenza. I vecchi metodi di riduzione, basati sull'impiego della calce, della fermentazione, ecc., hanno oggi, su cotone, ceduto completamente il campo a quello in cui essa è ottenuta mediante gl'idrosolfiti stabili usati sia a freddo, sia, più raramente, a caldo. La macchina più usata per la tintura dei tessuti è quella indicata alla fig. 14; il suo impiego è giustificato dalla forte produzione che con essa si può ottenere, mentre per l'applicazione degli altri coloranti a tino, il cui consumo globale è ancor oggi ben lontano dal raggiungere le ingentissime cifre segnate dall'indaco, si usano specialmente per tinte scure jigger di costruzione speciale. La composizione dei bagni di tintura, tanto per l'indaco quanto per i colori a tino, è di massima costituita dal colorante, ridotto o precedentemente in tine concentrate o direttamente nella tina di tintura mediante gl'idrosolfiti addizionati in quantità variabili di alcali caustico, con aggiunta di sostanze ausiliarie, come saponi, solforicinati, solfonati di alcoli superiori, colle, ecc., destinate a regolarizzare e rendere uniforme l'assorbimento del colorante, onde ottenerne la perfetta penetrazione, la voluta solidità e un rendimento soddisfacente. Per molti coloranti a tino, l'esposizione all'azione ossidante dell'aria non essendo sufficiente per dare alle tinte l'intensità e la vivacità loro proprie, si deve dopo tintura e spremitura passare la fibra in bagni ossidanti a base di bicromati o di perborati. Il numero sempre crescente di colori a tino, la varietà ormai grandissima di colorazioni che se ne ottengono, fanno di questa classe di coloranti uno strumento già oggi prezioso di lavoro, che più lo sarà in avvenire, quando il prezzo di vendita di questi colori potrà essere ragionevolmente abbassato, rendendo possibili applicazioni, per le quali oggi essi non sono ancora economicamente utilizzabili.
g) Con colori indigosoli. Abbiamo già accennato a queste sostanze coloranti scoperte da pochi anni e dotate di proprietà interessantissime che permettono di produrre su quasi tutte le fibre le stesse colorazioni fornite da molti colori a tino, risparmiando le manipolazioni della riduzione, ecc., e semplificando sensibilmente il procedimento di tintura, così che essi potrebbero aspirare a prendere un posto eminente nel campo dell'industria tessile, se, anche per essi, il prezzo di costo non fosse ancora un serio ostacolo.
h) Con colori di ossidazione. Delle diverse colorazioni, ottenibili su cotone con procedimenti tutti basati sull'ossidazione di basi amminiche diverse, non rimangono oggi nella pratica che il nero di anilina, la cui produzione su fibre vegetali, e principalmente su cotone, conserva una posizione notevolissima tra tutti i coloranti conosciuti; e, a grandissima distanza, i bruni dovuti all'ossidazione di sostanze, quali la parafenilendiamina, gli amidofenoli e simili. I metodi oggi più in uso per la produzione di un buon nero di anilina, sia su filati sia su tessuti, sono quelli basati sul cosiddetto nero-vapore e su quello detto di ossidazione. Il primo, ottenuto impregnando la fibra con un miscuglio di sale d'anilina, clorato di sodio e prussiato di potassio o di sodio, viene sviluppato sottoponendola all'azione rapida del vapor d'acqua, in appositi apparecchi. L'altro comporta l'impiego di un bagno composto di sale di anilina, cloruro ammonico, clorato sodico e solfato di rame; la fibra imbevuta di questo bagno e asciugata viene esposta in camere calde, dette di ossidazione, all'azione di aria calda spinta da ventilatorì, alla quale, se necessario, viene mescolata una piccola quantità di vapor d'acqua, per conservare all'ambiente il grado di umidità necessario per un regolare sviluppo del nero. Dopo alcune ore, quando la fibra ha assunto un'intensa colorazione verde cupo, come si verifica anche per il nero-vapore dopo il passaggio in vapor d'acqua, si estrae e si compie l'ossidazione mediante passaggio in un bagno caldo di bicromato, seguito da lavaggi e passaggi in sapone bollente. Qualche applicazione di bruni di ossidazione si ha ancora nell'industria della stampa, per articoli riservati in bianco e in colore.
