GRACCO, Tiberio Sempronio
Figlio dell'omonimo console nel 238 a. C. Edile curule nel 216, fu, dopo la battaglia di Canne, nominato maestro dei cavalieri del dittatore M. Giunio Pera e, come tale, fece un vano tentativo di approvvigionare Casilino, attaccata da Annibale. Eletto console per il 215, si accampò, al comando di due legioni di volones, presso Literno per proteggere questa città e Cuma, e gli riuscì di assalire di sorpresa in Hamae le milizie di Capua e disperderle. Poco dopo fece fallire un tentativo di Annibale contro la fedelissima Cuma, e quando questi si ritirò a svernare in Puglia, lo seguì e pose i quartieri d'inverno a Lucera. Essendogli stato prorogato il comando per il 214, fu mandato dai consoli di quell'anno a Benevento, per impedire il congiungimento con Annibale delle truppe africane che Annone conduceva dal Bruzio, e vi riuscì felicemente, sconfiggendo Annone presso il fiume Calore e impadronendosi del campo cartaginese. In guiderdone della vittoria, gli schiavi che servivano nelle legioni di Gracco ebbero la libertà, e di ciò restò documento in un pittura votiva offerta al sacrario della Libertas sull'Aventino; ma non è dubbio che le notizie del racconto di Livio (XXIV, 16,4) sulle perdite di Annone siano quanto mai esagerate. Nominato console per la seconda volta nel 213, non poté partecipare se non a fatti d'arme di secondaria importanza, e confermato nel comando dei volones per l'anno appresso, fu, poco dopo la sconfitta di Annone a Benevento, tratto in un agguato ai confini del Bruzio e della Lucania, presso il fiume Calore (forse il Tanagro, affluente del Sele), dal generale cartaginese Magone, aiutato dal tradimento di un Lucano, certo Flavo, e vi perdette la vita. Di questo episodio la tradizione conserva versioni discordi, secondo una delle quali la catastrofe sarebbe avvenuta presso Benevento, par certo però, per un semplice scambio del fiume Calore di Lucania, poco noto, con quello assai più noto che correva presso quella città. Con Gracco i Romani perdettero un generale altrettanto cauto quanto valoroso, Lhe aveva avuto il merito di essere stato tra i primi ad arginare con milizie improvvisate l'impeto vittorioso di Annibale.
Bibl.: F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., s. 2ª, II, col. 1401 segg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, III, ii, Torino 1917, pp. 253 seg., 291 seg., e passim; E. Pais, Storia di Roma durante le guerre Puniche, I, Roma 1927, p. 280. Cfr. per quanto concerne la località della catastrofe H. Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 903; H. Matzat, Römische Zeitrechnung, Berlino 1889, p. 141, n. 5.