TIBALDI
. Pellegrino, detto anche Pellegrino de' Pellegrini, pittore, scultore, architetto, nato nel 1527 a Bologna o a Puria di Valsolda, luogo di provenienza di suo padre Cristoforo di Tebaldo muratore, morì a Milano il 27 maggio 1596. Secondo il Malvasia, il Bagnacavallo fu suo primo maestro, ma presto le sue composizioni presero grandezza dagli esempî di Michelangelo. Dal 1.547 al 1550 dimorò a Roma, e frescò in una cappella di San Luigi dei Francesi e in altra della Trinità dei Monti. Tornò nel 1550 a Bologna, e lavorò per il cardinale Poggio fabbricandone e adornandone il palazzo, poi fu nel 1561 ad Ancona, nel 1562 in Ferrara, e in quest'anno, grazie alla protezione del cardinale Carlo Borromeo, fu nominato architetto della città e del governo di Milano. Abbandonò i suoi molteplici lavori e i fabbricieri del duomo di Milano per recarsi in Spagna al servizio di Filippo II per i lavori dell'Escorial. Tornò nel 1596 a Milano, con il grosso peculio di centomila scudi col titolo di marchese, con la signoria del luogo "ov'egli su'l Milanese nacque".
Pittore, uscito dalla scuola del Bagnacavallo, come ci avverte il suo Sposalizio di Santa Caterina nella Pinacoteca di Bologna e l'Adorazione dei Pastori nel Museo civico di Cento nell'Emilia, composizione che tuttavia già s'ispira ai principî di metro architettonico, fondamentali nella sua arte, il T. precisa e coordina le ricerche giovanili in un suo capolavoro: l'Adorazione dei pastori nella Galleria Borghese, ove abbandona le prime proporzioni affusate e gentili delle immagini per le proporzioni massicce di Michelangelo e di Daniele da Volterra, i piani brevi per i larghi e profondi, il ritmo di curve, ancora memore di cadenze emiliane, per un ritmo grave di piani orizzontali e verticali, che di figure e marmi compone una visione cubistica. L'opera pittorica più vasta del T. in Italia è la decorazione del palazzo dell'università di Bologna, già palazzo di monsignor Poggio, iniziata nel 1550. Degno di nota per la bellezza degli ornamenti è il soffitto in palazzo Ferretti ad Ancona, e, per gli effetti luministici del sottinsù, il fregio nel palazzo Ciccolini di Macerata. Durante il soggiorno in Bologna, il T. ebbe anche l'incarico dal suo protettore, cardinale Poggio, di frescare una sua cappella in San Giacomo Maggiore, dove egli figurò un Miracolo di San Marco e la Caduta di Simon Mago. Negli affreschi si affollano motivi presi a prestito da Michelangelo, ma, come sempre, trasfigurati dal modellato duttile e metallico, come dalla funzione della luce che prelude al Seicento, restringendo le ombre proiettate dai corpi, e giustapponendo, con senso cromatico tutto moderno, un corpo abbacinato a un corpo ritagliato nell'ombra, in contrapposto immediato di bianco e nero. Nella Caduta di Simon Mago la fantasia barocca dell'architetto pittore trionfa impadronendosi dello spazio con audacissimi scorci, traendo lampi dai contorni di un corpo in ombra, contrapponendo il vertiginoso moto di rivoluzione delle figure librate nello spazio all'impassibilità della sottostante muraglia umana, e la leggerezza delle forme in alto, corrusche, tra bagliori di fornace ardente, alla gravità petrigna di quelle addensate nel basso.
