Poeta tedesco (Oberehenheim, Alsazia, 1475 - ivi 1537); frate francescano dotato d'una fantasia ricca e d'uno spirito naturalmente arguto, attraverso le sue opere ricondusse tutte le varie manifestazioni del marasma morale del tempo al comune denominatore della stoltezza e le sferzò in una serie di scene proverbiate con versi di popolaresca fluidità.
Accolto quindicenne nel convento francescano della sua città, fu mandato agli studi a Friburgo in B., Parigi, Cracovia. Svolse attività di predicazione e didattica nel 1499 a Strasburgo, a Friburgo, a Francoforte sul Meno e altrove, procurandosi presto una fama che fu consacrata nel 1505 con l'incoronazione a poeta da parte dell'imperatore Massimiliano. Nel 1506 conseguì la laurea in teologia. In Italia nel 1515 e quindi a Treviri e Basilea, qui nel 1519 si addottorò in giurisprudenza. Il suo ordine lo adoperò altresì come predicatore, oratore, commissario, guardiano, favorendo con i molteplici incarichi la sua versatilità, l'energia feconda e l'irrequietezza ambiziosa. Scoppiata la rivolta luterana, prese decisa posizione contro di essa; bene accolto in Inghilterra, nel 1523, dal re Enrico VIII ancora fedele a Roma, al ritorno in Germania incontrò difficoltà a Strasburgo e ancor più in Svizzera dove si era rifugiato. Accolto infine nel 1529 a Heidelberg dal principe Federico, chiuse la sua operosità nel piccolo ambito del villaggio natale.
I suoi primi scritti furono in latino: la Invectiva contra astrologos (1499) e la Germania nova (1502) in polemica contro J. Wimpfeling rivelavano il suo spirito critico; altri servivano a scopi didattici (manuali di logica, metrica, diritto, manuali mnemotecnici) o lo mostravano volgarizzatore sagace anche per un pubblico più largo di quello della scuola. Tuttavia la sua vera personalità ebbe modo di manifestarsi solo quando passò all'uso del tedesco, del quale seppe assai abilmente servirsi quale satirico mordace e polemista spietato. Iniziò con Die Narrenbeschwörung (1512), sapida satira dei vizi più correnti, senza indulgenze neppure per preti e frati; seguitò sulla stessa linea con Schelmenzunft (1512), Die Mülle von Schwyndelsheim (1515), Gäuchmatt (1519), in cui alla corruzione dei costumi contrappone una morale schietta e semplice, dettata da uno spirito religioso assai saldo, al di là delle espressioni, popolari e pertanto spesso volgari, in cui si cala. La polemica antiluterana diede nuova esca al fervido ingegno di M.; fra l'altro scrisse, con vigore inusitato, Von dem grossen lutherischen Narren (1522), poemetto in cui la figura e l'opera del riformatore erano attaccati con arbitraria e spietata, ma vivacissima ironia, confermandolo campione nel genere satirico in campo cattolico.