NURSIO, Timideo Francesco
NURSIO, Timideo Francesco. – Nacque a Verona nel 1453; i nomi dei genitori sono ignoti.
Rimasto orfano di padre in età giovanissima e privo di sostegno economico, si recò a Ravenna e a Cesena. Si trovava a Ravenna l’ultimo giorno di gennaio del 1472, allorché inviò all’amico veronese Tiberio Schioppo un poemetto in terzine in onore della Vergine (sette canti, per un totale di 583 terzine ricche di reminiscenze dantesche; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Codd. it., IX.49), alla quale attribuiva il merito di averlo salvato da una grave infermità. Dalla lettera di accompagnamento al poemetto stesso (in Perpolli, 1915, pp. 102-104), si ricavano i dati biografici fino a quella data, tra i quali l’anno di nascita, unitamente alle notizie di una giovinezza travagliata da «miserie, calamità, tribulazione» e l’esistenza di un fratello.
Dopo aver svolto probabilmente la professione di docente a Venezia, dove fu ascritto all’Accademia Aldina (Bettinelli, 1780, p. 239), «già nel 1489, come sembra» (Avesani, 1984, p. 184), entrò nella corte di Caterina Cornaro, vedova del re di Cipro Giacomo II di Lusignano, per servire come segretario. A questa fase della sua carriera data il suo contributo più significativo agli studi classici: inviato a Milano prima del 1496, venne a conoscenza, per tramite di Tristano Calco, di 18 epigrammi che allora furono creduti opera del poeta latino Decimo Magno Ausonio (ma appartenenti, in realtà, alla silloge tardoantica degli Epigrammata Bobiensia, risalente alla fine del IV secolo). Ne mise a parte Bartolomeo Merula, che ebbe pertanto a elogiarlo quale «elegantissimus poeta noster..., a secretis excell. Corneliae gentis reginae Cypri» nella lettera preposta all’edizione veneziana di Ausonio del 1496 (per le cure di Girolamo Avanzi, I.G.I. [Indice generale degli incunaboli], n. 1100), in calce alla quale gli epigrammi furono inclusi.
Analoghe testimonianze su Nursio e sul suo impiego presso i Cornaro si leggono disseminate nelle lettere di dedica di coeve edizioni di autori classici, curate per lo più da suoi amici: il suo ingresso in casa Cornaro, alla quale rimase legato fino all’età avanzata, è testimoniato dallo stesso Avanzi nella lettera indirizzata a Iacopo, figlio di Giorgio Cornaro e nipote di Caterina, stampata nella seconda edizione delle sue Emendationes in Catullum (Venezia 1500; I.G.I., n. 9668): se ne evince il ruolo di precettore che Nursio – così come anche Merula – svolse nei confronti di Iacopo e di suo fratello Marco. Con tono fortemente elogiativo lo ritrasse il concittadino Matteo Bosso nel terzo libro del suo Epistolario (Venezia 1502, n. 59) in una lettera datata 24 maggio 1501 ad Adeodato Broilo, annoverandolo «in suavitates humanas, et quas parit in terris natura delicias». Bosso, che non doveva avere notizie di Nursio da tempo, si augurava che nel tornare a Venezia questi potesse fargli visita a Padova. Giovanni Tacuino affidò invece all’epistola dedicatoria della stampa veneziana di Lattanzio (Venezia 1502) – rivolta a Marco Cornaro e riproposta nelle successive edizioni del 1509 e del 1521 – un partecipato elogio del magistero poetico e morale di Nursio, in cui sono sottolineati tra l’altro i numerosi viaggi e spostamenti da lui compiuti durante la sua vita: «Nursius ille Veronensis poeta elegantissimus, qui clarus virtute multiiuga et qui mores hominum multorum novit et urbes, in aedibus ac rebus vestris iamdiu consenuit et utitur nunc aura benignissima gloriosissimae reginae vestrae Cypriae» (c. [1]v).
Nel 1508 i meriti letterari e culturali di Nursio, soprattutto nella produzione in volgare, nonché il suo ruolo presso la corte dei Cornaro e in particolare di Caterina furono sottolineati nuovamente da Avanzi nella lettera di dedica a Marco Cornaro delle proprie Emendationes inSylvas Statii (Venezia): «Hinc apud inclytam reginam tanquam unicus phoenix ille Veronensis Nursius Timideus patrii carminis princeps, summa prudentia, mira doctrina spectatissimus». Osserva tuttavia Avesani (1984, p. 185) che, «a rigore, non se ne può dedurre che a quella data il Nursio fosse ancora in vita».
