TIBERIO d'Assisi
TIBERIO d’Assisi. – Tiberio di Diotallevi di ser Francesco di Méneco (Domenico) «de Barberiis», detto Tiberio d’Assisi (formula che il pittore preferiva nelle sue numerose firme), nacque ad Assisi nel 1470, primo dei sei figli del matrimonio di Diotallevi (a lungo confuso con un omonimo della famiglia Ranieri: Giacanella, 1989, pp. 23 s.) con una Lucia.
Il secondogenito Diofebo, anche lui pittore, talvolta compare nel ruolo di assistente del fratello maggiore. La famiglia risiedeva in Porta S. Chiara, di fronte alla chiesetta di S. Francesco Piccolo, nell’area oggi occupata dagli edifici della chiesa Nuova.
Nel 1486 Tiberio s’iscrisse alla Confraternita della Misericordia, detta anche di S. Vitale Eremita, alla quale fu affiliato per tutta la vita. Nel 1490 si trovava ancora ad Assisi, perdonato dal Comune per aver sostenuto la «parte» perdente, quella «de sopra» (ghibellina). Nel 1501, mentre era impegnato nel duomo di Perugia, condusse alcune vendite con il monastero di Monteluce, come procuratore di una suora Chiara da Assisi.
Nel 1506 prese in moglie la perugina Eusebia, figlia del pittore Mariotto di Lorenzo di Porta Sole; nello stesso anno, però, finì nei guai insieme ai tre fratelli per aver costretto un giudice aquilano, di stanza ad Assisi, a sposare sotto minaccia delle armi la sorella Anastasia, matrimonio successivamente annullato: è probabile che Tiberio, allora impegnato nel refettorio del Sacro Convento di Assisi, se la cavasse con poco o nulla, grazie a una sorta di immunità garantita dal prestigio dell’incarico ricevuto. Nel 1507 Tiberio e Diofebo, a sconto della dote di 60 fiorini della sorella Severiana, che entrava nel monastero assisiate di S. Apollinare, accettarono di affrescare due immagini nell’oratorio delle consorelle. Intanto nasceva la prima figlia di Tiberio, Albina, seguita a poca distanza dal secondogenito Niccolò. Durante il giubileo del 1515 Tiberio venne nominato capitano del Perdono, mentre l’anno seguente fu eletto nel Consiglio generale della città di Assisi, vedendosi condonate quattro multe per altrettante assenze.
Allo stato attuale non è possibile tracciare con sicurezza il percorso formativo dell’artista, comunque finito nell’orbita di Pintoricchio (che forse accompagnò nelle sue trasferte romane) e di Perugino, magari per il tramite del suocero Mariotto o del collega Fiorenzo di Lorenzo, in compagnia del quale è documentato in più di un’occasione. Non mancarono poi stimoli e influenze provenienti dalla pittura assisiate, dagli affreschi trecenteschi di Simone Martini nella chiesa inferiore di S. Francesco alle opere del concittadino Andrea d’Assisi detto l’Ingegno (il miglior allievo di Perugino, a giudizio di Giorgio Vasari). Tiberio venne in prevalenza impiegato come frescante e fu particolarmente apprezzato in ambito francescano, specie in quello di matrice osservante, e in località dipendenti dalla giurisdizione dei Baglioni, signori di Perugia.
Nei primi anni della carriera (1492-1506) il pittore fu impegnato, tra Perugia e Assisi, in commissioni di scarsa rilevanza, più che altro di tipo conservativo, decorativo o devozionale. Fanno eccezione una tela nella Pinacoteca Vaticana, datata 1502 (Madonna col Bambino tra i ss. Girolamo e Francesco), e l’affresco della Madonna di Braccio a Perugia (nell’omonima chiesetta fatta costruire da Braccio di Malatesta Baglioni), forse in relazione con i sussidi stanziati dal Comune nel 1502-03 per restauri e abbellimenti dell’oratorio. Nel marzo del 1504 Tiberio riscosse un pagamento dai monaci di S. Pietro a Perugia, insieme a Fiorenzo di Lorenzo; il 4 agosto stipulò, alla presenza del nobile perugino Alberto Baglioni, il contratto per gli affreschi della chiesa annessa all’ospedale di Cerqueto (una Madonna della Misericordia e una Crocifissione, oggi frammentarie e conservate nella parrocchiale di S. Maria Assunta); qualche giorno dopo, il 13 agosto, essendo reclutato dal Comune di Assisi per la pittura di alcuni stemmi (tra cui quelli di papa Giulio II), venne definito «sublimis et quasi divinus pictor [...] concivis noster dilectus» (Documentazione di vita assisana..., 1975, p. 939), a dimostrazione di una certa popolarità raggiunta.
