GAUTIER, Théophile
Poeta, romanziere e critico francese, nato a Tarbes (Hautes-Pyrénées) il 30 agosto 1811, morto a Parigi il 23 ottobre 1872. Si diede dapprima alla pittura e frequentò lo studio di L.-É. Rioult, ma ben presto fu attratto dalla nuova letteratura romantica, e il 25 febbraio 1830, munito d'un lasciapassare col motto di Victor Hugo (hierro "ferro"), è al Théâtre-Français tra i frenetici applauditori che impongono il trionfo di Hernani. Il gilè rosso ciliegia ch'egli portava quella sera diventò leggendario e resta come un simbolo nella storia del romanticismo francese. Le Poeśies che pubblicò qualche mese più tardi, in piena rivoluzione di luglio, passarono inosservate. Le ristampò nel 1833 insieme col poemetto Albertus ou l'Âme et le Péché, légende théologique, dove ostenta un romanticismo macabro e scapigliato che entusiasmò la gioventù byroniana del tempo. E codesto byronismo egli lo visse, più o meno, coi suoi amici Pétrus Borel, Gérard de Nerval, Arsène Houssaye, Célestin Nanteuil, Philothée O' Neddy (Théophile Dondey), Augustus Maquet o Mac-Keat, ecc. In questo tempo egli collaborò a varî periodici e pubblicò nella France littéraire i suoi Grotesques, che poi raccolse in volume nel 1844: son ritratti, tracciati con mano sicura, di scrittori irregolari, quasi tutti del sec. XVII (Théophile de Viau, Saint-Amant, Scarron, Cyrano de Bergerac, ecc.), che G. esalta per contrapporli con visibile compiacenza a Boileau dittatore del classicismo. Ma nel 1833 egli lancia Les Jeunes-France, romans goguenards, che vogliono essere una galleria caricaturale della scapigliatura ultraromantica e nello stesso tempo, anche per quel che è altamente affermato nella prefazione, una difesa dell'indipendenza dell'arte, contro ogni tentativo d'arruolamento utilitario. È la teoria dell'arte per l'arte, che già appare nella prefazione delle Orientales di Victor Hugo. G. la riprende, la elabora a suo modo, le infonde il suo spirito edonistico, l'adorna dei suoi paradossi, e ne fa il suo cavallo di battaglia. Il romanticismo volge con lui all'estetismo. Questo orientamento si manifesta appieno in Mademoiselle de Maupin (1835-36), romanzo che prende lo spunto dalla vita avventurosa e ambigua d'una cantante francese del sec. XVII: G. si è lasciato andare in questo libro a brillanti digressioni artistiche e letterarie, vi ha moltiplicato i pezzi di bravura e lo ha corredato di un'ampia e battagliera prefazione contro l'ipocrisia borghese e la critica moralistica; ma più che un libro moralmente perverso Mademoiselle de Maupin è un libro paradossale e antiborghese. Molta scapigliatura romantica è ancora nella Comédie de la Mort (1838), truculenta evocazione di visioni cimiteriali, dove per altro in alcuni tratti descrittivi G. si rivela già come il poeta pittore, esperto di accorgimenti stilistici, scaltrito nella ricerca delle rime sontuose e maliose, che i Parnassiani di trent'anni più tardi saluteranno precursore e maestro. E tale appare ancor più nel volume di versi España (1845), ispiratogli da un viaggio di parecchi mesi di là dai Pirenei. A questo soggiorno nella Spagna ch'egli descrisse nel volume Tra los Montes (1843; 2ª ed., col titolo Voyage en Espagne, 1845) ne seguono altri in Algeria, in Italia, in Grecia e in Turchia, in Russia: ne vengon fuori parecchi volumi descrittivi, d'impressioni e ricordi, nei quali G., a mezza strada fra il turismo e la critica d'arte, gode soprattutto d'abbandonarsi alla sua foga di smagliante colorista. Dal 1836 fino agli ultimi anni egli proseguì instancabilmente il suo mestiere di giornalista, fornendo