i) Con colori di condensazione formati direttamente su fibra. La formazione di tinte brillantissime e solidissime per copulazione di sostanze fenoliche con diazoderivati ha oggi assunto un'importanza eccezionale, grazie alla scoperta dei naftoli AS, impostisi per la varietà grandissima di colorazioni che essi permettono di ottenere (tutte le tinte vi sono rappresentate attualmente, eccezione fatta per i verdi) e soprattutto per le qualità veramente eccezionali di solidità e resistenza che essi presentano in generale a tutti gli agenti distruttivi; i naftoli AS hanno per conseguenza detronizzato, si può dire, il beta-naftolo e le sue combinazioni, che pure avevano, a suo tempo, segnato un progresso straordinario e di prim'ordine nella tecnica tintoria del cotone. Se esso può continuare a lottare e può conservare ancora una certa importanza per la produzione specialmente del rosso di paranitroanilina, ciò è dovuto al suo buon mercato che, contrapposto al prezzo ancora molto elevato dei naftoli AS e delle basi relative, ne permette l'impiego in molti casi dove l'elemento economico deve passare in prima linea. L'applicazione dei naftoli AS procede in via generale nello stesso modo che per il betanaftolo; la fibra viene impregnata con un bagno contenente il naftolo prescelto (la cui natura, a differenza di quanto avveniva col beta-naftolo, varia da caso a caso) in presenza della voluta quantità di alcali e di sostanze ausiliarie, e asciugata in corrente di aria calda; indi il colore viene sviluppato passandolo nel bagno contenente il diazo della base occorrente; si spreme, si lava, s'insapona all'ebollizione, si lava e si asciuga. A dare un'idea della solidità delle tinte ottenute con queste sostanze coloranti diciamo che parecchie di esse possono sopportare la bollitura con soda sotto pressione necessaria al candeggio e si prestano quindi alla fabbricazione di tessuti con filati colorati, destinati a essere sottoposti alle comuni operazioni di candeggio, quali sono ad esempio tessuti per camiceria, per accappatoi, per asciugatoi da bagno, per biancheria da tavola, ecc., prerogativa che un tempo si ritrovava solo nei filati tinti in modo perfetto in rosso turco e che oggi essi condividono con alcuni dei coloranti a tino.
Tintura del lino, della canapa e del ramiè. - Raggruppiamo queste tre fibre sotto lo stesso paragrafo, perchè i metodi di tintura per esse seguiti di poco variano tra loro e da quelli usati per il cotone, e le sostanze coloranti usate per questa fibra possono ugualmente servire per tutt'e tre. Quelli però che più di frequente trovano impiego sono i colori diretti o sostantivi che si tingono come su cotone, aumentando solo la quantità di carbonato sodico che si deve aggiungere al bagno, e ciò allo scopo di far penetrare quanto possibile il colorante nell'interno di queste fibre, che non hanno per essi l'affinità che ha il cotone; la tintura deve quindi procedere più lentamente e durare più a lungo. Si usano anche i coloranti basici, sempre su mordente di tannino e antimonio, con aggiunte assai più forti di acido al bagno colorante; come pure si possono impiegare anche i coloranti allo zolfo, tenendo presente che occorre aumentare sensibilmente la quantità di solfuro alcalino. Tutti gli altri coloranti hanno un'importanza limitatissima per queste fibre.
Tintura della iuta, delle fibre di cocco, di piassava e simili. - Data la percentuale non trascurabile di sostanze tanniche che queste fibre contengono, trovano buon impiego per la loro tintura i coloranti basici, che si usano direttamente, con aggiunta di acido acetico in proporzioni più forti che per il cotone, oppure in presenza di allume, che favorisce l'uniformità delle colorazioni e anche un poco la loro solidità, del resto assai mediocre. Qualche applicazione possono avere i colori acidi che si applicano in bagno bollente in presenza di allume e di solfato sodico, asciugando senza lavare. Anche per queste fibre, tutti gli altri coloranti non hanno applicazione.
Tintura delle fibre artificiali. - Per quanto concerne i metodi di tintura e i coloranti da usarsi, le diverse qualità di fibre artificiali oggi conosciute si possono dividere in due classi: 1. quelle costituite da cellulosa rigenerata, come il rayon alla viscosa, al cuproammonio, alla nitrocellulosa; 2. quelle costituite da eteri di cellulosa, quali il rayon all'acetato. Per la prima il loro comportamento rispetto alle sostanze coloranti non differisce di molto da quello del cotone, tanto che per la loro tintura possono trovare impiego quasi tutti i coloranti adatti al cotone, senza di molto variarne i metodi di applicazione. Per il rayon all'acetato invece, costituito da cellulosa esterificata con acido acetico, le cose vanno assai diversamente, in quanto che esso non ha in genere alcuna affinità per i coloranti per cotone e richiede trattamentì e sostanze coloranti tutte speciali. Accenneremo quindi separatamente ai due gruppi a seconda di questa diversità di comportamento.