A quest’ultima dovettero certo contribuire tre opere pubbliche riferibili al periodo giovanile, gli affreschi dell’edicola di S. Andrea e dell’arco di S. Antonio e quelli delle fonti di Moiano, a poca distanza dalla casa del pittore: strappati e conservati nella Pinacoteca comunale di Assisi, i primi (due Sacre Conversazioni in condizioni critiche) sono difficili da giudicare, mentre i secondi (una Madonna col Bambino e un S. Rufino) sono da annoverarsi tra i rari lavori di qualità dell’artista. Dovrebbero appartenere alla fase giovanile anche due opere raffiguranti la Madonna col Bambino in collezioni straniere (la tavola del Lindenau-Museum ad Altenburg e l’affresco trasferito su tela del Princeton University Art Museum), la prima delle quali costituisce forse il vertice dell’arte di Tiberio.
Nel 1506 arrivò il primo incarico di ampio respiro e di indubbia importanza, gli affreschi della cappella superiore delle Rose o di S. Bonaventura in S. Maria degli Angeli, per i quali il pittore riscosse 35 fiorini nel 1509. Il ciclo, datato alla parete destra sopra una porta d’accesso (in una finta epigrafe si legge «MDVI die prima augusti»), si compone di quattro parti: S. Francesco e i suoi primi dodici compagni (lunetta di fondo dietro l’altare), le Ss. Chiara d’Assisi ed Elisabetta d’Ungheria (parete destra), i Ss. Antonio di Padova, Ludovico di Tolosa, Bernardino da Siena e Bonaventura da Bagnoregio (parete sinistra), l’Eterno benedicente in una mandorla di cherubini (volta a botte ribassata). Del 1506, a conferma di un rapporto di fiducia instauratosi con la committenza osservante, è anche una Madonna col Bambino e s. Francesco affrescata nella cappellina di S. Maria all’Eremo delle Carceri, mentre è datato 1508 un Vir dolorum dipinto nel convento detto di S. Bernardino (Museo della Porziuncola).
Al 1507-08, quando la presenza del pittore ad Assisi è attestata dai soliti incarichi minori svolti per conto del Comune, dovrebbe datarsi la Crocifissione con i ss. Antonio Abate, Leonardo, Francesco e Chiara nel Museo del Tesoro del Sacro Convento, tavola proveniente dalla cappella di S. Antonio Abate nella chiesa inferiore e commissionata dalla Confraternita delle Stimmate per volere testamentario (1507) di un certo Nicola del fu Cecchino.
Nel 1509 Tiberio affrescò una Madonna col Bambino tra i ss. Bonaventura, Michele, Girolamo e Antonio di Padova alla parete d’altare della cappella esterna di S. Antonio di Padova nel convento di S. Francesco a Stroncone (santuario osservante del Beato Antonio Vici): allo stesso momento dovrebbe risalire il S. Rocco, isolato sulla contigua parete sinistra. Nella finta cornice inferiore della lunetta sono riportate soltanto l’identità dei personaggi e la data «1509», ma sappiamo che fra Agostino da Stroncone (1631-1685) leggeva il nome del pittore nella tabella posta ai piedi del trono della Vergine.
