Vedi THERA dell'anno: 1966 - 1973 - 1997
THERA (Θήρα, Thera)
Una fra le isole più meridionali dell'arcipelago delle Cicladi (oggi Santorino), di natura vulcanica e ridotta a forma di mezzaluna in seguito a cataclismi, gli ultimi dei quali avvenuti nel 1925, 1928 e 1956. Gli antichi la dissero abitata prima dai Carî, poi da Fenici lasciativi da Cadmo che vi avrebbe sostato nel suo viaggio alla volta della futura Tebe, fondandovi gli altari di Posidone e di Atena, e infine, da Lacedemoni e da Mini. Dal Droop è stata avanzata l'identificazione di Th. con la mitica Scheria.
L'isola, abitata dalla fine del III millennio, subì indubbiamente un influsso cretese di cui resta traccia nel culto (Zeus e i Cureti) e nei manufatti che affiorano fra quelli indigeni cicladici (vasi in marmo, steatite, idoli, ecc.) sotto lo strato di polvere di pomice (un pugnale con rappresentazione di asce, vasi con elementi floreali, grandi phìtoi con ornati circolari, ecc.). Alla prima metà del II millennio risalgono resti di case di tipo rettangolare e di diretta derivazione cretese, formate da blocchi irregolari di lava legati con rami e tronchi di legno d'olivo, con tetto di terra e pietre sorretto da travi lignei e, all'interno, colonne o pilastri in pietra. Secondo la tradizione verso il 2000 a. C. giunse dal N, come nelle altre isole, la prima ondata di invasori greci (Achei), ma questa popolazione fu annientata dallo spaventoso cataclisma adombrato in miti locali, che mutò l'aspetto geografico dell'isola aprendo al centro un vuoto che fu invaso dal mare e coprendo di lava e cenere ogni segno di vita umana; che l'eruzione dovette avvenire verso l'epoca tardo-micenea si deduce dall'assenza di ogni traccia di quest'epoca. All'inizio del I millennio circa seguì la seconda ondata di invasori greci (Dori), che recarono seco il culto di Apollo Delfinio e Karneios e fondarono la loro città, Th., su un monte scosceso proteso verso S-E, collegato mediante una stretta sella con il più alto monte S. Elia (m 566). Ai Dori si deve la fioritura di una ceramica indigena, comparsa nello strato di cenere che ricopre le necropoli presso la città fin dal IX sec., dotata di una spiccatissima originalità e che mantiene immutati taluni suoi caratteri fino al IV sec., esempio di una singolare continuità, favorita anche dalla posizione piuttosto eccentrica di Th. rispetto alle più tarde correnti della ceramica greca. Si tratta di una ceramica di stile geometrico che, pur presentando influssi di quella del Dipylon, è concepita secondo uno spirito del tutto differente. La decorazione è in un certo senso più libera, senza il ripudio di elementi cretesi o cicladici e aperta poi ad accogliere motivi orientalizzanti, ma ligia tuttavia ad una severa stilizzazione, molto fitta e senza alcun senso di horror vacui. L'ornato si concentra sulle spalle e sul collo del vaso, la cui parte inferiore è campita da linee orizzontali.
Lo scavo di T. fu iniziato dai tedeschi nel 1835 e condotto poi, sistematicamente, negli anni 1895-1903 dallo Hiller von Gaertringen, coadiuvato da altri studiosi, ai quali si deve la monumentale pubblicazione.
L'abitato, adattato al piano roccioso della collina, si stende con stradette e rampe ai due margini della via principale, larga dai 3,50 ai 4 m, allungato ai lati di questo asse E-O, per circa 8oo m, mentre la larghezza è di appena 200 metri. I resti attuali fanno conoscere solo la pianta posteriore al VI sec., ma si deve supporre che il piano generale della città arcaica non fosse modificato in seguito e che quindi anche questa si estendesse dalla fonte di Sellada a N fino alla zona religiosa cui era riservato un vasto tèmenos nella parte meridionale della cresta rocciosa. Qui si trovava il tempio di Apollo Karnèios il più antico e venerabile santuario dell'isola. Databile forse al VII sec. a. C. esso è costruito in breccia e fango e tagliato in parte nella roccia; presenta una pianta vicina più a quella di un'abitazione privata che non di un tempio. Da un propileo, con dinanzi alle ante la traccia di due colonne che dovevano essere lignee, si accede ad un cortile quadrato con cisterna. Intorno a questo sono raggruppati a destra due vani ed a sinistra la cella (7,30 × 12,15 m), tagliata nella roccia, preceduta da un ampio pronao e dalla quale a sua volta si entra in due camerette minori tagliate nella roccia (adyta o tesori). Accanto al tempio è una terrazza sorretta da un potente muro ciclopico ove si celebravano le feste di Apollo (Karnèia); sulla roccia, coperta in parte dal muro posteriore, nel santuario e presso un quadrangolare luogo di offerte, sono incise numerose iscrizioni con nomi e dediche alle singole divinità, di estrema importanza per la storia dell'alfabeto greco, che risalgono fino al VII secolo.
