Biologo (Lex ington, Kentucky, 1866 - Pasadena, California, 1945). Insegnò zoologia sperimentale alla Columbia University di New York (1904-28) prima di essere chiamato a fondare e dirigere i laboratorî biologici del California institute of technology a Pasadena (Cali fornia), dove continuò poi a svolgere la sua attività scientifica e amministrativa. Membro e poi presidente (1927-31) della National academy of sciences, ebbe un ruolo notevole nella creazione del National research council. Come naturalista e zoologo fu attratto, dai suoi interessi per il problema della rigenerazione, verso l'embriologia descrittiva e sperimentale ed estese le sue ricerche alla citologia, alla genetica e, in misura minore, alla teoria dell'evoluzione. Per le sue ricerche sperimentali, che accreditarono la teoria cromosomica dell'eredità, ottenne nel 1933 il premio Nobel per la fisiologia o la medicina. Partito da posizioni critiche sia nei confronti del mendelismo che della teoria darwiniana e sopravvalutando il significato dei risultati ottenuti da H. de Vries su Oenothera lamarckiana, che sembravano deporre a favore dell'esistenza di ampie e significative mutazioni incompatibili con ambedue le suddette teorie, iniziò nel 1910 una serie di esperimenti di irradiazione sul moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) per verificare le ipotesi di de Vries sugli animali. Dopo la scoperta di una mutazione relativa al colore dell'occhio di uno dei suoi moscerini, operò una serie di incroci i cui risultati, incompatibili con la teoria di de Vries, poterono essere spiegati solo con le leggi mendeliane. Superando le precedenti perplessità sul carattere ipotetico dei "fattori" mendeliani e sul rapporto tra questi ultimi e la funzione dei cromosomi, accettò allora il concetto di gene e condusse assieme ad A. H. Sturtevant, C. B. Bridges, H. J. Muller esperimenti che fornirono prove convincenti della disposizione lineare dei geni lungo i cromosomi. Le modifiche subite dal concetto di mutazione all'interno di questo nuovo schema teorico lo indussero ad attenuare il suo atteggiamento critico nei confronti della teoria dell'evoluzione: ne ritenne infatti risolti molti problemi teorici dalla conciliazione con il medelismo tramite la teoria cromosomica dell'eredità. Negli ultimi anni tornò a occuparsi di embriologia e del problema della rigenerazione. Collaborò all'Enciclopedia italiana, fu socio straniero dei Lincei (1929) e accademico pontificio (1936). Tra le opere: Heredity and sex (1913); The mechanism of mendelian heredity (1915, in collab. con A. H. Sturtevant, H. J. Muller, C. B. Bridges); A critique of the theory of evolution (1916); The physical basis of eredity (1919); The theory of the gene (1926); The scientific basis of evolution (1932); Embryology and genetics (1934; trad. it. 1938).