timbro
Il termine timbro fa riferimento alla qualità acustico-percettiva propria di un suono, che permette a un ascoltatore di distinguere quel suono da un altro di uguale altezza tonale, intensità e durata.
In acustica musicale ogni strumento possiede un proprio timbro: una stessa nota suonata da un violino o da un clarinetto risulta immediatamente distinguibile. La differenza, sul piano acustico, è data dalla forma d’onda, che è la risultante della somma di tutte le componenti del segnale complesso (➔ fonetica acustica, nozioni e termini di). Una diversa composizione del segnale determina la percezione di un diverso timbro.
Nel parlato il termine timbro viene usato per indicare due diverse caratteristiche del segnale, una segmentale, una soprasegmentale (➔ soprasegmentali, tratti). Nel primo caso si parla di timbro vocalico, nel secondo di timbro di voce.
Il timbro vocalico è la qualità della vocale (➔ vocali) che permette di distinguere, sul piano percettivo, un fono vocalico da un altro. Sebbene sul piano acustico una stessa vocale prodotta da una voce maschile, femminile o di bambino presenti altezze formantiche diverse a causa della diversa struttura del canale fonatorio, sul piano percettivo il timbro vocalico è, in tutti i casi, correttamente riconosciuto. Il punto è che l’identificazione uditiva avviene non in termini assoluti, ma in relazione al contesto. L’orecchio si tara e si rapporta al tipo di voce e, su tale base, associa frequenze diverse a determinati foni.
In italiano i timbri vocalici fonologicamente distintivi sono sette [i e ɛ a ɔ o u] in posizione accentata e cinque in posizione non accentata, in quanto viene meno l’opposizione timbrica tra [ɛ] ed [e] e tra [ɔ] e [o] in favore delle semichiuse (Camilli 19653: 65).
La produzione delle vocali è comunque molto variabile: le vocali atone tendono generalmente alla centralizzazione e sono più esposte a variazioni timbriche, le vocali toniche possono cambiare timbro a causa del contesto, per effetto della coarticolazione, in funzione della velocità e del tipo di eloquio, per iper- o ipoarticolazione, per stato emozionale del parlante (➔ pronuncia).
Notevoli variazioni timbriche si rilevano nei dialetti locali e regionali: in alcuni si riscontrano timbri vocalici totalmente estranei al sistema fonologico dell’italiano, come le vocali anteriori procheile /y/ e /ø/ in alcuni dialetti settentrionali e la vocale centrale [ɘ] nel napoletano; in altri, come in Lombardia e Campania, pur persistendo il sistema tonico eptavocalico, i foni presentano, all’interno del lessico, una diversa distribuzione rispetto all’➔italiano standard (it. standard: [tre] [ˈverde] [ˈpɛnso] [ˈwɔːmo]; Milano: [trɛ] [ˈverde] [ˈpenso] [ˈwɔːmo]; Napoli: [tre] [ˈvɛrde] [ˈpɛnso] [ˈwoːmo]; Maturi 2006: 92); in altri ancora sono presenti modifiche essenziali delle vocali dovute alla struttura sillabica: nel bolognese, ad es., si ha differenziazione vocalica per /i/ e per /u/ che si mantengono in sillaba aperta, ma non in sillaba chiusa (cfr. [aˈmik] e [mel] «amico» e «mille», [nud] e [ˈbrota] «nudo» e «brutta» (Weinrich 1958: 198-199; Serianni 1988: 13).
Il timbro di voce dipende da numerosi fattori quali, ad es., le caratteristiche delle corde vocali (lunghezza, elasticità, spessore), delle cavità sopralaringali (elasticità dei tessuti, forma e dimensione della cavità oro-faringale), della tonicità muscolare dei diversi organi articolatori (chiusura / apertura del diaframma rinovelare, motilità del velo, della lingua, ecc). Ognuno di questi fattori contribuisce alla caratterizzazione percettiva del timbro rendendolo profondo, gradevole, squillante, aspro, nasale, ecc.
Dal punto di vista acustico, la voce è un segnale complesso, risultato della somma di tante onde semplici generate lungo il canale fonatorio. Alcune componenti riguardano il testo e permettono all’ascoltatore di riconoscere i foni che si susseguono lungo la catena parlata, altre riguardano il modo in cui il testo viene prodotto e danno la percezione del timbro (o colore) della voce. Le prime rappresentano una parte molto limitata del segnale complessivo (fino ai 2,5 KHz), le seconde rappresentano la parte più rilevante del segnale sia quantitativamente (il segnale percepibile arriva fino ai 7-8 KHz), sia sul piano della trasmissione del messaggio. Alcuni esperimenti sulla comunicazione verbale ‘faccia a faccia’ (Merhabian 1971 e 1972) dimostrano che la porzione di segnale vocale che riguarda la trasmissione del testo è inferiore al 10% del segnale totale e che il restante 90% serve a trasmettere informazioni sul parlante, sul suo stato emozionale e sul tipo di eloquio. Il timbro di una voce riguarda proprio quell’ampia porzione spettrale che rende distinguibile e unica la voce. A questo riguardo, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento si sono sviluppati studi sulla possibilità di identificare il parlante su base fonica. Kersta (1962) conia il termine voiceprint «impronta vocale» in analogia con fingerprint «impronta digitale». I successivi esperimenti (tra gli altri Tosi et al. 1972; Tosi 1979) non hanno fornito risposte univoche e oggi gli studi sono orientati su un modello acustico-uditivo di riconoscimento del parlante che tiene conto sia dell’analisi spettrale della voce sia del metodo uditivo (McDermott & Owen 1996; Romito 2003).
Camilli, Amerindo (19653), Pronuncia e grafia dell’italiano, a cura di P. Fiorelli, Firenze, Sansoni (1a ed. 1941).
Kersta, Lawrence G. (1962), Voiceprint identification, «Nature» 196, pp. 1253-1257.
Maturi, Pietro (2006), I suoni della lingua, i suoni dell’italiano. Introduzione alla fonetica, Bologna, il Mulino.
McDermott, Michael C. & Owen, Tom (1996), Voice identification. The aural/spectrographic method, Owl Investigations Inc. (http://tapeexpert.com/pdf/voiceidauralspectro.pdf; rist. in Corporate investigations, edited by R.J. Montgomery & W.J. Majeski, Tocson, Lawyers & Judges Publ. Company, 2005, pp. 106166).
Mehrabian, Albert (1971), Silent messages, Belmont, Wadsworth.
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Romito, Luciano (2003), Passato presente e futuro nelle analisi di speaker recognition, in Voce Canto Parlato. Studi in onore di Franco Ferrero, a cura di P. Cosi et al., Padova, Unipress, pp. 237-246.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.
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Weinrich, Harald (1958), Phonologische Studien zur romanischen Sprach-geschichte, Münster, Aschendorf.