TICHE (gr. τύχη, da τυγχάνει "accade")
È la personificazione di quel potere che determina l'accader delle cose all'infuori della cooperazione dell'uomo, cui talora può apparire cieco o irrazionale. Essa è quindi in sostanza una dea del destino, simile alla Moira; solo che per Tiche si nota piuttosto la tendenza a considerarla come apportatrice di buoni eventi, donde la frase augurale: ἀλαϑῆ τύχη "alla buona fortuna" che si trova frequente in testa alle epigrafi pubbliche.
Omero non menziona Tiche, ma solo la Moira e l'Aisa; ma già Esiodo (Theog., 360) la menziona come oceanina e Alcmane (fr. 62) la fa sorella di Eunomia e di Peito e figlia di Prometeia, il che orienta il suo significato verso quello di benevola previdenza, se non proprio di provvidenza. Pindaro (Ol., XII, 1 segg.) la chiama salvatrice e la considera protettrice delle navi sul mare, delle guerre in terra e delle assemblee deliberatrici.
Lo sviluppo delle credenze astrologiche durante l'epoca ellenistica e imperiale portò a identificare Daimon e Tiche, rispettivamente con il sole e con la luna che presiedono alla nascita del bambino e tutelano l'uno lo spirito e l'altra il corpo (Macr., Sat., I, 19); ed anche ad attribuire alle città una loro propria Tiche (τύχη τῆςτόλεως) che vigila sui suoi destini: notissime in proposito la Tiche di Antiochia e quella di Alessandria.
Il culto di Tiche è diffuso per tutta la Grecia e l'Oriente ellenistico. Nei paesi siriaci essa si è assimilata all'indigena Gad e siccome questa era concepita come duplice (Gadî) e astrologicamente interpretata come i due pianeti di Giove e di Venere, anche la Tiche venne concepita come duplice (τύχαι) e come tale rappresentata.
Tra i suoi appellativi, oltre a quelli già ricordati di buona (ἀγαϑή) e di salvatrice (σώτειρα), si annoverano quelli di grande (μεγάλη), signora dispotica (δεσποσύνη), che tutto doma (πανδαμάτειρα) e primigenia (πρωτογένεια) che è un'evidente traduzione della Fortuna "Primigenia" dei Romani.
I suoi attributi sono tutti di buon augurio: la cornucopia, le spighe, il polos, la corona turrita (quando si tratta della Tiche di una città), il timone, quale auspice di buona navigazione (e sotto questo aspetto è ravvicinata ad Iside); ad esprimere poi la sua mutabilità si hanno le ali, la ruota, la sfera.
Nel folklore neoellenico la Tiche, come destino, è quasi sparita di fronte alla Moira.
Bibl.: F. Rösiger, Die Bedeutung der T. bei den späteren griech. Historikern, Konstanzer Gymnas.-Progr. 1880; F. Allègre, Étude sur la déesse grecque Tyche, Parigi 1889; H. Meuss, Tyche bei den attischen Tragikern, Hirschberger Gymnas. Progr. 1899; F. Cumont, La double Fortune des Sémites, in Revue de l'hist. des relig., 1914.