Tifeo (Tifo)
Uno dei giganti, figli del Tartaro e della Terra; per aver tentato di spodestare Giove, T. fu colpito dal suo fulmine e sprofondò sotto l'Etna (cfr. Ovidio Met. V 346-348, Fast. IV 491; Silio Italico Pun. XIV 196), secondo altri sotto l'isola d'Inarime, l'attuale Ischia (cfr. Virgilio Aen. IX 716; Lucano Phars. V 100-101).
Molteplici sono le varianti del mito a lui relativo e gli epiteti alludenti alla sua straordinaria forza e ferocia (cfr. tra le molte fonti, oltre alle citate: Orazio Carm. III IV 53; Ovidio Fast. IV 461; Seneca Thyestes 809; Lucano Phars. IV 596).
In Cv II V 14 D. cita due versi di Virgilio (Aen. I 664-665 " nate, meae vires, mea magna potentia, solus, / nate, patris summi qui tela Typhoëa temnis ") a dimostrazione del fatto che già gli antichi avevano intuito l'influsso esercitato sulla terra dal cielo di Venere e facessero allusione ad esso, quando individuavano in Cupido il figlio di tale dea: E perché li antichi s'accorsero che quello cielo era qua giù cagione d'amore, dissero Amore essere figlio di Venere, sì come testimonia Vergilio nel primo de lo Eneida, ove dice Venere ad Amore: " Figlio, vertù mia, figlio del sommo padre, che li dardi di Tifeo non curi ".
Al gigante si allude qui sotto forma di aggettivo (" Typhoëa "), il quale tuttavia non ha valore soggettivo, bensì oggettivo rispetto al " tela " cui si riferisce: i dardi sono quelli scagliati da Giove contro T.; di qui il fraintendimento di D. che, per non aver dato a " Typhoëa " la giusta interpretazione, incorse nell'errore segnalato da Busnelli-Vandelli I 141 (cfr. anche Moore, Studies I 187) di congiungere " patris summi " con " nate " anziché con " tela ". Il senso dei due versi è che Amore non teme nessuna forza, neppure il fulmine con cui Giove abbatté T., espressione metonimica per alludere in generale ai fulmini di Giove. Si vedano in proposito le osservazioni di G. Martellotti (Due noterelle su D. lettore dei classici, in " Giorn. stor. " CXLIV [1967] 481-490, in partic. pp. 486-489).
Il personaggio come tale compare tra i giganti che torreggiano, circondandolo, sul pozzo di Cocito, in If XXXI 124 Non ci fare ire a Tizio né a Tifo, e in Pd VIII 70 dov'è data una spiegazione scientifica delle eruzioni dell'Etna, un fenomeno di cui subisce le conseguenze la parte orientale della Sicilia non per Tifeo ma per nascente solfo, ossia per ragioni naturali, non per gli sbuffi di fumo e di caligine che, secondo il mito, T. emetterebbe da sotto l'Etna.
In margine a un codice del De Chorographia di Pomponio Mela (che parla di uno speco in Cilicia chiamato Tifone) il Petrarca scrisse: " Nota contra Dantem ", l'unico luogo dell'opera petrarchesca in cui D. sia citato come auctor; v. Gius. Billanovich, Tra D. e Petrarca, in " Italia Medioev. e Uman. " VIII (1965) 1-44, e sub v. PETRARCA, Francesco.