Tra il 1510 e il 1512 si colloca la stagione più felice dell’arte di Tiberio, quella di Montefalco. Qui, nell’ex chiesa di S. Francesco (ora Museo comunale), dove il pittore siglò nel 1510 l’affresco della nicchia di S. Andrea o cappella Augusti (Madonna col Bambino tra i ss. Andrea e Bonaventura), è custodita la grande tavola coeva della Madonna del Soccorso, la quale rimanda a una iconografia più volte sperimentata dal pittore montefalchese Francesco Melanzio, ma la cui esecuzione calligrafica può essere ricondotta alla mano di Tiberio, tanto più che l’iscrizione dedicatoria ci informa della committenza di Griseida di ser Bastiano, la stessa che, a distanza di due anni, gli fece poi affrescare una cappella esterna del convento osservante di S. Fortunato, la cappella di S. Francesco o delle Rose. Il ciclo, firmato e datato nella parete destra accanto alla finestra (in una finta lapide), ripropone i medesimi sei Santi francescani dell’oratorio di S. Bonaventura alla Porziuncola, insieme al consueto Eterno benedicente, cinque Storie dell’indulgenza del Perdono, cinque Martiri francescani entro clipei (un sesto è perduto) e una Pietà affrescata nel paliotto d’altare. Di Tiberio sono anche un S. Sebastiano dipinto sotto il portico del convento, presso la porta d’ingresso alla chiesa, e un Eterno tra due angeli affrescato nel catino di una cappella in S. Illuminata. Infine, dobbiamo ricordare che da Montefalco, sicuramente dal monastero agostiniano di S. Chiara, proveniva una tavola – firmata e datata nel 1512 per suor Vittoria di Francesco – con l’Incoronazione della Vergine tra s. Giovanni Battista e la beata Chiara da Montefalco: già conservata nel castello di Sigmaringen (Germania), l’opera è andata dispersa durante il secondo conflitto mondiale.
Nel frattempo, l’attività capillare di Tiberio è attestata anche nella vicina Trevi, ancora una volta in un luogo dell’Osservanza, il convento di S. Martino: qui, riproponendo lo schema compositivo della perugina Madonna di Braccio, Tiberio affrescò la lunetta del portale (Madonna col Bambino tra due angeli), apponendovi la firma e la data «[MD]XI», opera giustamente ritenuta tra le sue migliori prove: non si può dire altrettanto dell’Elemosina di s. Martino (un affresco staccato conservato a sinistra del presbiterio) e, soprattutto, del S. Emiliano dipinto sulla parete destra della cappella esterna di S. Girolamo (fatta costruire e decorare da Cesare Minerva nel 1512), dove il confronto con la straordinaria qualità dell’Assunzione, affrescata alla parete d’altare da Giovanni di Pietro detto lo Spagna, è quasi imbarazzante. Al 1512 dovrebbero risalire anche gli affreschi di Castel Ritaldi, a sud-ovest di Trevi, firmati nella chiesa di S. Marina (L’Eterno tra due angeli e i ss. Caterina d’Alessandria, Silvestro papa e Raffaele arcangelo con Tobiolo) e solo attribuiti nel santuario della Madonna della Bruna (Madonna col Bambino tra due angeli). A Foligno, invece, un S. Francesco di Tiberio è stato segnalato (Lunghi, 2002, p. 164) nella chiesa di S. Bartolomeo di Marano degli Osservanti. Infine, sappiamo che nel 1511 i priori di Assisi commissionarono all’artista una Pietà, che potrebbe essere identificata con quella dipinta su un pilastro della chiesa di S. Maria Maggiore, meglio nota come il santuario della Spoliazione.
È datato 1512 un affresco staccato con S. Luca Evangelista (commissionato da tale Valerio di Francesco) proveniente dalla chiesa di S. Angelo a Bastia (l’antica parrocchiale della cui decorazione furono in buona parte responsabili i Baglioni, signori della cittadina) e oggi conservato nella chiesa-museo di S. Croce (francescana): qui, perduto il grande affresco che il pittore aveva realizzato nel 1500 alla parete d’altare (una Madonna col Bambino tra le ss. Elena e Caterina, con un Padre Eterno in alto e un S. Giovannino sui gradini del seggio), sventrata nel 1819 per consentire la costruzione dell’abside odierna, rimane a testimonianza dell’opera di Tiberio una Madonna col Bambino staccata che, insieme ai Ss. Francesco, Chiara e Ansano (tre pannelli oggi conservati nel Barber Institute of fine arts di Birmingham) e a un S. Sebastiano disperso, formavano una Sacra Conversazione dipinta sulla parete sinistra della navata.
Nella Pinacoteca comunale di Bettona si conserva un gruppo di affreschi trasferiti su tela riferibili a Tiberio intorno al «15[1]3», data che compare sulla Trinità (altri due pezzi rappresentano un S. Rocco e una Madonna col Bambino): è quanto rimane di un ciclo votivo che decorava l’interno del perduto oratorio di S. Simeone nei pressi di Tordandrea, piccolo borgo nella cui parrocchiale (intitolata a S. Bernardino) è custodita una tavola pintoricchiesca, molto vicina ai modi di Tiberio, con la Presentazione di Gesù al Tempio alla presenza di s. Bernardino, dove il protagonista della scena è proprio il sacerdote Simeone, santo particolarmente venerato dalla gente del luogo, e nella quale vediamo sfilare i probabili ritratti di alcuni membri della famiglia Baglioni, signori di Tordandrea e possibili committenti dell’opera. Intanto a Perugia si provvedeva a trasferire un affresco di Tiberio (Madonna col Bambino tra i ss. Francesco e Ludovico), ormai detto della Madonna della Luce (per un evento prodigioso connesso alla chiusura temporanea degli occhi della Vergine), da un’edicola posta dinanzi alla Confraternita dei disciplinati di S. Francesco al sito della chiesa che ancora oggi porta il nome dell’opera.
