TINTEGGIATURA
. Edilizia. - Nelle applicazioni dell'edilizia si fa in pratica distinzione essenziale fra tinteggiatura e verniciatura, intendendosi per la prima quell'operazione per la quale ci si serve di soluzioni coloranti acquose e per la seconda invece quella a base di soluzioni coloranti in cui prevalgono i grassi, le sostanze resinose o gli olî minerali in genere.
Le tinte più comunemente impiegate nell'edilizia possono dividersi, in base agl'ingredienti principali che le compongono, in: i. tinte a calce; 2. tinte a colla; 3. tinte a base di silicato; 4. tinte a fresco. In tutti e quattro i casi in esame è opportuno che le materie componenti le tinte siano preventivamente stemperate e passate quindi in un setaccio fino di tela ramata o zincata e mescolate a lungo. Si tenga inoltre presente come i materiali costitutivi degli intonaci influiscano diversamente sulla tinteggiatura.
L'intonaco a gesso è quello che meno influisce sui colori: esso però è naturalmente utilizzabile negl'interni ed è il meno adatto per le tinteggiature a gesso. L'intonaco di calce mista a sabbia o pozzolana è suscettibile di alterare la tinteggiatura per un periodo di almeno 6 mesi; peggio se all'intonaco è misto il cemento. Sull'intonaco a base di cemento l'unica tecnica consigliabile è quella a base di silicati.
Tinte a calce. - Il primo tipo, costituito essenzialmente da una soluzione di acqua e calce grassa, era, fino a pochi anni or sono, quello di uso più frequente nell'edilizia. Le tinte a calce non vanno, possibilmente, applicate quando è freddo ed umido, poiché in tal caso la superficie rimane spesso macchiata. Per ovviare a questo inconveniente sarà opportuno mescolare alla calce il 30% di bianco Meudon, il 2% di olio di lino cotto e il 10% di colla forte ovvero carbonato di calce e polvere di marmo finissima nella proporzione del 40%. È in particolare l'olio di lino cotto quello che rende uniforme la tinta, ma è d'altra parte anehe l'olio che influisce sulla minore resistenza della tinteggiatura al tempo e alle intemperie. Per ovviare a quest'ultimo inconveniente si potrà ulteriormente aumentare nella tinta la percentuale della colla forte o vegetale nonché del carbonato di calce, fino a raggiungere con quest'ultimo la proporzione di 400 gr. per un kg. di calce bianca. La tinta, cosl preparata, si applica in strati successivi avendo cura però di non sovrapporre un nuovo strato finché non sia asciutto il precedente.
Tinte a colla. - Si prepara la parete con numerosi strati di tinta a calce molto diluita, avendo cura di usare nel primo strato una miscela composta di bianco di Meudon, gesso fino, polvere di marmo e terra colorante minerale diluiti in 1/3 di acqua e 2/3 di latte. Così operando si otterrà, a lavoro ultimato, una tinta più durevole e più omogenea. Prima di dare la tinteggiatura definitiva si sottoporrà il muro alla cosiddetta imprimitura, e cioè si tratterà il muro con una soluzione composta con colori e pochissimo gesso disciolti in acqua. Il latte che si usa per i lavori di tinteggiatura va bollito e privato quindi della parte grassa quando è impiegato per la prima mano, nelle mani successive si può anche impiegare grasso. La colla è generalmente colla d'amido, che si ottiene sciogliendo 125 gr. di amido in 1000 d'acqua fredda e facendo bollire la miscela per almeno 5 minuti.
Tinte a base di silicato. - I reiterati tentativi fatti in passato di usare negli esterni delle case le vernici grasse sono in pratica tutti falliti in quanto quelle vernici non rispondevano allo scopo né dal punto di vista estetico, in quanto le superficie verniciate assumevano aspetto brillante, né dal punto di vista dell'economia in quanto già la preparazione risultava costosa e più costosa ancora risultava la materia prima impiegata.
Oggi il mercato offre un'enorme quantità di materiali coloranti, per lo più tinte a base di silicati, fornite sia allo stato pastoso, sia in polvere, sia già in soluzione. Queste tinte si applicano sia a spruzzo, per mezzo di macchine speciali ad aria compressa dette aerografi, sia per mezzo del pennello. Più indicato è il primo dei due sistemi, sia perché dando la tinta con l'aerografo, che la polverizza, il consumo di materia prima diminuisce in maniera rilevante, sia anche perché con lo spruzzo la superficie dipinta risulta più omogenea e anche le eventuali sospensioni e riprese del lavoro non lasciano traccia.
Queste tinte di cui, come abbiamo notato, tanta varietà si trova in commercio, sono in massima parte solubili in acqua ma, una volta essiccate, divengono insolubili non solo con l'acqua ma alcune anche con soluzioni concentrate di acidi, potassa, soda, alcool, benzina, petrolio, ecc.: fatto questo che le rende particolarmente adatte, oltre che per gli esterni, anche per gl'interni, specie per quegli ambienti di abitazione collettiva o dove siano facili i contagi, quali ospedali, scuole, collegi. Queste tinte aderiscono molto bene al legno, al marmo, ai metalli, essiccano rapidamente dando luogo a colori brillanti o vellutati, generano superficie compatte e dure e possono, talune, applicarsi anche su intonachi freschi o vecchi e umidi.
