TIMASITEO (Τιμασίϑεος, Timasitheus)
Dopo la presa di Veio M. Furio Camillo inviò a Delfi dei doni per ricordare questo successo ottenuto contro gli Etruschi. L'ambasceria fu assalita presso lo Stretto di Messina da corsari liparesi che, nonostante le suppliche degli ambasciatori, volevano mettere all'asta la preda; ma lo stratego liparese T., conosciuta la destinazione dei donativi, indusse i pirati a restituirli e avrebbe anzi fatto scortare le navi romane sino a Delfi, laonde dai Romani gli fu concesso l'ospizio pubblico, e quando essi, nel 256, presero Lipari, dichiararono i discendenti di T. liberi e immuni dalle imposte. È da supporsi, tuttavia, che la cagione del contegno di T. sia stata, forse, piuttosto il rispetto religioso del dio di Delfi che non il timore di una vendetta dei Romani, ancora non assurti a grande potenza. L'episodio dimostra, a ogni modo, che nel sec. IV i Liparesi esercitavano ancora, come in antico, la pirateria. Livio dice che il fatto avvenne dopo la presa di Veio (quindi nel 394); da lui differisce Diodoro che sembra accennare al 396; Giustino, invece, posticipa di qualche anno il fatto narrando che quando gli ambasciatori romani tornarono da Delfi seppero dell'avvenuta invasione dei Galli (390 circa). Fra tutti Livio è forse più degli altri nel vero. Se allora Lipari era sotto il dominio di Dionisio di Siracusa, come sembra probabile, e quindi T. era un suo uffìciale, l'episodio può dare qualche luce sui rapporti fra i Romani e Dionisio.
Fonti: Liv., V, 28, 2-3; Val. Mass., I, 1 extr. 4; Iust., 43, 5, 8; Diod., XIV, 93; Plut., Camil., VIII, 5 segg.
Bibl.: E. Pais, Storia critica di Roma, II, Roma 1915, p. 312; id., Ric. di storia e goegrafia, Torino 1908, pp. 348-443; G. De Sanctis, St. d. Romani, II, ivi 1907, p. 147; G. Libertini, Le isole Eolie, Firenze 1921, p. 120 segg.; A. Momigliano, Due punti di storia romana arcaica, in Studia et documenta historiae et iuris, II (1936).