Fresco della sua opera di grande decoratore d'aule bolognesi era il T. quando dipinse, per la chiesa del Gesù in Ancona, la pala d'altare dedicata a Sant'Ignazio. La sua gran forza di costruttore si rivela pienamente, in Spagna, quando vi andò a prendere la successione di Federico Zuccari. La sua personalità si disegna originalissima negli acrobatismi prospettici della vòlta della Biblioteca dell'Escorial come nelle gravi misure del fregio, nei grandiosi volumi dei gruppi raffiguranti le scuole filosofiche, divisi da intervalli scanditi, come triglifi da metope, e nelle figure degli eroi del sapere che siedono in cattedra lungo le pareti. Dappertutto il giuoco prospettico, che guida la vicenda della luce e dell'ombra, anima di illusionistici rilievi le finte architetture che accerchiano l'immensa sala. Oltre a questa, il T. frescò il "Claustro majo"; e gli affreschi, in gran parte ridipinti, lasciano scorgere ancora l'ardimento fantastico dell'architetto pittore negli arditi sfondi di costruzioni marmoree e nella contrapposizione d'effetti di luce e controluce considerati quale elemento base d'un ritmo costruttivo grave, ieratico. Può dirsi che il T. abbia inaugurato a Bologna, nelle Marche, in Lombardia e all'Escorial il regno dell'illusionismo pittorico, per mezzo dello scorcio, delle proiezioni d'ombra, della prospettiva architettonica. Anche scultore fu ritenuto il T., ma sembra ch'egli si sia limitato a dare disegno ai plasticatori e agl'intagliatori. Nominato architetto della fabbrica del duomo di Milano, disegna angioli in metallo da porsi sotto il tabernacolo dei Lombardo; candelieri e torce da farsi gettare a Venezia per il duomo stesso; termina i disegni di 64 quadri degli ornati dello scurolo del luogo stesso e di stucchi da eseguirsi sotto la sua direzione; eseguisce 35 grandi disegni con le storie di Sant'Ambrogio per gli stalli del coro.
La gloria dell'architetto sorpassò quella del pittore. Nel 1562, secondo il Vasari, costruì fortificazioni in Ancona e nella provincia, e anche a Ravenna. Nel 1564, pose la prima pietra del collegio di Pavia fatto edificare da San Carlo Borromeo, e, compiuto quel collegio nel 1568, il cardinale stesso pose l'anno seguente la prima pietra della nuova chiesa di San Fedele, da iniziarsi su disegno del T. Fu a Tortona per i restauri della cattedrale (1572), disegnò la porta dell'arcivescovado di Milano (1573), costruì la villa Guastavillani a Barbiano (1575), eresse la chiesa di San Sebastiano (1576), rifece la chiesa di San Gaudenzio di Novara (1577), disegnò la chiesa dei Martiri a Torino (1577), la cappella ottagona al centro del Lazzaretto (1580), la facciata del Santuario della Madonna di Saronno (1582), il santuario di Rho (1584). Interruppe la grande attività per recarsi nel 1587 in Spagna, donde tornò nel 1596, e si rimise al lavoro per la fabbrica del duomo, "ingegnerio Ecclesiae majoris Mediolani", ma presto fu interrotto da morte.
Oltre alle tante opere d'architettura il T., come architetto del duomo, diresse la costruzione della parte inferiore della facciata, di alcuni altari della cripta e del battistero, disegnò la facciata della chiesa di San Raffaele, studiò la ricostruzione di San Lorenzo, eresse le chiese di San Protaso, di San Dionigi dei padri francescani, di Sant'Andrea Apostolo, il palazzo Cusani, il cortile del palazzo di Leonardo Spinola.
Tanto non bastò all'attività del T., ché divisò lavori alle fortificazioni di Alessandria, restaurò la Loggia dei mercanti e innalzò il palazzo Ferretti ad Ancona, disegnò il palazzo Taverna a Belvedere sul Lambro, quello de' Marescalchi a Bologna, e studiò la soluzione della facciata di San Petronio in questa città. Gli sono attribuite le architetture della chiesa di San Martino a Caprino, il santuario della Madonna a Caravaggio, il tempietto ottagono detto "la Celeste" sulla via che conduce a Civitanova, il Pliniano dei Giovio a Como, la chiesa della Pietà a Fermo, l'altra di Sant'Ambrogio a Genova, il palazzo dei Mazzenta a Giussano, l'altro per Tolomeo Gallio a Gravedona, quelli dei Floriani e dei Razzanti, poi Ciccolini, a Macerata, la torre delle campane, sul lato destro della facciata della cattedrale di Monza, il disegno del palazzo Baliotti, il cortile del palazzo Natta, il palazzo Bellini e la chiesa di Santa Eufemia a Novara, la chiesa, ora soppressa, di Nostra Donna fuori porta Cremona, a Pavia, la chiesa di San Francesco di Paola, eretta a spese della duchessa Cristina, a Torino, i lavori nel Santuario di Varallo, i restauri all'antica basilica di San Vittore a Varese, la cattedrale di Sant'Eusebio a Vercelli.
