THESAUROS (θησαυρός, thesaurus)
Parola di oscura etimologia, usata nella letteratura greca con diversi significati. Nel moderno linguaggio archeologico, con il termine th. si indicano dei piccoli edifici che una città dedicava in un santuario (anathèmata, li chiama Pausania, VI, 19, 3) come rappresentanza, destinati a contenere gli arredi necessarî alle cerimonie di culto e alle processioni. Generalmente in forma di piccoli tempietti in antis, venivano costruiti di preferenza con materiale proveniente dalla città dedicante.
La denominazione di th. per tali tempietti è testimoniata a cominciare da Erodoto (i, 51 e iv, 162) e poi da Senofonte (Anab., v, 3, 5); da Euripide (Ion, 1141); da Strabone (ix, 3, 8) Diodoro Siculo (xiv, 93) e Pausania (vi, 19, 1 ss.; x, ii, 1 ss.) specialmente per i thesauroì dei santuarî di Delfi e di Olimpia (però Polemon- Fr. hist. gr., iii, p. 121 indica il th. di Metaponto sull'Altis col nome di ναός). Nel santuario di Delo invece gli edifici simili ai thesauroì di Delfi e Olimpia sono indicati sempre come οἶκοι, mentre col termine di th., a Delo come anche ad Eleusi vengono indicate piccole costruzioni nello Hieron, nell'Asklepieion, nel Serapeion, ecc. destinate a ricevere le offerte dei visitatori. (Per una descrizione architettonica di questi edifici si vedano le voci dei singoli santuari).
Il termine th. in Grecia assume però anche altri significati: ad esempio di deposito che raccoglie i beni necessari alla vita comune dello stato e delle famiglie (Arist., Polit., i, 3, 8; cfr. Vitruvio, v, 9, 8). Erodoto (ii, 150) chiama thesauroì le speciali costruzioni ove Sardanapalo o Creso conservavano le loro cose preziose. Più tardi il termine fu impiegato per indicare il luogo delle tesaurizzazioni regali (granai), ad esempio nell'Egitto ellenistico (P. Cair. Zen., 232, 4). Con lo stesso termine si indicavano anche le cappelle funerarie connesse con sepolture (Herod., ix, 116; Plut., Philop., 19, 4), sopra o sotto suolo, come ad esempio a Messene. Pausania chiama th. anche la tomba di Atreo a Micene (ii, 16, 6) e la tomba di Minia (Orchomenos, ix, 38, 2) e tale denominazione è entrata anche nell'uso del linguaggio archeologico. Si usa anche il termine th. per cassette per offerte (iscrizioni di Oropos, Thera, Rodi ecc.). La personificazione del ϑεὸς ϑησαυρός (o anche pecunia) era venerata soprattutto in Arabia e a Petra (Georg. Codinus, De signis Const., p. 57 ed. Bonn), sotto forma di una pietra quadrangolare posta su una base dorata, sulla quale si versava il sangue dell'animale sacrificato.
Bibl.: S. Dorigny, in Dict. Ant., p. 220, s. v.; L. Zihen, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, c. i ss., s. v.; W. B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, Londra 1950, p. 113. Per l'Egitto ellenistico: A. Calderini, Θησαυροί, Milano 1924; C. Préaux, L'économie royale des Lagides, Bruxelles 1939; M. Rostovtzeff. The Social and Economic History of the Hellenistic World, Oxford 1941, passim.