Non sembrerebbe che Th. possedesse una cinta muraria; sono stati trovati invece molti muri arcaici di sostegno, poiché la città è tutta costruita su terrazze, ma i ruderi più notevoli appartengono all'età tolemaica, quando l'isola divenne una potente base navale e la città subì profonde ricostruzioni. Nella parte mediana della città la strada principale si allarga per formare una vasta piazza irregolare di circa 20 m di larghezza: l'agorà, ove sfociano molte strade e sul cui lato occidentale sorge il più importante edificio di Th., la basilikè stoà, probabilmente di età tolemaica, ma con ricostruzioni e restauri di età romana (I e II sec. d. C.), identificata in base ad un'iscrizione e, secondo alcuni, connessa con un ipotetico, più antico edificio di età monarchica (in età dorica Th. era governata da re). La stoà ha la forma primitiva di una basilica: si tratta, infatti, di un vasto ambiente rettangolare, diviso in due navate da una fila centrale di nove o dieci colonne doriche. La trabeazione e il tetto dovevano essere lignei. La parte settentrionale venne poi chiusa da una parete divisoria, in modo da formare una sala ove erano conservate le statue della famiglia imperiale (teste di Faustina Maggiore, di Marc'Aurelio, di Lucio Vero e altri frammenti di sculture). L'ingresso principale era nella parete lunga, di facciata (orientale) ed in posizione asimmetrica. A N-O della stoà basilikè una rampa porta al punto più elevato dell'altura cittadina. Qui sorgeva la caserma della guarnigione tolemaica, installata a Th. dal 275 a. C. Vi si accedeva da un pronao, era formata da vari ambienti e costruita in modo che i soldati potevano accedervi sia dall'interno che dall'esterno della città. Adiacente alla caserma è un edificio con corte quadrata all'interno e ingresso a S-E in cui lo Hiller von Gaertringen riconobbe un ginnasio in base al ritrovamento di iscrizioni e resti di sculture fra cui una replica del Doriforo policleteo. Il Delorme dubita si tratti di un ginnasio o di una palestra perché ritiene che l'identificazione effettuata dallo Hiller, essenzialmente in base al ritrovamento delle iscrizioni, non sia sufficientemente probante dato che nessuna di esse si trovava in situ. Fra il ginnasio e la stoà è un grosso complesso edilizio di incerta identificazione; si notano un grosso edificio con cisterna, un forno da vasaio e, immediatamente dietro la stoà, una terrazza a blocchi regolari ove probabilmente nella metà del III sec. a. C. erano il tempio di Dioniso e lo Ptolemeion (ne proviene un bel ritratto in marmo pario di sovrano ellenistico, identificato con Tolemeo Sotere); dopo la battaglia di Azio il monumento fu arricchito di una scalinata e fu trasformato da Ottaviano in Kaisareion. A S della stoà, è stato individuato un impianto termale romano e presso di questo, accanto alla strada principale, sulle pendici del monte, è il teatro, scoperto nel 1899; esso presenta quattro periodi costruttivi: 1) (di ricostruzione ipotetica) teatro con scena forse a parascenî in parte lignea (III sec. a. C.?), 2) costruzione di un proscenio in pietra (inizio del II sec.), 3) nuova cavea dovuta probabilmente a Tolemeo Filometore, (185-145 a. C.) e scena in pietra con colonne a tutto tondo (cfr. teatro di Zea al Pireo), 4) trasformazione della orchestra circolare in orchestra romana; nuovo proscenio con statue imperiali fra le colonne e sedili marmorei già attribuiti all'epoca precedente (14-37 d. C. al tempo di Tiberio). Nell'orchestra è stata trovata una bella testa di Agrippina Maggiore rappresentata come Hestia Bùlaia. Successivamente furono apportati nuovi e poco chiari ampliamenti all'edificio della scena. Di fronte al portale