Vedi TINO dell'anno: 1966 - 1997
TINO (Τῆνος, Tenus)
Isola delle Cicladi, posta fra Andros e Mykonos. Le fonti letterarie ricordano la defezione dei suoi abitanti dalla flotta persiana, e la successiva collaborazione con i Greci nella guerra (il nome dei Τένιοι è iscritto sul tripode di Delfi). La sua ricchezza fu notevole, poiché contribuiva al tesoro della Lega Ateniese, di cui in seguito fece parte, con 10 talenti annui. Partecipò con Atene alla spedizione contro Siracusa, subendone le catastrofiche conseguenze. Alla metà del IV sec., tuttavia, divenne uno dei centri più importanti della lega fra le isole; ebbe stretti rapporti con Rodi, di cui seguì le alterne vicende politiche, fino a rifiorire in età imperiale.
Gli scavi condotti successivamente dai belgi, dai francesi, dagli italiani, dai greci offrono un quadro abbastanza completo della vita che si svolse nei centri dell'isola fin dai tempi preistorici. I trovamenti archeologici di maggiore interesse provengono da T., dalla pianura Chionia, da Kardiani e da Exoburgo.
L'antica città di T. era ubicata nella parte sudoccidentale dell'isola, dove si trova oggi il centro moderno di Tino. La cinta muraria, conservata solo in parte presenta alcune torri sul tracciato e un'iscrizione incisa sui blocchi di una torre, per i caratteri paleografici sembra datare l'ultima fase di costruzione delle mura (che in alcune parti mostrano un impianto risalente al V sec. a. C.) alla metà del III sec. a. C. Fuori della città, nella pianura Chionia, si trovava il santuario di Posidone e Anfitrite, collegato al mare da una strada lunga 150 m, che è stato identificato con quello nominato da Filocoro (Fr. Hist. Gr., i, 414) e da Strabone (x, 8) e comprendeva oltre al tempio, un altare monumentale, una stoà, i propilei e altri edifici di culto.
Il tempio, orientato verso E, è dorico, periptero con sei colonne in facciata e Otto nei lati, la cella è quasi quadrata. Lo stilobate, alto m 1,70 presenta nei lati E e S una scala di sei gradini. La scoperta di alcuni frammenti del frontone scolpito con mostri marini e di alcune tegole con la dedica a Posidone, confermano la notizia delle fonti sulle divinità cui era dedicato il santuario. La costruzione viene datata al III sec., sulla base di una testimonianza letteraria: in quest'epoca, infatti, la confederazione focese diede il diritto di asilo al tempio e contribuì con cinque mine alla sua edificazione. Parallela al tempio, a N, è una seconda costruzione, esposta a mezzogiorno; secondo l'Orlandos nell'edificio si deve ravvisare una fontana, formata da un'esedra e da due ali a portico con quattro colonne che avrebbero sostenuto un architrave e un fregio a metope e triglifi. Il Picard, invece, ha riconosciuto nella costruzione un edificio per il culto di Dioniso, uno stibàdeion; l'esedra, infatti, è associata ad un edificio rovinato della stessa lunghezza, che potrebbe essere una sala di riunioni, nè d'altra parte è stato trovato il sistema idraulico della fontana. Al limite settentrionale del santuario sono stati rinvenuti i muri di fondazione di un edificio rettangolare (m 21,70 × 10,90), datato ad età romana, forse destinato all'alloggio dei pellegrini. A 23 m a S del tempio, dietro i propilei, è situato un altare monumentale, presso il quale sono state rinvenute due statue di culto datate all'inizio del III sec. a. C. La costruzione, di m 11 × 30, è del tipo in antis, simile all'altare di Pergamo, con un fregio a ghirlande e bucranì, di assai mediocre esecuzione.
Nell'odierno sito di Kardiani è stata scoperta una necropoli di epoca geometrica, con tombe a cassone, disposte su un terreno a terrazze. La ceramica ha un aspetto rozzo, le forme e le decorazioni sono assai semplici. Anche i bronzi, per la maggior parte fibule ad arco semplice, mostrano l'estrema povertà di questa necropoli, riavvicinabile in questo senso a quelle tessale.
Un'altra antica città, di nome ignoto, è stata messa in luce nei pressi della moderna Exoburgo. Sono state scoperte alcune parti delle antiche mura le cui fondamenta sono tardo-geometriche, mentre il riempimento va forse datato al VII sec., analogamente alle cinte murarie più antiche delle altre isole. Al di fuori del peribolo si trova un edificio della fine dell'VIII sec., di pianta irregolare che si vorrebbe identificare in un thesmophòrion. Nel lato orientale, un ambiente definito per gli oggetti scopertivi "stanza dei pìthoi", è probabilmente l'àdyton del santuario.
L'isola di T. viene considerata con Creta, Rodi e la Beozia, uno dei centri di produzione dei cosiddetti pithoi con decorazione a rilievo, prodotti fra l'VIII e il VI sec. a. C. Lo Schäfer, che unisce in un solo gruppo i pìthoi di T. e della Beozia, ha distinto tre fasi nella produzione: la prima, del 775-725 circa, è attestata solo a T., la seconda del 725-650 circa, la terza che giunge fino al 625 è presente solo in Beozia. Particolarmente facile a distinguersi è la fase di T. che si riconduce per la decorazione ai vasi dipinti tardo-geometrici. Una maggiore precisazione, tuttavia, sembra ancora prematura ed è necessario attendere i risultati dei nuovi scavi. Alla produzione tinia va però riconnessa l'anfora scoperta di recente a Mykonos, che si può considerare l'esempio migliore di questa classe ceramica. Il vaso, che ha due grandi anse decorate a giorno, presenta sul collo un grande cavallo dal quale escono uomini armati e una serie di venti pannelli sul corpo con altri episodi della guerra di Troia; esso viene datato alla metà del VII sec. a. C.
Bibl.: G. Patroni, in Ath. Mitt., XX, 1895, p. 397 ss.; P. Graindor-H. Demoulin, in Bull. Corr. Hell., XXVI, 1902, p. 399 ss.; id., in Musée Belge, VIII, 1904, p. 64 ss.; id., in Musée Belge, X, 1906, p. 309 ss.; XIV, 1910, p. 5 ss.; Rev. Étud. Anc., XX, 1918, p. 33; D. Levi, in Annuario Atene, VIII-IX, 1925-6, p. 203 ss.; Fiehn, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, c. 507 ss.; D. Levi, in Enc. Ital., XXXIII, p. 865, s. v.; A. Orlandos, in Arch. Eph., 1937, II, pp. 608-620; C. Picard, in Comptes Rendues de l'Academie des Inscript. et Bell. Lettres, 1944, p. 147 ss.; id., in Bull. Corr. Hell., LXXV, 1951, p. 189 ss.; M. N. Kondoleon, in Πρακτικὰ, 1953, p. 258 ss.; 1955, p. 259, ss.; τὸ ῎Εργον, 1958, p. 163 ss. Per i pìthoi, cfr.: J. Schäfer, Studien zur den griechischen Reliefpithoi des 8.-6.-Jahrhunderts v. Chr., Hallmünz 1957; M. N. Kondoleon, in Gnomon, XXXII, 1960, p. 719 ss. Per l'anfora da Mikonos: M. Ervin, in ᾿Αρχ. Δελτίον, XVIII, 1963, p. 371.