Tintura del rayon alla viscosa, al cuproammonio, e alla nitrocellulosa. - a) Con colori diretti. Sono probabilmente i più usati: si fanno agire in presenza di solfato sodico in quantità variabilì da caso a caso con aggiunta di sostanze ausiliarie, come solforicinati, ecc. La solidità generale non è troppo soddisfacente salvo quella alla luce, che, per alcuni, è veramente buona; si può però migliorare sensibilmente coi trattamenti in uso per il cotone, cioè con formaldeide, con sali metallici, con diazoparanitroanilina, ecc.; servendosì poi dei coloranti speciali, si può ricorrere, con risultati soddisfacenti, alla diazotazione e copulazione con fenoli e simili.
b) Con colori allo zolfo. Sono pochissimo usati: occorrendo si usano precisamente come su cotone.
c) Con colori basici. Forniscono delle buone colorazioni, assai vivaci e abbastanza solide, se usati su rayon mordenzato con tannino o con Katanol (prodotto derivato del clorofenolo, posto in commercio da alcuni anni in sostituzione del tannino, sul quale presenta alcuni vantaggi, tra cui quello importantissimo di non richiedere per la fissazione dei colori basici il passaggio in sale di antimonio, indispensabile per l'acido tannico); la tintura ha luogo esattamente come per il cotone in presenza di acido acetico e tingendo a temperatura non superiore a 60°-70°.
d) Con colori a tino. Forniscono colorazioni ottime sotto ogni riguardo; trovano quindi applicazioni sempre più larghe per articoli di valore e per i quali vivacità di tinta e solidità non possono andare disgiunte. L'applicazione è in generale identica a quella su cotone, tenendo presente di non superare la temperatura di 45°-50°.
e) Con indigosoli. La tintura viene effettuata in modo semplicissimo: sì forma il bagno sciogliendo il colorante in presenza di qualche agente ausiliario, e addizionando con nitrito sodico e cloruro sodico o solfato sodico; la fibra introdotta nel bagno vi viene mantenuta per circa 3/4 d'ora, non oltrepassando la temperatura di 45°-50°; si estrae, si spreme e si passa in un bagno contenente piccole quantità di acido solforico; si lava, s'insapona a 75°-80°, si lava e si asciuga.
f) Con naftoli AS. Per questi colori valgono, si può dire, integralmente le indicazioni date per il cotone. Si deve solo osservare che data la natura della fibra occorre non superare mai la temperatura di 45°-50° per non pregiudicarne la lucentezza.
Tintura del rayon all'acetato. - Come si è detto, il rayon all'acetato non ha alcuna affinità per i coloranti usati per gli altri rayon e sono stati necessari lunghi e numerosi studî per riuscire a trovare sostanze coloranti del tutto speciali da applimrsi pure con sistemi speciali. Esso, inoltre, possiede altre peculiarî proprietà, che vengono a complicare ancora più il problema della sua tintura; una è la spiccatissima resistenza che esso oppone all'azione di penetrazione dell'acqua; in secondo luogo esso resiste malissimo all'azione di bagni bollenti, anche se costituiti da sola acqua; sottoposto a un trattamento di questo genere, esso perde tutto il suo pregio al tatto e gran parte della sua lucentezza; inoltre, appunto per la sua costituzione chimica e cioè la sua natura di etere, esso è sensibilissimo all'azione di sostanze alcaline, le quali lo saponificano con grande facilità, facendogli perdere gran parte della sua resistenza e tutta la sua bella lucentezza. A differenza di quasi tutti gli altri coloranti artificiali oggi conosciuti e impiegati, molti di quelli studiati per questa fibra, anzi alcune classi intere di essi, sono del tutto insolubili in acqua e per poterli applicare richiedono una speciale manipolazione, e cioè è necessario portarli allo stato colloidale, impastandoli molto accuratamente con sali alcalini di olî solfonati; la sospensione o dispersione che se ne ottiene deve essere di una finezza estrema: solo a questa condizione le particelle del colorante possono venire regolarmente assorbite dalla fibra e provocarne la colorazione. L'impasto di cui sopra viene versato in un bagno, contenente del sapone o del solforicinato sodico; in esso si immerge il filato o il tessuto alla temperatura di 70°-75°, mantenendola e non oltrepassandola fino a tintura ultimata. Di questo tipo di coloranti il tintore ha oggi una serie discretamente numerosa, tanto da poter con essi ottenere, si può dire, qualsiasi tinta, e in generale le colorazioni ottenute con questo metodo sono di una discreta solidità alla luce e ai lavaggi. Recentemente però si sono posti in commercio gruppi di coloranti per rayon all'acetato, i quali sono abbastanza facilmente solubili in acqua e permettono la tintura di questa fibra, in maniera non troppo dissimile da quella usata per le altre. Le colorazioni ottenute con questi coloranti, se non sono eccessivamente solide ai lavaggi, lo sono in generale bene, spesso benissimo, alla luce. Volendo servirsi di questi tipi, occorre scioglierli in precedenza in acqua calda e aggiungere la soluzione al bagno costituito da acqua, quanto più possibile esente di sali calcarei, addizionata di solfato sodico o di cloruro ammonico, portato alla temperatura di 70°-75°, alla quale viene eseguita la tintura. Un altro gruppo di coloranti, pure da non molto tempo introdotto nella pratica, permette di tingere il rayon all'acetato con susseguente diazotazione e trattamento con fenoli o amine, come già descritto; il metodo permette di ottenere su questa fibra colorazioni dotate di buona solidità generale e che possono essere corrose facilmente in bianco e a colori; il che ne rende l'uso assai interessante per la tintura dei tessuti destinati alla stampa.
