TIFO (XXXIII, p. 833)
I progressi dell'ultimo decennio riguardano la migliore conoscenza della struttura antigene del bacillo tifico e la differenziazione dei bacilli tifici in varî tipi. Queste nuove acquisizioni, di grande interesse scientifico, hanno anche importanza pratica non trascurabile per le applicazioni nell'epidemiologia, nella diagnostica e nella terapia della febbre tifoide.
Epidemiologia. - Nel 1938 Craigie e Yen hanno dimostrato che è possibile differenziare i ceppi di bacilli tifici in varî tipi ben definiti in base alle loro sensibilità all'azione di particolari batteriofagi. Questa scoperta ha permesso di perfezionare le ricerche epidemiologiche; infatti è oggi possibile stabilire rapporti precisi fra singoli casi di febbre tifoide ad insorgenza sia epidemica sia sporadica, in quanto tutti i casi derivanti da una stessa fonte di contagio debbono essere necessariamente sostenuti da bacilli tifici dello stesso tipo. Per contro la constatazione di tipi diversi di bacilli porta a concludere per una pluralità delle fonti di contagio, rappresentate di solito da portatori cronici di bacilli.
Diagnostica. - I cardini su cui poggia la diagnosi clinica sono ormai fissati definitivamente da alcuni decennî. I perfezionamenti recenti riguardano la diagnosi batteriologica e sierologica. La coltura di materiale prelevato dal midollo sternale (mielocoltura) rappresenta un utile perfezionamento della emocoltura. La sieroreazione di Widal, utilizzata da un cinquantennio, è oggi perfezionata con l'analisi qualitativa delle agglutinine somatiche e flagellari secondo Felix.
Il bacillo tifico possiede diversi antigeni. Quelli che dal punto di vista delle applicazioni sierodiagnostiche più interessano sono due, contenuti rispettivamente nel corpo antigene somatico e nelle ciglia del bacillo (antigene flagellare o ciliare), contrassegnati con le lettere O ed H. All'antigene somatico O e all'antigene ciliare H corrisponde la comparsa nel sangue del tifoso dei due relativi anticorpi agglutinanti: agglutinine O e agglutinine H. La tecnica della siero-agglutinazione secondo Felix permette di titolare separatamente le due agglutinine. Le agglutinine O sono più specifiche, compaiono più precocemente e presentano un progressivo aumento nel corso della malattia. Esse restano presenti nel sangue dei vaccinati molto meno a lungo che le agglutinine H. La titolazione delle agglutinine O permette quindi di stabilire con maggiore sicurezza la diagnosi di tifo, evitando le cause di errore dovute a sieroreazioni di Widal positive in via aspecifica e inoltre offre la possibilità di stabilire una differenziazione tra sieroagglutinazione positiva per malattia o per pregressa vaccinazione antitifica. Problema questo della massima importanza, data l'estensione delle vaccinazioni a grandi masse umane durante le due guerre mondiali. La positività delle agglutinazioni O ad una diluizione del siero di 1:100 nei non vaccinati, e oltre 1:200 nei vaccinati, è probativa per la diagnosi di febbre tifoide.
Terapia. - Le nozioni sul patrimonio antigene dei bacilli tifici, oltre che per le applicazioni siero-diagnostiche, sono utilizzate per la selezione di opportuni ceppi con i quali vengono preparati i vaccini. Questi, oltre che per la vaccinoprofilassi, sono oggi largamente usati per la vaccinoterapia antitifica per via endovenosa, la quale, se intrapresa in fase iniziale di malattia, è decisamente utile. Non esiste ancor oggi una chemioterapia della febbre tifoide. Fra gli antibiotici, recentemente scoperti, alcuni sono attivi in vitro sul bacillo tifico e tra questi deve essere segnalata la streptomicina. Gli esperimenti terapeutici con questo farmaco hanno però dato nell'uomo risultati poco soddisfacenti.