CORNEILLE, Thomas
Nato a Rouen il 20 agosto 1625, morto a Les Andelys l'8 dicembre 1709. Fratello del grande Pierre C., studiò, come lui, da avvocato, e come lui si dedicò alle lettere e al teatro, dove esordì nel 1647 con Les Engagements du hasard, commedia imitata liberamente dagli spagnoli, e specialmente da Calderón. Dopo altre imitazioni fortunate, Don Bertrand de Cigarral (1650) e Le geôlier de soi-même (1655) e dopo una satira delle commedie pastorali (Le berger extravagant, 1653), si provò nella tragedia, riportando un clamoroso successo col Timocrate (1656). Portò sulla scena tragica le figure, gl'intrecci, il linguaggio del romanzo eroico galante, ed ebbe compagno nell'impresa il Quinault: lo precedette nella Bérénice (1657), tolta dall'episodio del Grand Cyrus, da cui poi il Quinault derivò l'Astrate; lo imitò a sua volta nell'Antiochus (1666) e nel Théodat (1672). Risentono invece dell'influsso fraterno lo Stilicon (1660), Camma, reine de Galatie (1661), Maximian (1662); Laodice (1668) ci richiama soprattutto a Rodogune, e La mort d'Hannibal (1669) a Nicomède. Nel 1662 s'era stabilito a Parigi col fratello, di cui era per di più cognato, poiché avevano sposato due sorelle; dopo la morte di Molière, ne sorresse, col De Visé, la compagnia comica, e allestì per essa grandi opere scenografiche, come la Circé (1675), ridusse in versi Le festin de pierre, cioè il Don Giovanni molierano (1677) e compose Le Comte d'Essex (1678), tragedia storica che fu considerata come il suo capolavoro, e in cui si ravvisa un sistema drammatico di conciliazione fra gli esempî del C. e quelli del Racine; dal Racine s'era più direttamente ispirato in Ariane (1672). Dal teatro lo distrassero via via la redazione del Mercure galant, specie di gazzettino mondano e letterario, e poi l'elezione all'Accademia francese, in cui succedette al fratello: vi attese a lavori eruditi e lessicografici; nella Querelle des Anciens et des Modernes stette per questi ultimi, appoggiando suo nipote Fontenelle. Nel 1697 pubblicò una versione delle Metamorfosi ovidiane. Morì povero, e lasciò memoria di uomo probo, socievole e mite. Come poeta di teatro, interpretò il gusto del pubblico senza dar prova d'una sua visione originale.
L'opera sua ebbe una certa fortuna in Italia: Lodovico Adimari imitò Le geôlier de soi-même nel dramma per musica Il carceriere di se medesimo (Firenze, 1681); Apostolo Zeno derivò il suo Costantino dal Maximian, Nitocri dal Comte d'Essex, e Antioco dalla tragedia omonima. Una decina di tragedie furono tradotte e recitate sui teatri italiani, a cominciare dal Timocrate, opera tragicomica, trad. in prosa da F. Merelli (Bologna 1696); del Comte d'Essex si ha una versione anch'essa in prosa, attribuita a Vincenzo M. Orsoni (Bologna 1701).
Bibl.: G. Reynier, Th. C.: Sa vie et son théâtre, Parigi 1892.