Tilai
(Burkina Faso/Svizzera/Francia/GB/Germania 1990, Legge, colore, 81m); regia: Idrissa Ouedraogo; produzione: Idrissa Ouedraogo per Les Films de l'Avenir/Waka/Rhea; sceneggiatura: Idrissa Ouedraogo; fotografia: Jean Monsigny, Pierre Laurent Chenieux; montaggio: Luc Barnier; musica: Abdullah Ibrahim [Dollar Brand].
Saga rientra al villaggio dopo due anni di lontananza con l'intenzione di sposare Nogma, ma la donna, contro la sua volontà, nel frattempo è divenuta la seconda moglie del padre di Saga, Poko. Ribellandosi alle leggi (tilai in lingua mooré significa 'legge') e consapevoli delle possibili conseguenze dei loro gesti, Saga e Nogma continuano a frequentarsi in una capanna situata fuori dal villaggio, con la complicità della sorellina di Nogma, Kuilga. La relazione viene però scoperta e provoca conseguenze tragiche: il padre di Nogma, Tenga, si impicca per il disonore; il fratello di Saga, Kougri, prende parte con altri uomini al sorteggio per decidere chi debba uccidere il trasgressore delle regole, risulta il prescelto, ma non se la sente di compiere quel gesto. Kougri finge di pugnalare Saga che, creduto morto, può fuggire in un altro villaggio, da una vecchia zia, dove verrà raggiunto da Nogma. La vita sembra poter ricominciare, Saga e Nogma aspettano un bambino, ma la morte della madre fa rientrare Saga al villaggio. Kougri, rinnegato dal padre di fronte agli abitanti radunati intorno al cadavere della donna, uccide con un colpo di fucile il fratello e si allontana nella campagna, solo, evitando lo sguardo di Nogma e della zia di Saga che stanno arrivando al villaggio e intuiscono la tragedia.
Tilai, il terzo lungometraggio di Idrissa Ouedraogo, è il film che, con Yaaba (Nonna, 1989), consacra il regista del Burkina Faso a livello internazionale; nel 1990 al Festival di Cannes ottiene il Gran Premio della Giuria, nel 1991 vince l'Étalon di Yennega al FESPACO di Ouagadougou. Il cinema di Ouedraogo, fin dagli esordi, è inscritto in una complessa struttura formale, nascosta, nei primi testi, dietro la composizione di inquadrature essenziali. Le relazioni tra i personaggi, e fra loro e gli ambienti, si manifestano attraverso uno stratificato disegno di sguardi in cui la parola è spesso assente, comunque limitata a brevi dialoghi, e in cui il procedere diegetico è determinato da frequenti ellissi che raccordano passaggi temporali e spaziali, in cui al fuori campo è assegnato un ruolo significante quanto quello di ciò che viene mostrato. La fisicità delle immagini, la loro intensità figurativa, pongono l'opera di Ouedraogo in stretta vicinanza con il cinema muto. In Tilai questi elementi trovano esemplare collocazione e rendono monumentale, ma prosciugata da ogni orpello, tesa come un thriller o una sfida western, l'intima tragedia familiare che si consuma in un villaggio. Tilai è una partitura per immagini e suoni, coinvolgente e straniante, dove il jazz incontra la tradizione orale, penetrando la luce e la terra, un set sconfinato sul quale Ouedraogo posa il suo sguardo orizzontale, che non sta mai al di sopra delle situazioni e dei personaggi, per osservare gli avvenimenti e i loro protagonisti dal di dentro, pur mantenendo sempre la giusta distanza. In questo senso, è altamente semantico l'uso del primo e primissimo piano, per cogliere di volta in volta dai visi umani disperazione, gioia, dolore, piacere, negli esterni (i cortili, le strade intorno al villaggio, le mura di cinta dietro le quali fanno capolino uomini e donne) come negli interni (le scene con Saga e Nogma nella capanna al di fuori del villaggio o quelle con l'anziana madre).
