THIENE
– Il casato prende nome dall’omonimo paese dell’alto Vicentino, dove negli ultimi due decenni del XIII secolo è attestata la presenza di un Vincenzo di Tealdino, proveniente dal vicino villaggio di Arsiero e impegnato in attività di prestito, rivolte a una clientela prevalentemente rurale.
Le origini e la fortuna dei Thiene, quindi, vanno ricondotte a questo usuraio di campagna, il cui giro d’affari consentì l’accumulo di un cospicuo patrimonio fondiario, inizialmente concentrato nell’area pedemontana, e determinò le premesse per la successiva affermazione della famiglia su palcoscenici ben più prestigiosi.
È certo che i figli di Vincenzo ‒ Uguccione, Miglioranza e Marco ‒ proseguirono sia le imprese speculative del padre (deceduto entro il 1304), sia gli investimenti fondiari, estendendo ulteriormente il proprio raggio d’azione. Intorno al 1307 erano già presenti sulla piazza di Vicenza, dove presto trasferirono la residenza, senza tuttavia perdere i legami con il territorio d’origine, tant’è che nel 1333 fecero erigere proprio a Thiene una cappella gentilizia dedicata significativamente a s. Vincenzo. L’arrivo in città comportò anche l’ingresso dei Thiene nella vita politica urbana, attraverso la loro comparsa nel Consiglio maggiore del Comune vicentino (la prima notizia risale al 1314) e successivamente tra i deputati ad utilia, la principale magistratura esecutiva del governo municipale.
Non furono, però, le frequentazioni degli organismi comunali a scandire la rapidissima ascesa dei Thiene, bensì i rapporti privilegiati che seppero instaurare con i signori Della Scala, padroni di Vicenza dal 1312. Non sono note le circostanze che procurarono il favore della signoria veronese, ma di sicuro negli anni Trenta del Trecento i figli di Vincenzo di Tealdino erano pienamente coinvolti nel sistema di potere allestito dagli Scaligeri, come testimoniato dalla loro partecipazione a missioni diplomatiche e dalle investiture di decime, riconosciute dai vescovi di Vicenza e di Padova.
Con la terza generazione la scalata del casato segnò un ulteriore e significativo avanzamento. Nel 1340 la fedeltà al dominio veronese valse a Simone di Miglioranza Thiene, giudice console del comune di Vicenza, e al cugino Vincenzo di Uguccione l’attribuzione di un’ampia giurisdizione privata su una sessantina di villaggi nel vicentino, per volere di Mastino e Alberto II Della Scala, con successive conferme da parte di Cangrande II, Cansignorio e Paolo Alboino, fino ai Visconti (1403), insieme al riconoscimento di nuovi beni e diritti giurisdizionali nel Veronese e nel Vicentino, anche a favore dei discendenti. Lo stesso Simone fu protagonista di un’importante ambasciata ad Avignone (1342), quando forse aveva già stabilito la propria residenza a Verona, dove divenne vicario generale di Cangrande II nel 1356 e assistette al suo testamento nel 1359.
Nel secondo Trecento i figli di Simone seguirono le orme paterne nel raggiungimento di notevoli traguardi.
L’auditore e nunzio apostolico Uguccione di Simone (morto nel 1373) fu protagonista di una brillante carriera ecclesiastica e diplomatica, che, fra l’altro, lo mise in contatto con Francesco Petrarca, cui aveva recapitato un’epistola del teologo francese Jean de Hesdin circa la questione del ritorno della sede papale a Roma: il poeta aretino replicò con l’invettiva Contra eum qui maledixit Italie o Contra Gallum (1° marzo 1373), di cui proprio Uguccione fu destinatario formale. L’episodio risale probabilmente agli ultimi mesi del 1372, durante la cosiddetta guerra dei confini, rispetto alla quale Uguccione agiva da mediatore del pontefice per ristabilire la pace fra i contendenti, cioè Padova e Venezia. Il giurista Giovanni Ettore di Simone (morto nel 1415), detto Toro per la prestanza fisica, ottenne l’investitura cavalleresca nel 1375, ma si distinse soprattutto per la carica di viceré degli Abruzzi conferitagli dal re di Napoli Carlo III, di cui fu consigliere, conservando tale ruolo anche durante il regno di Ladislao, oltre che per la successiva frequentazione della corte di Gian Galeazzo Visconti, per conto del quale agì come istitutore di Filippo Maria. Un figlio di Giovanni Ettore, Odoardo, fu professore di diritto presso lo Studio di Padova e podestà di Parma nel 1395.