Nel 1516 Tiberio tornò a dipingere in S. Maria degli Angeli e, riutilizzando con varianti davvero trascurabili i cartoni di S. Fortunato a Montefalco, affrescò cinque Storie dell’indulgenza del Perdono nella cappella delle Rose, ossia l’ambiente che funge da vestibolo della cappella di S. Bonaventura, dipinta dieci anni prima (il nuovo ciclo è firmato e datato sopra l’arco interno della porta d’ingresso): fondamentale la testimonianza iconografica offerta dalla scena della Proclamazione dell’indulgenza (lacunosa a Montefalco), sullo sfondo della quale vediamo l’aspetto primitivo della Porziuncola, con l’affresco in facciata del folignate Niccolò Alunno (oggi perduto). L’anno successivo troviamo l’artista a S. Damiano, all’opera nella cappella esterna di S. Girolamo, dove, per disposizione testamentaria di Galeotto dei Bistocchi (il cui nome compare insieme alla data nella finta cornice inferiore della lunetta), dipinse ad affresco una Madonna col Bambino tra i ss. Girolamo, Bernardino, Francesco e Chiara, aggiungendo all’estrema destra il ritratto della vedova vestita a lutto.
Nel 1518, risultato assente a una seduta del Consiglio generale di Assisi, Tiberio venne multato con 6 bolognini. Le ragioni della sua inadempienza vanno cercate in due opere che riportano quella stessa data, la prima delle quali firmata: il Presepe con i ss. Giovanni Battista, Pietro, Maria Maddalena e Paolo, strappato da un’edicola (nota come la Madonna di Inbiliciano) alle porte di Perugia – nei pressi di villa Monaldi ai Murelli (ora villa Faina) – e oggi esposto nella sala della Vaccara in palazzo dei Priori a Perugia; e la tavola del S. Antonio Abate in trono realizzata per un certo Francesco di Girolamo e conservata nella chiesa di S. Lorenzo a Spello, cittadina allora governata dalla famiglia Baglioni, committente del capolavoro di Pintoricchio nella collegiata di S. Maria Maggiore.
In un documento del 1521 Tiberio appare di nuovo in compagnia di Fiorenzo di Lorenzo: si tratta di un lodo nel quale i due pittori furono chiamati a stimare un gonfalone dipinto da Giacomo di ser Guglielmo per la Confraternita dei disciplinati di S. Maria Maddalena a Città della Pieve. L’anno seguente troviamo l’assisiate (o un suo aiuto) ancora al lavoro nella cappella di S. Girolamo in S. Damiano, nella quale, su commissione di tale «Santi de Santorillo da Campiello» (sul Clitunno), datò un affresco con le immagini dei Ss. Sebastiano e Rocco.
Il 1523 fu un anno funesto per la famiglia del pittore, benché allietato dalla nascita del terzo figlio Francesco Clemente (i nomi del bisnonno e del pontefice neoeletto): morirono infatti la sorella Anastasia e la primogenita Albina. Il vedovo di Anastasia, la quale aveva continuato a risiedere nella casa paterna anche dopo le nozze del 1520, venne a pretendere dai suoi fratelli la dote mai riscossa di 60 fiorini, ottenendone 6 dal solo Tiberio. A ricordo di Albina, morta a 16 anni probabilmente di peste, il quarto e ultimo figlio di Tiberio, nato nel 1524, si vide imporre il nome di Albino.
Tiberio morì nel 1524, tra il mese di aprile (quando l’artista ricevette la sua ultima commissione assisiate – la pittura degli stemmi di papa Clemente VII – in collaborazione con Cecco di Bernardino) e il mese di agosto, poco prima che gli eredi riscuotessero il pagamento residuo di un fiorino (ottobre).