Con tante opere, l'architetto di San Carlo Borromeo fondò il nuovo stile di Lombardia. Si vuole che l'Alessi lo erudisse nell'arte architettonica, ma conviene ammettere che il maestro abbia poi seguito il discepolo, quando abbandonò lo stile portato con sé dall'Umbria, da Perugia e da Todi.
Domenico, suo fratello, nato nel 1541 a Bologna, e vissuto fino al 1583, fu architetto e pittore. Nel 1575 costruì il palazzo della cattedrale di San Pietro e compì la fabbrica della chiesa della Madonna del Soccorso in Bologna. Nel 1577 costruì il palazzo arcivescovile della stessa città, e nel 1581 compì ivi, sulla porta del Palazzo pubblico, il nicchione per la statua di Gregorio XIII.
All'elenco delle fabbriche da lui costruite si deve aggiungere il palazzo dei marchesi Magnani sulla piazza di San Giacomo a Bologna, ora palazzo Malvezzi Campeggi; inoltre quello Delmonte, poi Fioresi, infine Monari. Su suo disegno fu eretto il tempietto della Beata Vergine del Borgo di San Pietro, e, dopo la sua morte, su disegno suo stesso, s'innalzò la facciata della chiesa di Nostra Donna delle Laudi. L'architetto freddo, con poco carattere e poco colore, sembra muoversi sulla falsariga del Vignola. Come pittore non ci ha lasciato tracce della sua attività.
Bibl.: Per Pellegrino: G. Vasari, Le Vite, ed. Milanesi, VII, Firenze 1881; C. C. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna 1678; G. Baglione, Le Vite, Roma 1733; G. Zanotti, Le pitture di P. T. e di Niccolò dell'Abate esistenti nell'Istituto di Bologna, Venezia 1756; F. Milizia, Memorie degli architetti, Bassano 1785; A. Ricci, Memorie storiche dell'arte e degli artisti nella Marca d'Ancona, Macerata 1834; id., Storia dell'architettura in Italia, Modena 1858; Annali della Fabbrica del duomo di Milano dall'origine sino al presente, Milano 1881, IV; G. Merzario, I maestri comacini, Milano 1893; F. Malaguzzi Valeri, P. P. e le sue opere in Milano, in Arch. stor. lombardo, s. 2a, XXVIII (1901), pp. 307-350; W. Hiersche, P. P. als Architekt, Parchim 1913; G. Bonarelli Modena, Il palazzo Ferretti in Ancona, in Rass. marchig., I (1922-23), pp. 299-307; D. Flaiani, ibid., VIII (1929-30), pp. 27-40; A. Venturi, Storia dell'arte italiana. La pittura del Cinquecento, IX, vi, Milano 1933, pp. 519-77; E. Bodmer, Le opere giovanili di P. T., in Il Comune di Bologna, XX (1931), pp. 5-8.
Per Domenico: C. C. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna 1678; A. Ricci, Storia dell'architettura in Italia, Modena 1858; H. Grimm, D. T. aus Bologna, in Jahrb. d. preuss. Kunsts., XXVIII (1871), pp. 82-86; C. Ricci, Il primo disegno di D. T. per la porta del palazzo pubblico di Bologna, in Boll. d'arte, VII (1913), pp. 282-286.