Se un ramo della famiglia ‒ detto Thiene del Cane ‒ si faceva notare sulla scena italiana e internazionale, un altro ramo ‒ noto come Thiene dell’Aquila ‒ proseguiva il consolidamento del casato a livello locale e la sua piena consacrazione fra i ranghi del patriziato vicentino.
A questo proposito, vanno segnalate le imprese di Giacomo di Clemente, che, insieme al potente zio Giampietro Proti, rappresentò gli interessi vicentini nelle manovre che comportarono prima il passaggio del centro berico sotto il dominio visconteo (1387) e poi la sua dedizione a Venezia (1404). Quest’ultima operazione valse a Giacomo il riconoscimento da parte della Serenissima di un vitalizio di 1000 ducati annui per sé e i discendenti.
Le vicende tardomedievali del casato furono scandite da tappe canoniche nei coevi processi di ascesa sociale: l’intreccio di alleanze matrimoniali e rapporti d’affari con altri affermati o emergenti lignaggi vicentini, come i Proti e i Capra, sebbene sul finire del Quattrocento i legami parentali si fossero ramificati oltre la nobiltà berica; la penetrazione nei capitoli canonicali di Vicenza e Verona già in età scaligera; l’erezione di arche funebri o l’apertura di cappelle private, anche nelle maggiori chiese di Vicenza, come l’esclusivo tempio domenicano di S. Corona e successivamente la cattedrale; l’edificazione o l’acquisto di rilevanti dimore urbane e ville di campagna.
Oltre alla partecipazione alle sedute degli organi di governo comunali, occorre menzionare l’impegno del casato nell’amministrazione di due fra i principali ospedali di Vicenza, insieme ad altri esponenti del ceto dirigente berico: l’ospedale di S. Antonio Abate, fondato nel 1350 e retto da una confraternita di disciplinati cui avevano aderito le più cospicue casate locali sin dai primi anni del Quattrocento, e l’ospedale dei Proti, istituito nel 1412. In quest’ultimo caso la presenza dei Thiene alla guida del luogo pio va attribuita ai legami di parentela con il fondatore, il già citato cavaliere Giampietro Proti, che aveva nominato i nipoti Giacomo e Traiano di Clemente Thiene fra i propri esecutori testamentari.
Non ultimo, lo sfruttamento del consistente patrimonio fondiario fu accompagnato, nel Quattrocento e oltre, da investimenti in imprese mercantili, impegnate soprattutto nel setificio, cui si deve tanta parte del successo economico del patriziato vicentino e le risorse finanziarie che resero possibile la magnificenza architettonica della città berica e del suo contado nel Rinascimento.
Già definiti genericamente nobiles nella documentazione trecentesca, nel corso del XV secolo i Thiene collezionarono etichette più specifiche, con tutta una schiera di milites, equites e doctores (per lo più giuristi), che contribuirono a rafforzare la posizione di vertice raggiunta in seno alla comunità vicentina. Questa preminenza trovò poi suggello formale nella piena e ufficiale nobilitazione del casato, che, nella persona di Marco di Giacomo Thiene (morto nel 1475 circa), ottenne il titolo comitale da parte dell’imperatore Federico III (1469), pur mantenendo solide posizioni filoveneziane. Nel 1489 il figlio di Marco, Ludovico (morto prima del 1505), ordinò la celebrazione plastica delle glorie di famiglia, commissionando al noto architetto Lorenzo da Bologna un’ambiziosa ristrutturazione della principale residenza cittadina, collocata in contrà Santo Stefano. Ulteriori e monumentali interventi su palazzo Thiene furono disposti nel 1542, con il coinvolgimento di Andrea Palladio, che in quello stesso anno era impegnato anche nel cantiere della famosa villa Thiene di Quinto Vicentino.
La conservazione dell’elevato status cetuale imponeva la diversificazione dei percorsi professionali, com’era consueto per lignaggi di tale rilievo. Così nel Quattrocento i Thiene fornirono alla società dell’epoca diversi ecclesiastici, uomini d’armi e docenti universitari, tra cui spiccano le figure del condottiero Gaspare di Roberto (morto nel 1482) e soprattutto del figlio Gaetano (v. la voce Gaetano Thiene, santo in questo Dizionario), cofondatore dell’Ordine religioso dei teatini, canonizzato nel 1670 da papa Clemente X.
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