Molte di esse non hanno bisogno di preparazione preventiva e si applicano quindi direttamente su qualsiasi materiale, ad eccezione del ferro sul quale l'acqua, in cui il prodotto è in soluzione, può dar luogo all'immediata ossidazione che naturalmente altera i colori. Nel caso del ferro quindì è opportuno servirsi preventivamente del minio o dello stucco. Altre di queste tinte, quali quelle dette a cementite, presentano il vantaggio grandissimo di essiccare nel margine di 4 ore e di pietrificare in 24. Esse non possono però dirsi in maniera assoluta tinte in quanto è necessario di applicarle a più mani, la prima delle quali grassa allungando il prodotto con olio di lino. Esse sono ottenute in seguito a reazione di un carbonato e di una resina acida con aggiunta di composto di titanio, bianco di zinco, biacca. Essiccano e pietrificano anche esse su fondo umido, resistono agli alcali, alla salsedine marina e, qualità che le rende adatte anche per i caloriferi, resistono a temperature variabili tra i 60° e i 120°.
Altre di queste tinte si trovano ancora in commercio allo stato di pasta: esse vanno diluite in acqua fredda e si applicano, come le altre, con i soliti sistemi: pennello o spruzzatore ad aria compressa; anche esse una volta essiccate divengono insolubili in acqua.
Altri tipi ancora di queste materie, facendo corpo con l'intonaco, o con qualsiasi altro sottofondo assorbente, non sono usabili sui metalli, i marmi, ecc. Si hanno infine colle colorate o colorabili neutralizzate e che quindi non fermentano e non putrefanno.
La moderna industria chimica è riuscita a fornire a tutti questi prodotti una scala cromatica che, essendo le varie tinte fondamentali componibili, può dirsi infinita. Questa inesauribile scelta di colori, la facilità di applicazione, l'insolubilità all'acqua e quindi la possibilità di lavare le superficie tinteggiate, hanno fatto sì che ognor più si vada diffondendo l'uso delle tinte a preferenza dei parati: carte e stoffe. È per questo che gli architetti sono riusciti ad ottenere sempre nuovi effetti, servendosi di questi nuovi materiali coloranti su sottofondi preventivamente preparati, usando in particolare impasti di materiali varî, quali specialmente lo stucco sottoposto a successive leggiere percussioni per mezzo di spazzole metalliche che, a seconda del tipo di spazzola usata, dànno luogo a una maggiore o minore ruvidità dello strato di preparazione. Su questo sottofondo così preparato si dà quindi la tinta con gli ordinarî sistemi. Talvolta si usa anche di passare sulla tinta fresca una spugna o uno straccio umido in maniera da lasciare il colore solamente nelle anfrattuosità dello strato di preparazione. Quindi ci si serve di un'altra tinta, avendo cura che questa non penetri troppo profondamente, in modo da avere, come risultante di queste operazioni, una tinta d'intonazione media tra le due impiegate.
Per la tinteggiatura si usano generalmente i silicati di potassa o di soda. Le tinte a base di silicato sono, come è noto, lavabili, e si possono applicare, a differenza delle altre, anche su intonachi a cemento, avendo cura però di aumentare in tal caso la quantità di silicato. Bisogna inoltre rammentare che non tutti i colori sono solubili nel silicato, alcuni precipitando. I colori si aggiungeranno e mescoleranno eon il silicato quando siano ridotti allo stato di poltiglia avendoli già commisti con acqua fresca e avendone graduata l'intensità per mezzo di bianco di zinco, bianco minerale, oppure carbonato di calce.
Quando si debba usare il silicato per tinteggiare intonachi che non siano a cemento, sarà opportuno prepararli precedentemente con una mano di acqua, latte bollito e calce bianca nella proporzione rispettivamente di gr. 200, 700, 1000.
Prima di applicare la tinta a base di silicato, la mano di preparazione va accuratamente spolverata. Le tinte a base di silicato si usano generalmente in due strati successivi e talvolta anche più di due: comunque l'applicazione dei varî strati va distanziata di almeno dodici ore.
Le tinte a base di silicato possono essere applicate su qualsivoglia materiale: intonachi, legno, ferro e metalli in genere: esse non fanno presa solamente sulle superficie grasse in genere e in specie su qualsivoglia superficie od oggetto verniciato. Dovendo applicare tinte a base di silicato su superficie grasse, queste si laveranno preventivamente con soluzioni a base di soda caustica (da non impiegare sul legno) o di acido cloridrico.
Nelle tinteggiature si usa altresì di spruzzare il silicato quale fissativo su tinteggiature a base di calce.
Tinte a fresco. - Come la stessa denominazione corrente dice, si applicano sull'intonaco ancora fresco. Volendo tinteggiare l'intonaco a fresco, è opportuno che l'intonaco stesso sia applicato in strati successivi, di cui l'ultimo di grana fina che, secondo uno dei metodi usato correntemente fino a tutto il sec. XVII, veniva levigato con un ferro liscio: ciò che valeva a mantenere più a lungo umido il muro e quindi a facilitare il lavoro.
La tinteggiatura che risulta dall'applicazione a fresco dà l'impressione di essere ottenuta mediante una serie di successive velature.
Nel sec. XVIII non si usava di levigare l'intonaco; esso veniva preparato con un ultimo strato a grana finissima sul quale si applicava la tinta a corpo che, almeno in parte, annullava la grana dell'intonaco. Usando questo metodo, è bene mantenere costante il grado di umidità del muro mediante successive bagnature.
Di solito nella tinteggiatura a fresco non si applicano più di due strati di tinta sovrapposti, al massimo tre.
I colori più frequentemente usati per la tinteggiatura a fresco sono quelli derivati dai minerali e dai composti d'ossido e cioè: la calce bianca, il bianco di zinco, l'ocra naturale o bruciata, il giallo di Napoli, la terra di Siena, i varî oltremare, il blu cobalto, il verde Mitis, il verde Veronese, i cinabri neri, il nero animale e minerale in genere.