Il successore di Ottaviano Augusto
Figliastro di Ottaviano Augusto, che non lo amò mai particolarmente per il suo carattere chiuso e ombroso e che lo designò successore solo dopo la morte dei nipoti prediletti, Tiberio si trovò a raccoglierne la difficile eredità. Nonostante l’immagine negativa tramandata dalla storiografia, Tiberio consolidò l’opera del suo grande predecessore, riuscì a mantenere la pace ai confini e fu eccellente nella gestione finanziaria dell’Impero
Tiberio Claudio Nerone fu il secondo imperatore romano, successore di Ottaviano Augusto. Nacque nel 42 a.C. da Tiberio Claudio Nerone e da Livia, la quale poi sposerà in seconde nozze, nel 38 a.C., Ottaviano. Assieme al fratello Druso, Tiberio venne incaricato dal patrigno Augusto di importanti incarichi militari, ma non fu mai il preferito dell’imperatore. Ai due figli di Livia infatti egli preferiva i due figli che sua figlia Giulia ebbe da Agrippa, cioè Gaio e Lucio. Druso e Tiberio, però, davano buone prove di sé sui confini settentrionali, portando a termine conquiste difficili nella Rezia e nel Norico, lungo il corso del Danubio. Gli anni dal 14 al 9 a.C. videro i due fratelli continuamente impegnati su quei fronti. Druso riuscì a estendere le conquiste in Germania fino al fiume Elba, ma morì a seguito delle ferite riportate in battaglia. Frattanto Tiberio, che fino ad allora era stato all’ombra del più capace fratello, si ritirò stanco delle continue battaglie nell’isola di Rodi.
Di lì venne richiamato nel 4 d.C.: Augusto lo adottò e lo designò suo successore al trono, essendo morti, in rapida successione, i suoi preferiti Gaio e Lucio. Tiberio non smise di impegnarsi sul fronte danubiano. Il disastro di Teutoburgo del 9 d.C., con la distruzione di tre legioni romane a opera dei Germani di Arminio, lo costrinsero a correre ai ripari per salvare l’ancora insicura provincia di Pannonia, azioni che gli fruttarono nel 13 un trionfo e onori pari a quelli dell’ormai vecchio e malato Augusto, che morì l’anno dopo.
Tiberio accettò con titubanza la successione, mostrando una grande deferenza nei confronti del Senato e rinunciando a quei titoli onorifici, concessi ad Augusto, che potevano suonare comunque offensivi per i senatori. Nonostante tutte queste precauzioni, fallì ogni sforzo di trovare un accomodamento con il Senato, che si illudeva di poter recuperare un potere ormai definitivamente perduto: la storiografia di origine senatoria, rappresentata soprattutto da Gaio Svetonio e da Tacito, è unanime nel fornirci un’immagine negativa e quasi caricaturale di Tiberio.
Nonostante i lunghi anni di continuo impegno al fronte Tiberio non amò mai la vita militare e fu quindi ben lieto di potersi appoggiare alle grandi capacità del figlio adottivo Germanico. In Germania questi riuscì a vendicare il disastro di Teutoburgo, ma durante una spedizione in Oriente, dove si ripresentavano ancora una volta i consueti problemi con il vicino Impero dei Parti morì in circostanze misteriose (19).
Dell’omicidio venne accusato il governatore di Siria Gneo Calpurnio Pisone, che si suicidò, ma voci insistenti insinuavano che era stato Tiberio in persona ad armare la mano degli assassini per impedire che il figlioccio gli facesse ombra.
In questi anni continuavano a progredire le riforme impostate da Augusto: in particolare Tiberio si applicò a organizzare la guardia pretoriana, per la quale l’imperatore costruì l’accampamento (Castra praetoria) i cui resti imponenti troneggiano ancora oggi a Roma, nei pressi della Stazione Termini.
Fu allora che emerse la figura controversa di Lucio Elio Seiano, che fu nominato prefetto del pretorio e acquistò un potere sempre più grande.
Nel 26 Tiberio si ritirò nella sua villa di Capri, lasciando di fatto il potere a Seiano. Seguì un lungo periodo di intrighi di palazzo, fino a che nel 31, Tiberio decise di far eleggere console Seiano, che però condannò a morte l’anno successivo dopo aver scoperto una congiura da lui ordita.
Gli ultimi anni di Tiberio furono difficili per il mondo romano. Mentre l’imperatore rimaneva a Capri, a Roma scoppiò una crisi finanziaria che acuì la difficoltà di rapporti con il Senato.
Seguirono proscrizioni, denunce e omicidi, di cui fu vittima anche Agrippina, la moglie di Germanico, che morì assieme ai suoi due figli maggiori. Spetterà comunque al suo terzogenito Caligola sostituire sul trono il vecchio imperatore che morì nel 37.