WOLSEY (o, com'egli firmò, Wulcy), Thomas
Cardinale e politico inglese, nato a Ipswich tra il 1471 e il 1475, più probabilmente nel 1472-73; morto nell'abbazia di Leicester il 29 novembre 1530. Il padre gli morì nel 1496-97, ed egli fu ordinato prete il 10 marzo 1498; studiò a Oxford, dove rimase fino al 1500 e dove, avendo educato i figli di Thomas Grey primo marchese di Dorset, ebbe da questi - e da altri - qualche beneficio; fu poi al servizio di sir Richard Nanfan, procuratore (deputy) di Calais, il quale morendo lo raccomandò nel 1507 a Enrico VII.
Così il W. venne a corte e dopo qualche tempo divenne cappellano del re ed ebbe qualche incarico diplomatico. Enrico VIII, poi, lo fece suo elemosiniere, gli conferì varî benefici e ripose in lui completa fiducia: già nel novembre 1511, allorché Enrico aderì alla Lega santa, si manifesta l'influenza del W., che l'anno seguente si diede a preparare la rivincita, dopo la sfortunata e poco onorevole spedizione contro la Navarra, e nel 1513 accompagnò il re nella campagna in Francia. Come ricompensa, ottenne il vescovato di Tournai, in commenda, e quello di Lincoln. Successivamente, morto il card. Cristoforo Bainbridge, ottenne nel 1514 l'arcivescovato di York e, dopo aver concluso la pace con la Francia mediante il matrimonio della principessa Maria sorella del re con Luigi XII, ebbe da Leone X, il 10 settembre 1515, la dignità cardinalizia (col titolo di S. Cecilia in Trastevere), tre giorni prima della battaglia di Marignano. La solenne consegna del cappello, il 18 novembre, mostrò che non vi era ormai in Inghilterra ecclesiastico superiore o pari a lui. Già gli spettava di fatto la suprema direzione degli affari; e il 24 dicembre succedette anche ufficialmente all'arcivescovo Warham nella carica di Lord cancelliere. Nelle susseguenti trattative diplomatiche, il W. approfittò dell'invio da parte di Leone X del card. Lorenzo Campeggio come legato a latere, per creare difficoltà allo sbarco di lui in Inghilterra, e così ottenere, il 17 maggio 1518, la nomina a legato insieme col Campeggio stesso, e poco dopo, in commenda, il vescovato di Bath e Wells, che poi scambiò con Tournai, ottenendo da Francesco I una pensione. La legazia gli venne poi confermata varie volte e finalmente, il 9 gennaio 1524, a vita; e i poteri ampliati. Poi, da Clemente VII, ebbe il vescovato di Durham, onde rinunciò a Bath.
La sua azione politica s'identifica, per tutto il periodo in cui ebbe il potere, con la storia stessa dell'Inghilterra (v. enrico viii; inghilterra: Storia, XIX, p. 243). Più difficile è valutare le ragioni che lo mossero ad agire e formulare un giudizio sulla sua attività.
Nel concetto cattolico, soprattutto per i contemporanei, egli fu l'autore primo e il vero responsabile dello scisma anglicano; per la maggioranza degli storici inglesi, il fondatore della politica estera inglese, fondata sul concetto dell'equilibrio, o meglio della necessità per l'Inghilterra di essere il fattore determinante dell'equilibrio, di avere nelle mani il fulcro della balance of power. La storiografia più recente, senza negare quanto di vero può essere in questa caratterizzazione del W., insiste invece su altri fatti, e principalmente su questo, che la politica estera del W., da quando ruppe con la tradizione pacifica di Enrico VII, seguì da vicino le linee stesse di quella papale. La qual cosa corregge, ma non distrugge del tutto, quell'altra interpretazione; e mostra anzi come guida della politica del W., in quel difficile periodo di guerre e di intrighi diplomatici, fosse la preoccupazione di sottrarre la Curia romana all'influenza decisiva di una qualsiasi delle grandi potenze continentali, cosa che avrebbe grandemente ridotto l'influsso inglese a Roma.
