TIBESTI (A. T., 113-114)
La zona più elevata della corona di montagne che cinge il bacino del lago Ciad è il Tibesti, le cui cime, superanti i 3000 metri, sono le più alte dell'intero Sahara. Il Tibesti, che fu visitato per la prima volta dall'esploratore tedesco G. Nachtigal nel 1869, è stato studiato, seppur sommariamente, a varie riprese; i risultati delle ultime missioni, quella del geologo francese M. Dalloni, e quella del geografo italiano U. Monterin, sono in corso di pubblicazione. È certo che la massa del Tibesti è di arenaria paleozoica analoga a quella degli altipiani di Hoggar, Tassili, Muidir (fossili silurici), la quale poggia su uno zoccolo di rocce cristalline antiche (scisti e gneiss). Queste masse arenacee ad assise orizzontali sono incise da canyons, in uno dei quali il colonnello Tilho ha trovato dei coccodrilli vivi, simili a quelli del Tassili. Gli altipiani arenacei dominano con alte scogliere la Tripolitania e scendono con dolce declivio verso la conca del Ciad, ove inviano le loro acque. Sulle assise arenacee riposa uno spesso strato di lave e di vulcani; l'Emi Koussi, m. 3415, è un enorme cono vulcanico dal cratere mirabilmente conservato. Oltre all'Emi Koussi, formato di basalti e di trachiti, varie altre cime, pure vulcaniche, superano i 3000 m. d'altezza: così il Tusidde (3250 m.) e il Tierroko (3200 m.).
Da un lato e dall'altro del Tibesti la corona di altipiani arenaeei, senza presentare però soluzione di continuità, si abbassano in due selle. La pista del Fezzan sorpassa la sella dell'ovest tra Djado e Gatron. La pista di Cufra, ardua, poco nota, sorpassa quella orientale. L'enorme massiccio scosceso del Tibesti s'innalza dunque isolatamente, senza legame con gli altri gruppi montuosi. Fa quindi un esatto riscontro al suo vicino, il gruppo del Hoggar, non meno isolato di lui. Tutti i gruppi montuosi del Sahara s'innalzano così come bastioni isolati.
Il quasi inaccessibile bastione del Tibesti nasconde nelle sue anfrattuosità una piccola umanità sui generis. Il gruppo, nonostante l'altitudine, è altrettanto desertico del Hoggar e s'innalza decisamente oltre i limiti delle piogge regolari. Non potrebbe alimentare una popolazione abbondante, ma la poca che vi abita è interessantissima. Si tratta dei Tebu, distinti perfettamente dagli Arabi, dai Berberi e dai Negri. Per colorito della pelle sono rossi, ma rossi sahariani, atavicamente adattati al deserto. Senza cammelli, a piedi, con un'incredibile resistenza alla marcia e alla sete, inviano razziatori a un migliaio di chilometri intorno. Rappresentano forse i residui dell'umanità sahariana prima dell'introduzione del cammello. I Tebu portano il velo come i Tuareg; ma non si può dire di quale dei due gruppi questo indumento sia originario.
I Tebu vivono miseramente di quanto riescono a coltivare nelle loro piccole oasi montane, per esempio Bardai; partecipano alla vita carovaniera del Sahara in modo assai minore degli Arabi e dei Tuareg.
Il Tibesti è diviso politicamente in due parti disuguali dal confine tra la Libia e l'Africa Equatoriale Francese. Un piccolo lembo a occidente rientra nell'Africa Occidentale Francese (Colonia del Niger).
Bibl.: G. Nachtigal, Sahara und Sudan, Berlino 1879; Garde, Description géologique des régions du Tchad, Parigi 1911; J. Pellegrin, Poissons des Pays Bas du Tchad, in Comptes Rendus Acad. sc., 19 gennaio 1920; J. Tilho, varie pubblicazioni comparse specialmente negli anni 1919-21. Cfr. inoltre in Renseignements coloniaux publiés par le COmité de l'Afrique Française, 1916, p. 173; 1917, p. 193; 1920, pag. 69; 1921, pagg. 6-41; M. Dalloni, Mission au Tibesti, in académie des sciences. Mémoires, LXII (1935); U. Monterin, Relazione delle ricerche compiute dalla Missione della R. Soc. Geografica Italiana nel Sahara libico e nel Tibesti, in Boll. R. Soc. Geogr. Ital., 1935, pp. 115-162.