del teatro è una casa ellenistica con cortile colonnato, forse casa di riunione per i basilistaì, ove probabilmente ibitò il figlio di Tolemeo III Evergete che fu educato a Th. (circa 260 a. C.). Presso di questa, al termine di una diramazione della strada principale, sono un recinto sacro ad Apollo Pizio con un tempio formato da due ambienti sul quale sorse poi una chiesa, un santuario con un tesoro dedicato agli dèi egiziani, Serapide, Iside e Anubis, tagliato nella roccia e probabilmente a cielo scoperto, da cui provengono varî frammenti di scultura (un'Ecate di stile arcaistico) e databile al tempo di Tolemeo II o forse ancora a quello di Tolemeo I, e il santuario di Tolemeo III Evergete. All'estremità meridionale dell'altura cittadina è il ginnasio degli Efebi, costruito parte sulla roccia e parte su una terrazza artificiale sorretta da tre potenti muri di anàlemma di tecnica ancora arcaica. Intorno ad una corte di forma irregolarmente trapezoidale si raggruppano vari ambienti, il gruppo più antico dei quali è costituito da una grotta dedicata a Hermes ed Eracle, scavata nella roccia e poi trasformata in camera; da questa, mediante una scala, si entra in una vasta sala e in un edificio rotondo con colonne. Ad E si trovano altri ambienti, camere, portici, ecc. di età più tarda. Sulla roccia calcarea, nella scala che conduce alla grotta, evidentemente l'originario luogo di culto, sono incise liste di efebi, dediche ad Hermes, ecc. che hanno permesso l'identificazione del monumento. Alcune di queste iscrizioni sono ancora in caratteri arcaici. Alla opposta estremità settentrionale era il santuario di Demetra e Kore e a S-E di questo il tèmenos dedicato da Artemidoro di Perge a varie divinità (III sec. a. C.). Le case private ellenistiche di Th., spesso fornite di una grande cisterna all'interno, offrono interessanti anticipazioni degli schemi architettonici delle ville romane con corridoi.
Le fonti dicono che in età dorica sull'isola, oltre alla città di Th., erano ancora sette demi, alcuni dei quali sono identificabili nelle altre località dell'isola ove sono stati rinvenuti resti archeologici. Fra queste si ricorderà S. Nicola Marmareio su un'insenatura meridionale, con un tempio dorico in marmo di età ellenistica dedicato a Theia Basìleia, impiegato ora come chiesa di S. Nicola; Foinikia, con un abitato dei primi tempi dell'occupazione dorica; e Capo Colombo con una necropoli rupestre di epoca discussa. Sulla Sellada è un edificio sepolcrale romano rotondo dei primi tempi dell'Impero e sulla strada antica che menava al porto di Oia una vasta necropoli arcaica, classica ed ellenistica a cui recentissimi scavi hanno aggiunto importanti ritrovamenti. Dalla medesima località provengono anche tre koùroi della fine del VII sec. conservati al museo di Thera. Sulla costa meridionale dell'isoletta di Therasia sono state scoperte le tracce di un insediamento minoico della prima metà del II millennio.
Alla monetazione arcaica di Th. appartengono forse alcuni stateri di argento del VII sec. con due delfini sul verso e quadrato incuso sul tergo, di provenienza incerta. La zecca di Th. fu chiusa all'inizio delle guerre mediche come quelle della maggior parte delle Cicladi; fu riaperta verso la metà dei IV sec. con monete di tipo vario fra cui alcune con tre delfini, altre con toro, ecc. e l'iscrizione ΘΗ, ΘΗΡ, e, più tardi, ΘΗΡΑΙΩΝ. Nel 1821 venne scoperto a Th. un ripostiglio di 760 monete greche arcaiche (VII-VI sec.) di tipi diversi, che erano poi quelli che circolavano a quell'epoca nelle Cicladi.
La più illustre colonia di Th. fu Cirene (v.) fondata nel 620 a. C.
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