Sono da ricordare, infine, i numerosi lavori riferibili alla bottega del pittore, troppo spesso in balia della mediocrità dei suoi assistenti: tra tutti, basti citare gli affreschi provenienti dalla chiesa di S. Marina nel castello di San Gregorio non lontano da Assisi (Pinacoteca comunale) o quelli realizzati nell’odierna S. Lucia a Castelnuovo di Assisi, vicino a Tordandrea. Diverse anche le opere la cui paternità resta controversa, a cominciare dall’affresco di un’edicola viaria (intitolata a S. Lucia) nell’area di Porta Maltara a Cerqueto, del quale si è tentata, in verità senza successo, l’attribuzione a un giovanissimo Raffaello (Lunghi, 2003).
Nel complesso, ci troviamo di fronte a «un pittore debole e privo di qualsiasi vigore inventivo» (Pittura in Umbria..., 1983, p. 206), la cui vasta attività, nel costante riferimento ai modelli locali più illustri, perseguì un intento meramente divulgativo, con una ‘indifferenza’ testimoniata dalle ripetute firme e dalla meccanica riproposizione, anche in opere vicine nel tempo o nello spazio, dei cartoni forati (spesso spolverati a rovescio). Cionondimeno, alcuni suoi lavori, specie quelli della piena maturità, non mancano di una gamma armoniosa di colori tenui e piacevoli e di una grazia per così dire arcaizzante, così vicina alla rude sensibilità devozionale delle genti che vivevano nelle località più periferiche della regione, lontane dai grandi centri di elaborazione dell’arte rinascimentale umbra.
Fonti e Bibl.: Documentazione di vita assisana. 1300-1530, II, 1449-1530, a cura di C. Cenci, Grottaferrata 1975, ad ind.; Pittura in Umbria tra il 1480 e il 1540. Premesse e sviluppi nei tempi di Perugino e Raffaello, a cura di P. Scarpellini - F.F. Mancini, Milano 1983, ad ind. (con bibliografia); U. Giacanella, Tiberio di Diotallevi di ser Francesco di Meneco de Barberis, Assisi 1989; F. Todini, La pittura umbra. Dal Duecento al primo Cinquecento, Milano 1989, I, pp. 325-327, II, pp. 589-591; Museo comunale di S. Francesco a Montefalco, a cura di B. Toscano, Perugia 1990, ad ind.; E. Lunghi, Immagine di Assisi nell’arte. Vedute della città di san Francesco nella pittura umbra dei secoli XIII-XVIII, Assisi 1998, pp. 71 s., 76-78; F. Santucci, Storia di Tordandrea di Assisi. Marchesato dei Baglioni, Assisi 1998, pp. 131-137, 143-150; E. Lunghi, Tiberio d’Assisi pittore dell’Osservanza francescana, in Il beato Antonio da Stroncone. Atti delle Giornate di studio, Stroncone... 1999-2000, IV, Santa Maria degli Angeli 2002, pp. 161-187; Id., Raffaello a Cerqueto. Un affresco giovanile e l’esordio in Umbria, Perugia 2003, passim; A.M. Sartore, Novità documentarie sui perugineschi, in Pietro Vannucci e i pittori perugini del primo Cinquecento. I lunedì della Galleria. Atti delle Conferenze... 2004, a cura di P. Mercurelli Salari, Perugia 2005, pp. 91-102 (in partic. pp. 91-93, 98 s.); E. Sciamanna, Santuari francescani minoritici. I luoghi dell’Osservanza in Assisi, Assisi 2005, pp. 14-24, 48; E. Vetturini, Bastia Umbra. Profilo storico-artistico, Bastia Umbra 2005, pp. 102, 106 s.,128 s.; E. Lunghi, Da Andrea d’Assisi a Pietro Perugino (e ritorno), in Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, CIII (2006), 2, pp. 37-68; Guida d’Italia del T.C.I., V, Umbria, Milano 2007, ad ind.; E. Lunghi, Una copia di T. d’A. da un dipinto perduto di Raffaello o un disegno di Raffaello per T. d’A.?, in Percorsi. Studi per Eleonora Bairati, a cura di P. Dragoni, Macerata 2009, pp. 223-238; R. Caracciolo, Presentazione al Tempio. Chiesa di S. Bernardino, Tordandrea, Tordandrea 2012; E. Lunghi, Antiche Maestà nel contado perugino, in Accademia Raffaello. Atti e studi, n.s., XIV (2015), 1-2, pp. 31-54 (in partic. pp. 34-38, 41-43).