tin tin
L'onomatopea compare in Pd X 143, dove D. " discrive in quanto puote tutto il moto delli orioli e loro suono " (Ottimo): l'una parte e l'altra [del meccanismo] tira e urge, / tin tin sonando con sì dolce nota, / che 'l ben disposto spirto d'amor turge. Benvenuto ricollega la locuzione a fonti latine: " sonando tin tin, idest pulsando campanellas, quarum sonus appellatur ‛ tinnitus ': unde et campanella dicitur ‛ tintinnabulum ' "; Si veda per es. Virgilio Georg. IV 64.
Altri commentatori sentono l'espressione come un'invenzione dantesca, derivata dall'osservazione della realtà: " le campanelle delli orioli... suonano ‛ tin tin '... quando sono percosse dai loro martellini " (Buti), e " tin tin... è la voce del campanuzzo del destatoio ", aggiunge il Landino. Suggestiva è anche la chiosa del Cesari.
Per quanto riguarda il dubbio se le due sillabe vadano lette unite, o staccate, si veda il Lombardi: " sembra che staccate... le sillabe, esprima meglio il suonare della campana ".
V. anche TINTINNO.