TIMARCHIDES (Τιμαρχίδης, Timarchides)
Nome di due scultori attici.
1°. - Figlio di Polykles, scultore ateniese attivo nella seconda metà del II sec. a. C.
La definizione della personalità di T. non è priva di difficoltà per la presenza di un altro scultore di questo nome nella stessa famiglia di artisti che fa capo a Polykles, allievo di Stadieus. Pausania ricorda più volte la collaborazione dei due "figli di Polykles", Timokles il più anziano e T.; poiché Timokles è compreso da Plinio nell'elenco degli iniziatori della corrente classicheggiante nella clvi Olimpiade (156-143 a. C.) insieme a Polykles, pare che i due fratelli siano senz'altro figli dell'allievo di Stadieus (Nat. hist., XXXIV, 52). Attorno al nome di T. si raccoglierebbero dunque le notizie della collaborazione con Timokles, che dové essere assai vasta. Pausania ricorda a Olimpia la statua di un atleta di Triteia, città dell'Acaia, i cui abitanti si definivano però Arcadi nella dedica (Paus., vi, 12, 9): la notizia è interessante per la cronologia del nostro, dal momento che Triteia pare abbia cessato momentaneamente di essere achea nel 146 a. C. (E. Mayer, in Pauly-Wissowa, vii A, 1939, c. 240, s. v. Tritaia). Altre opere dei due scultori erano ad Elatea, la statua di culto di Asklepios, rappresentato barbuto (Paus., x, 34, 6) e quella di Atena Krànaia, che aveva uno scudo imitato da quello fidiaco della Parthénos (Paus., x, 34, 8). L'osservazione di Pausania conferma il carattere neoattico dell'arte di T., così come la statua di Olimpia rientra nella serie di ritratti celebrativi che anche Plinio gli attribuisce (Nat. hist., xxxiv, 91). Soprattutto determinante per la conoscenza dell'arte di T. è però l'identificazione dell'Apollo con la cetra che era a Roma nel tempio di Apollo Sosiano (Plin, Nat. hist., xxxvi, 35: Timarchides fecit). L'opera è stata riconosciuta in una serie di repliche, la più fedele delle quali è a Londra, da Cirene (v. apollo). La figura del dio è coperta, nella parte inferiore, dal mantello che fascia le gambe e circonda il torso con un rotolo di pieghe a forte risalto; la gamba sinistra è sollevata ed il braccio destro è tratto sul capo come nell'Apollo Lỳkaiòs, il sinistro tiene la lyra. L'opera, di evidente ispirazione prassitelica, ha avuto molta fortuna in età imperiale, e se ne conoscono, oltre le copie ricordate, numerose riproduzioni su gemme, sarcofagi, rilievi diversi. Soprattutto convincente per il riconoscimento del capolavoro di T. è stata la riproduzione in un rilievo dell'Arco di Traiano a Benevento, dove il dio compare accanto a Portuno ed Ercole, a simboleggiare i culti del Foro Boario, sul quale appunto affacciava il tempio di Apollo Sosiano. Una variante del tipo attribuito a T., di accento più patetico con la testa rovesciata all'indietro, è nota da altre copie di età imperiale.
Bibl.: K. Jex-Blake-E. Sellers, The Elder Pliny's Chapters on the History of Art, Londra 1896, p. 208, tav. A; O. Deubner, Hellenistische Apollogestalten, Atene 1934, p. 64 ss.; G. Becatti, in Bull. Com., LXIII, 1935, p. 111 ss.; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, c. 1233, s. v., n. 4; M. Bieber, in Thieme-Becker, XXXIII, 1939, p. 175, s. v., n. i; G. Becatti, Attikà, in Riv. Ist. Arch. St. Arte, VII, 1940, p. 16 ss.; G. Lippold, Handb., III, i, Monaco 1950, p. 366; J. M. C. Toynbee, Some Notes on Artist in the Roman World, Bruxelles 1951, p. 19; S. Stucchi, in Bull. Com., LXXV, 1953-1955, pp. 3-47; J. Marcadé, Rec. des signatures de sculpteurs grecs, II, Parigi 1957, pp. 131; 134.
2°. - Figlio di Polykles, scultore attico del demo di Thorikos, attivo nella prima metà del I sec. a. C.
L'esistenza di uno scultore, diverso dall'altro di ugual nome (v. T., 1°), è provata almeno da una firma ad Atene in cui T. figlio di Polykles da Thorikos si definisce neòteros evidentemente per distinguersi dal suo omonimo più anziano, anch'egli figlio di un Polykles. I caratteri di questa iscrizione, trovata su di una base di marmo dell'Imetto al teatro di Dioniso, sono della prima metà del I sec. a. C.; la statua, perduta, era in marmo (I. G., ii-iii2, 4302). Allo stesso scultore, per l'identità del demotico, si può riferire un'altra base di Atene, dove la firma è però incompleta (I. G., ii-iii2, 4309). Ma soprattutto è importante l'attribuzione al nostro della statua in marmo di G. Ofellio Fero, trovata a Delo nell'Agorà degli Italiani. La statua firmata da Dionysios figlio di T. e da T. figlio di Polykles, era stata datata dalla metà del II sec. al 130 a. C. (Becatti); ma pare che possa essere stata eseguita solo agli inizi del secolo successivo, se la famiglia degli Ofelli è giunta a Delo non prima della fine del II sec. a. C. (J. Hatzfeld, in Bull. Corr. Hell., xxxvi, 1912, p. 58 ss.). Ciò confermerebbe l'attribuzione al nostro, che qui avrebbe lavorato con lo zio, essendo il padre Polykles fratello maggiore di Dionysios (v.), scultori entrambi e figli di T., 1°, ricordati come tali da Plinio (Nat. hist., xxxvi, 35). La statua di G. Ofellio, benché mutila, permette di riconoscere una figura eroica con il mantello tratto sulla spalla sinistra ed il braccio destro alzato nel gesto della adlocutio. Il ritmo è di evidente ispirazione prassitelica, ma non così coerente come nell'Apollo di T., 1°; c'è invece una certa contaminazione con il canone policleteo nella descrizione dell'anatomia, che pure confermerebbe, con una nota di disinvolto eclettismo, l'attribuzione ad uno scultore diverso e più recente del maggiore Timarchides.
Bibl.: v. timarchides, 1°, inoltre: Th. Homolle, in Bull. Corr. Hell., V, 1881, p. 391; E. Löwy, I. G. B., n. 242 e p. XXIII; F. Münzer, in Ath. Mitt., XX, 1895, p. 216; Inscriptions de Délos, n. 1688; K. Michalowski, Délos, XIII, p. 21, fig. 13; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, c. 1234, s. v., n. 5; M. Bieber, in Thieme-Becker, XXXIII, 1939, p. 175, s. v., n. 2; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 76; G. Lippold, Handb., III, i, 1950, p. 367; G. Becatti, Arte e gusto negli scrittori latini, Firenze 1951, p. 20; G. M. A. Richter, Three Critical Periods in Greek Sculpture, Oxford 1955, p. 54, fig. 111; M. Bieber, The Sculpture of Hellenistic Age, Oxford 1955, p. 160; J. Marcadé, Rec. des signatures de Sculpteurs Grecs, II, Parigi 1957, pp. 41; 132.