TIMOTEO (Τιμόϑεος, Timothĕus)
Generale e uomo politico ateniese del sec. IV a. C., figlio di Conone e, forse, di madre tracia. In Asia, in compagnia del padre, circa il 394 a. C., ritornò ad Atene nel 392, e doveva già essere adulto se il padre gli lasciò i beni da amministrare. Fornito infatti di larghissimo censo sarebbe caduto nella dissolutezza, se non fossero intervenuti l'insegnamento e l'esempio d'Isocrate, che ebbe su di lui influsso decisivo. Amico anche di Platone, T. restò per eccellenza l'allievo di Isocrate, che gli diede quelle convinzioni politiche e morali e quell'educazione retorica, che, accanto all'esperienza militare derivata dal padre e rafforzata da Cabria e da Ificrate, staranno alle fondamenta della sua vita. Il padre gli morì circa il 389; ma il suo intervento diretto nella vita politica è solo del 378 e coincide con quella fondazione della seconda Lega navale, che Isocrate aveva preannunciato due anni prima col Panegirico. La sua politica resterà di egemonia ateniese a contenuto panellenico, con la coscienza di una comunità culturale tra i Greci e un primato spirituale di Atene. Ricco egli stesso di cultura, di spirito, di umanità, incarnerà, agli occhi almeno d'Isocrate, questo ideale. Stratego dunque nel 378, lo fu una seconda volta nel 376 durante le operazioni militari decisive contro Sparta. A lui toccò la restaurazione dell'egemonia navale ateniese nello Ionio, dove persuase e costrinse all'alleanza Corcira, gli Acarnani, gli Epiroti e probabilmente perciò anche Giasone di Fere, amico di Alceta, re degli epirotici Molossi. La crociera culminò militarmente nella vittoria nelle acque di Alyzía. E restò celebre la mitezza, figlia della isocratea "persuasione", con cui egli trattò le città sottomesse. Ad Atene gli fu decretata una statua. La pace del 375, di carattere panellenico, liberando la Beozia dai presidi spartani e riconoscendo la Lega navale ateniese, sembrò consacrare l'ideale di Isocrate e di T. Le scarse disponibilità finanziarie di Atene, la crescente potenza della Beozia liberata e infine la sottovalutazione delle forze ancora disponibili a Sparta vennero però tosto a disilludere: T. stesso fu artefice di questa disillusione, appunto perché il più dominato dall'ideologia isocratea. S'impuntò nel sostenere i democratici di Zacinto e poi nel difendere Corcira, legittimamente secondo il suo modo di pensare; ma riarse la guerra in cui le difficoltà economiche per Atene si fecero fortissime: nel 373 T. si trovò, durante una sua crociera nell'Egeo, privo di mezzi; né gli Ateniesi dimostrarono volontà di aiutarlo. Anzi, Ificrate e Callistrato accusarono T. Il processo clamoroso, quando ad Atene apparvero a testimoniare in favore di T. Alcete e Giasone, si concluse nel novembre 373 con un'assoluzione. Ma la carriera politica di T. era troncata (in questo senso Isocrate nel Plataico aveva invano perorato per il suo discepolo), e la sua fortuna privata in rovina. Egli andò come generale al servizio del re di Persia a combattere contro l'Egitto "con l'assenso del popolo".
Ad Atene non tornerà che nel 367, quando l'egemonia tebana era instaurata, e dei sogni panellenici di Atene non era il caso di parlare. T. sarà talvolta buono, talvolta mediocre generale, non più uomo politico e creatore. Egli dapprima contribuirà a difendere Atene con la sua esperienza di ammiraglio contro la solidarietà tebano-persiana. Nel 366 è in aiuto del satrapo persiano ribelle Ariobarzane con la consegna però di non violare la pace del re. Occupa, dopo dieci mesi d'assedio, Samo allora in mano di un'oligarchia sostenuta dal satrapo Tigrane, poi libera Sesto e Critote e in seguito anche Cizico: gli antichi sistemi sono tanto abbandonati che a Samo sono imposti cleruchi militari ateniesi. Gli anni seguenti furono impegnati a controbattere per mare la nascente flotta tebana (T. represse subito la ribellione di Bisanzio) e a restaurare l'egemonia sulla Calcidica e in Tracia. I successi furono prosperi: Metone e Pidna furono tolte alla Macedonia, approfittando dei disordini interni, Torone e Potidea alla Calcidica. E, secondo Isocrate, queste spedizioni avrebbero gravato poco sul bilancio ateniese. Inoltre ad Eraclea pontica era sostenuto un governo filoateniese. Le comunicazioni col Mar Nero erano di nuovo libere per Atene. Ma Amfipoli non era ricuperata, e ciò finiva con l'influire disastrosamente su tutta la situazione in Tracia e nell'Ellesponto. T., mandatovi ancora una volta nel 360, doveva ritirarsi bruciando la flotta. Negli anni seguenti, mentre la vita politica ateniese si andava disorganizzando, egli era lasciato in disparte. Nel 357 proponeva e guidava la risottomissione dell'Eubea. Poco dopo la guerra sociale (357-5) portava il più fiero colpo all'edificio costruito da Timoteo nel 378. Fra gli strateghi del 356-5. Samo assediata dai ribelli fu liberata da lui; ma nella battaglia di Embata si rifiutò insieme con Ificrate, ridiventato suo amico, da quando il figlio di Ificrate Menesteo ne aveva sposato la figlia, di attaccare con Carete. Carete sconfitto lo accusò di essere stato corrotto dai Rodî. E il popolo lo condannò a una multa di 100 talenti. T. si recò in esilio a Calcide, dove morì poco dopo: un figlio, Conone, che pagherà un decimo della multa, resterà uno dei più ricchi di Atene. Nelle orazioni scritte dopo la conclusione della guerra sociale - e sopra tutto nell'Antidosi - Isocrate continuava a richiamarsi a Timoteo come al rappresentante del periodo ideale dell'egemonia ateniese.
Bibl.: I testi in I. Kirchner, Prosopographia attica, Berlino 1903, II, n. 13.600. Cfr. in genere le storie greche e le opere su Isocrate. Inoltre A. Schaefer, Demosthenes und seine Zeit, 2a ed., Lipsia 1885-87; P. Cloche, La politique étrangère d'Athènes de 505 à 338 a. J.-Chr., Parigi 1934 (dove ampia bibliografia); A. Momigliano, Un momento di storia greca: la pace del 375 e il Plataico di Isocrate, in Athenaeum, n. s., XIV (1936), p. 3 segg.