tintinno
Il sostantivo tintinno (Pd XIV 119) è da ricollegarsi al latino tinnitus (più tardi tintinitus), per cui cfr. Virgilio Georg. IV 64 " tinnitusque cie et Matris quate cymbala circum " (ma v. anche TIN TIN). Propriamente dunque indica il suono metallico di un campanello, di uno strumento di bronzo, a percussione.
Ma D. lo usa a esprimere il " dolce suono... soavemente armonioso " (Venturi) che proviene da una giga (viola) o da un'arpa, in tempra tesa / di molte corde, " suono musicale percepito di per sé, pur non affermando distintamente le note " (Del Lungo), e perciò paragonato alla melodia soave delle anime nel cielo di Marte, che sfugge alla piena comprensione di D. stesso.
Questo termine non sembra del tutto appropriato al Porena: " la parola tintinno riguarda più l'arpa, strumento a pizzico, che non la giga, strumento a frizione " (e cfr. anche il Pietrobono). Ma la sua plausibilità deriva dal contesto. Anzitutto, in rima con apparinno e inno, fa sentire un'efficace " armonia imitativa delle vibrazioni " (Steiner); in secondo luogo, contribuisce a esprimere " il rapimento dell'ineffabile... che dal dolce tintinno sale a mano a mano per dilagare in vastità di cielo: s'accogliea per la croce una melode " (Grabher).