Poche altre notizie si hanno circa il servizio prestato da Nursio alle dipendenze della nobile famiglia veneziana. Nel 1501 era a Milano con Matteo Rufo, come si evince da una serie di lettere di quest’ultimo a Marino Sanuto (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Codd.it., IX.364 [= 7167], cc. 136v e segg.); vi si trovava al seguito di Giorgio Cornaro, di cui fu segretario allorché quello fu capitano di Verona, dal marzo 1501 al maggio 1502. Fu amico, tra gli altri, di Gaspare Visconti, cui rivolse un sonetto di elogio conservato da un codice parzialmente autografo dello stesso Visconti (Milano, Biblioteca Trivulziana, 1093, c. 118r [nr. 221]), e del poeta Paolo Diedo, amico comune (ibid., c. 117v, sonetto di Diedo a Visconti [nr. 219]). Tra i concittadini illustri ebbe rapporti con Dante III Alighieri, cui indirizzò un sonetto, e Felice Feliciano, con il quale corrispose; fu inoltre onorato di una citazione da parte di Virgilio Zavarise nel carme «cum enumeratione poetarum oratorumque Veronensium», dove si ricorda come suo parto letterario significativo un capitolo per la morte di Dafne (v. 141: «Nursius et plorans Daphneia funera rhythmo», cit. in Avesani, 1984, p. 226); il capitolo è conservato in Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Codd. it, Fondo antico, Z 60 (= 4752), cc. 213r-221v: Carmen flebile in mortem Dapnis [sic] amice. Dei rapporti con Sanuto, invece, sono testimonianza precipua i sonetti intercorsi tra questo e Nursio: oltre a quello sulla discesa di Carlo VIII in Italia (Sta salda, Italia, et più non dubitare, nell’autografo di Sanuto: Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Codd. it., IX.363 [= 7386], c. 57v), particolarmente significativa è la serie di cinque sonetti inviati da Nursio a Sanuto al tempo del suo camerlengato veronese (aprile 1501 - settembre 1502), in risposta a un sonetto caudato dello stesso Sanuto il quale, «inamorato» della fama di Nursio, chiedeva l’invio di nuovi versi (ibid., IX.364 [= 7167], cc. 148v-150r).
Opere: oltre al poemetto alla Vergine e al capitolo per la morte di Dafne, vanno annoverati anche un Triumphus avaritie (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Codd. it., Fondo antico, Z 60 [= 4752], cc. 221v-225r) e un capitolo morale sull’amore (ibid., cc. 207v-213r; Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., II.II.75, cc. 204v-209r). Nursio si unì inoltre alla schiera di quanti piansero poeticamente la morte di Simonetta Cattaneo (26 aprile 1476), con il Carmen austerum in funere Simonettae Vespucciae Florentinae ad illustrissimum Alfonsum Calabriae ducem: il carme – un lungo ternario indirizzato al duca Alfonso d’Aragona – si legge nel Magl. II.II.75, cc. 192v-202v e in Paris, Bibliothèque nationale, Mss. italiens, 1543, cc. 199-207. Altre rime tràdite da codici italiani e all’estero attestano i rapporti con letterati e intellettuali dell’epoca; nonostante gli elogi rivolti dai contemporanei, tali componimenti «generano l’impressione di una desolata prolissità, mentre i frequenti e talora gratuiti riferimenti classici non bastano a nascondere un certo impaccio nell’uso della lingua e del verso» (Avesani, 1984, p. 184).
Un discorso a parte merita il Contrasto di Tonin e Bighignol, dialogo burlesco in terza rima che, pubblicato come opera di Nursio in Giuliari, 1881, è in realtà di dubbia attribuzione (contro Giuliari, che riprendeva un’attribuzione di Maffei, 1731, p. 260, si espresse per primo Rossi, 1887A, p. 291, seguito da altri studiosi). La prima parte del Contrasto si legge nel Magl. II.II.75, cc. 202v-204v, fondamento dell’edizione di Giuliari, e in Roma, Biblioteca apostolica Vaticana, Capponiani, 193, cc. 130v-132r, mentre è integro in Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Codd. it., Fondo antico, Z 60 (= 4752), cc. 78v-83v.
Fonti e Bibl.: S. Maffei, Verona illustrata, II, Verona 1731, pp. 260 s.; S. Bettinelli, Opere, III, Il Risorgimento d’Italia negli studi, nelle arti e ne’ costumi dopo il Mille. Parte prima. Degli studi, Venezia 1780, p. 239; G.C. Giuliari, Della letteratura veronese al cadere del secolo XV e delle sue opere a stampa, Bologna 1876, pp. 206 s., 269 s.; Id., Dialogo in volgare veronese del sec. XV di F. N. T. da un antico manoscritto della Bibl. nazionale di Firenze, Verona 1881, pp. VII-XI; V. Rossi, Rassegna bibliografica di L. Stoppato, «La commedia popolare in Italia», in Giornale storico della letteratura italiana, IX (1887A), p. 291 n. 3; Id., Poesie storiche sulla spedizione di Carlo VIII, Venezia 1887B, pp. 12 n. 3, 13, 18, 29; C. Perpolli, L’«Actio Panthea» e l’umanesimo veronese, in Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 4, XVI (1915), pp. 9, 102-107; M.L. Cosenza, Biographical and bibliographical dictionary of the Italian humanists and of the world of classical scholarship in Italy, 1300-1800, III, Boston 1962, p. 2495; R. Avesani, Verona e il suo territorio, IV, 2, Verona 1984, pp. 139, 183-185, 202, 226 s.; N. Messora, Il teatro sotto la Repubblica di Venezia. L’enigma del teatro a Verona (1480-1548), in Quaderni veneti, X (1990), pp. 84-86; Indice generale degli incunabolidelle biblioteche d’Italia (I.G.I.), Roma 1943-81, ad indicem.