Sintomatici sono, del resto, non solo i ripetuti, e sempre vani, tentativi del W. per ottenere la tiara pontificia con l'aiuto o di Francesco I o di Carlo V, nei conclavi che seguirono le morti di Leone X e di Adriano VI; ma soprattutto - benché determinato in parte anche dalla questione del divorzio del suo re - il tentativo da lui fatto per ottenere, durante la prigionia di Clemente VII dopo il sacco di Roma (1527), la qualità di vicario generale del pontefice, o altra simíle. Si temette, e certi suoi atteggiamenti giustificarono le accuse, che egli pensasse a uno scisma, o addirittura alla formazione di uno o più patriarcati indipendenti in Francia e Inghilterra. Ma sta di fatto che egli mirava ad agire soltanto in nome e in luogo del sommo pontefice impedito; così come in tale qualità - cioè, nella sua veste di legato - egli tentò sempre di essere autorizzato a pronunciare una sentenza inappellabile riguardo alla validità del matrimonio di Enrico e Caterina d'Aragona. Ma all'ostilità del popolo per le tasse e di molti dei grandi del regno per il suo strapotere e la sua politica avventurosa, si aggiungeva ora quella di Anna Bolena e del suo circolo; e a poco a poco, mentre le promesse da lui fatte al re si venivano chiarendo come irrealizzabili e la pace di Cambrai, che abbandonava il papa e l'Italia all'influenza spagnola, significava la fine delle sue combinazioni politiche, il W. vide la sua autorità minata; dopo che il processo dinnanzi a lui e al legato Campeggio finì con l'avocazione della causa a Roma, egli cadde in disgrazia. Accusato nell'ottobre, si sottomise e dovette rinunciare a tutti i suoi beni; tuttavia il re gli permise di ritirarsi a Esher, una proprietà del vescovato di Winchester passata alla corona; poi riebbe l'arcivescovato di York e altri beni. Dovette però cedere il gran sigillo, ma quando venne accusato dinnanzi al parlamento, il re lo difese tuttavia e gli diede ancora qualche segno di favore. Finalmente ebbe l'ordine di recarsi a York; il che egli fece, andandovi a piccole tappe e dando segni di pietà religiosa. Ma nello stesso tempo conduceva attivi maneggi e intrighi nella speranza di ricuperare la potenza perduta; e tali manovre, insieme con l'animosità non estinta dei suoi nemici, lo perdettero. Arrestato sotto accusa di alto tradimento, doveva essere condotto a Londra; durante il viaggio, morì. Sembra che in punto di morte dicesse che, se avesse servito Dio con la stessa diligenza che il re, quegli non lo avrebbe abbandonato. Ma dal punto di vista della storia inglese, la stretta unione col papato nella politica estera è solo un aspetto della politica del W.; al quale si deve l'estensione dei poteri giurisdizionali della Cancelleria (Chancery) e delle altre corti dell'equity; e soprattutto la stretta unione, nelle sue mani, della giurisdizione ecclesiastica con la civile. Quando il W. salì al potere, il parlamento - del quale egli diffidò - era animato da forti tendenze anticlericali. La sua azione impedì per qualche tempo che esse si manifestassero; ma quando egli cadde, Enrico VIII aveva imparato la lezione. Soltanto, con il suo governo effettivo, anziché il potere civile nelle mani di un ecclesiastico, si ebbe la supremazia regia, e il potere spirituale nelle mani del re; il quale, abbandonata l'ambiziosa politica d'intervento nelle questioni continentali, non ebbe più a temere seriamente neppure di Carlo V. E persino della dissoluzione dei monasteri il primo esempio era stato dato dal W. quando, come legato papale, si fece dare l'autorizzazione a sciogliere - come parte di un più vasto piano di riforme - alcune case monastiche, per applicarne i patrimonî alla fondazione di collegi a Ipswich e a Oxford; il primo dei quali fu soppresso, il secondo sopravvisse, ma molto ridotto rispetto ai piani iniziali, e fu il collegio di Christ Church.
Bibl.: J. Gairdner, in Dictionary of Nat. Biography, s. v.; A. F. Pollard, W., Londra 1929.