Tintura dei tessuti misti. - Com'è noto, da molto tempo l'industria tessile produce quantità considerevoli di tessuti composti di fibre di qualità diversa: ai tipi più anticamente conosciuti, "lana-cotone", "seta-cotone", "lana-seta", si sono aggiunti in questi ultimi anni quelli ottenuti mescolando alle fibre naturali, vegetali o animali, quelle artificiali: così si hanno ora tessuti "lana-viscosa", "lana-rayon acetato", "seta-viscosa", "seta-rayon acetato", "lana-rayon cuproammoniacale", ecc. Per la tintura di questi tessuti la tecnica relativa varia di molto, secondo che sul tessuto misto si voglia ottenere una colorazione unica, oppure, approfittando delle diverse attitudini e affinità delle fibre usate nella tessitura, si cerchi di avere colorazioni diverse. Nel primo caso occorre usare quelle sostanze coloranti che hanno un'affinità uguale o, quanto meno, simile per le due fibre impiegate nel tessuto. Non è a dire che lo scopo, anche servendosi di colori di questo genere, sia facile a raggiungersi, ma con opportuni accorgimenti, modificando la composizione del bagno di tintura con aggiunte di sali e di ausiliarî diversi, variandone la temperatura, la concentrazione, la durata, ecc., si giunge tuttavia tanto con i colori sostantivi, quanto con quelli a tino e con quelli su naftolo, ad avere colorazioni, se non perfettamente uguali, più che sufficientemente uniformi per la produzione di articoli regolari. Nel caso invece che si desideri ottenere effetti di colore diverso l'uno dall'altro (comprendendo anche quello di una fibra colorata e l'altra mantenuta incolore), si dovrà scegliere nelle diverse categorie di coloranti quelli che presentano spiccata affinità per l'una delle fibre e nulla o quasi nulla per l'altra; con uno di essi si procede alla tintura di una delle fibre, indi, su altro bagno, con altro colorante, di proprietà e affinità, diremo così, inverse, si tinge l'altra fibra. Altro metodo, applicabile per esempio a tessuti misti di cotone e seta, è quello nel quale si tinge prima la seta con colori acidi, indi si mordenza il cotone con tannino e lo si tinge con colori basici; analogamente si procede per tessuti misti di altro genere, con altri colori. Si deve poi ricordare che, fatto assai interessante e insperato un tempo, nella numerosissima serie di coloranti di ogni genere che oggi è in commercio, si trovano típi che permettono l'ottenimento di colorazioni diverse sulle due fibre, pur tingendo entrambe in un unico bagno: così, per citare un esempio, è possibile coi colori Celliton tingere in due tinte diverse e in un unico bagno un tessuto misto di lana e di rayon all'acetato. La tintura procede nel modo seguente: si comincia col dare il colore al rayon su bagno montato col colorante Celliton, tenendosi a temperature non superiori a 60°: indi si aggiunge la soluzione di un colorante acido, addizionata di solfato sodico e acido acetico e, portando la temperatura a circa 85°, si tinge la lana. Come è facile comprendere, la tecnica di questo ramo di tintoria è quanto mai delicata e richiede una singolare perizia da parte del tintore; essa è però attualmente giunta a una tale perfezione, che è in grado di fornire al consumatore una varietà illimitata di effetti mono- bi- e talora tricolori del più alto interesse e di riuscita perfetta. La cosa è ora abbastanza facile e ancora più diventerà in avvenire, quando ulteriori immancabili progressi si saranno verificati; poiché il colorista, oltre al disporre di un'infinità di colori di ogni tipo e per ogni uso, di prodotti ausiliarî efficacissimi, può già oggi servirsi anche di procedimenti nuovi, da non molti anni introdotti nella pratica industriale, consistenti nel rendere determinate fibre refrattarie all'assorbimento di determinati colori e atte a ritenere e fissare altri coloranti per i quali di per sé stesse non avrebbero alcuna affinità. Per ora è principalmente il cotone che si presta a trattamenti del genere, ma non è dubbio che, presto o tardi, essi saranno applicabili anche ad altre fibre. Pur non potendo entrare in particolari sui metodi che permettono di ottenere risultati di questo genere, basta l'enunciazione del fatto per dimostrare quanto numerose e varie e anche imprevedibili siano le risorse di cui dispone oggi l'arte di tingere fili e tessuti.
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