Tilai si apre e chiude con due lunghe inquadrature fisse e speculari: l'arrivo da lontano, da un luogo e da un passato custoditi nel fuori campo e solo accennati, di Saga (interpretato da Rasmane Ouedraogo, attore che punteggia tutta la filmografia del cineasta e molte opere della cinematografia del Burkina Faso), dopo due anni di assenza dal villaggio; e alla fine l'erranza nella campagna arida di Kougri, maledetto dal padre e escluso dalla società per non avere rispettato le leggi (uccidere il fratello) o averle rispettate in ritardo, scatenando la tragedia. In entrambi i piani-sequenza, Ouedraogo filma la terra, il suo orizzonte e gli uomini che la percorrono solitari, fino a sparire dalla visione, nel silenzio e poi sulle note della stessa canzone, della musica struggente composta dall'artista sudafricano Abdullah Ibrahim (Dollar Brand). La terra assorbe i corpi, li rende parte di sé, come nella straordinaria inquadratura in cui Nogma sviene, in campo lungo, e il suo corpo si confonde con la natura. L'inizio e la fine di Tilai, inoltre, documentano bene un ulteriore elemento costante in Ouedraogo, la spinta al movimento, dettata da circostanze diverse e quasi sempre circoscritta negli spazi di un villaggio e dei suoi dintorni. I personaggi si mettono in cammino, sono già in viaggio quando il film comincia e lo saranno ancora dopo la fine. Transitano da un film all'altro. Si spostano rimanendo immobili, cercando fughe impossibili. Il tragitto compiuto da Saga e Nogma, verso l'abitazione della zia, tra monti, campagne, altri villaggi, è quasi un film nel film. In questi spostamenti, gli spazi si ripresentano allo sguardo, espansi, ribaltano la loro natura documentaria d'origine, per farsi luoghi della finzione, della contaminazione, dove i generi si intrecciano formando nuove traiettorie.
La modernità di Tilai, e del cinema di Ouedraogo, sta nella straordinaria capacità di confrontarsi con la propria cultura e storia con sguardo innovativo e trans-nazionale, rendendo senza tempo i fatti narrati. Tilai è un film sul desiderio, sull'amore da vivere fino in fondo, nel presente, se necessario fino al sacrificio e alla morte. La libertà intellettuale e lo sguardo morale con cui Ouedraogo si accosta ai sentimenti, al sesso, ai personaggi femminili (Nogma, la madre e la zia di Saga, e l'adolescente Kuilga, interpretata da Roukietou Barry, che si vede crescere nei film del regista, da Yaaba in poi, come un personaggio di François Truffaut) sono rari nel cinema del continente africano, e non solo. Il desiderio non rimane inespresso, è continuamente evocato, talvolta anche con aperture alla comicità e alla commedia (la madre di Saga che fa dormire il marito nel cortile, la complicità sessuale tra Saga e Nogma). Si creano rimandi interni, linee geometriche da percorrere, circolarità dentro le quali muoversi. Quando Saga, appresa la notizia della morte della madre, rientra al villaggio, il film sembra ricominciare con una scena quasi identica a quella del suo primo arrivo sulla collina, suonando il corno per far avvertire la sua presenza. Immagine-simbolo di un film, e di un cinema, che torna sempre su se stesso per aprirsi continuamente nuove strade.
Interpreti e personaggi: Rasmane Ouedraogo (Saga), Ina Cissé (Nogma), Roukietou Barry (Kuilga), Assane Ouedraogo (Kougri), Sibidou Sidibe (Poko), Moumouni Ouedraogo (Tenga), Mariam Barry (Bore), Seydou Ouedraogo (Nomenaba), Mariam Ouedraogo (Koudpoko), Daouda Porgo (Porgo), Kogre Warma (Maiga), Mamadou Ganame (Ganame), Noufou Ouedraogo (il bambino), gli abitanti dei villaggi di Koumbri e Komsilga.
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