scritti di critica letteraria, artistica e musicale, dapprima alla Presse, poi al Moniteur e, caduto l'Impero, al Journal officiel. Caratterizzano la sua critica un intelligente e cordiale eclettismo, un senso vigile dei nuovi orientamenti artistici (G. è tra i primi a salutare il genio di Manet, di Berlioz e di Wagner) e una singolare disposizione a tradurre le proprie impressioni in pagine colorite e suggestive che diano, per così dire, l'equivalente dell'opera d'arte esaminata. I migliori articoli riunì egli stesso o furon raccolti in volumi postumi: Les Beaux-Arts en Europe (1855-56), Histoire de l'art dramatique en France depuis vingt-cinq ans (1858-59), Histoire du romantisme (1874), Guide de l'amateur au Musée du Louvre (1882). Non per questo restò interrotta la sua attività di romanziere e di poeta. Con alcuni racconti e alcune novelle della sua maturità (Une nuit de Cléopâtre, 1845; Le roi Candaule, 1847; Arria Marcella, 1852; Le roman de la momie, 1858), G. si afferma come il vero fondatore di quell'esotismo avido di precisi particolari, volto a rendere un clima storico con minuziosa cura erudita, che avrà tanta voga nell'età parnassiana. Gran successo ebbe il romanzo Le Capitaine Fracasse (1863), ricostruzione pittoresca, anche se un po' prolissa nella seconda parte, della vita nomade dei commedianti sotto Luigi XIII: in quest'opera è evidente il ricordo del Roman comique di Scarron, uno dei "grotteschi" cari a G. In fatto di poesia sono gli Émaux et Camées (1852, edizioni accresciute via via negli anni successivi: la 6ª è del 1872) che meglio dànno la misura di G. giunto al pieno sviluppo delle sue possibilità: in questa raccolta, il cui titolo dice già le intenzioni dell'autore, G. attua appieno l'ideale, da lui lungamente accarezzato, d'un'arte impeccabile, che traduca in forme nitide e in colori splendenti le sue visioni d'esteta: nessuna concessione all'effusione sentimentale, all'autobiografia patetica cara ai romantici della prima e seconda generazione: la sensibilità (che in G. è del resto scarsa) si manifesta per via d'immagini e figurazioni in uno stile scintillante e lussuoso. È già il gusto parnassiano, sorta di romanticismo irrigidito in sagome cristalline. Antiborghese, antisentimentale, neopagano, esteta fino alla mania, G. segna forse meglio d'ogni altro scrittore francese il passaggio dalla generazione poetica del 1830 a quella del 1860. Ha di suo inoltre una vena di preziosità, che affiora qua e là così nella prosa come nei versi e finisce col dispiacere in certi scritti minori, per esempio nei mediocri madrigali composti per la principessa Matilde Bonaparte, della cui piccola corte fu assiduo e devoto frequentatore. Ammogliatosi con Ernesta Grisi, ne ebbe due figlie, di cui una, Estelle, sposò Émile Bergerat e l'altra, Judith (v.), Catulle Mendès.
Ediz.: Œuvres de Th. G., Parigi 1883, voll. 34; Émaux et Camées, a cura di J. Madeleine, Parigi 1927; España, a cura di R. Jasinski, Parigi 1929.
Bibl.: Ch. Baudelaire, Th. G., Parigi 1859; Sainte-Beuve, Nouveaux lundis, VI; E. Feydeau, Th. G., souvenirs intimes, Parigi 1874; É. Bergerat, Th. G., entretiens, souvenirs et correspondance, Parigi 1879; Spoelberch de Lovenjoul, Histoire des œuvres de Th. G., Parigi 1887; M. Du Camp, Th. G., Parigi 1890; E. Richet, Th. G., l'homme, la vie et l'œuvre, Parigi 1893; H. Potez, Th. G., Parigi 1895; R. Canat, Du sentiment de la solitude morale chez les Romantiques et les Parnassiens, Parigi 1904; A. Cassagne, La théorie de l'Art pour l'Art en France chez les derniers Romantiques et les premiers Parnassiens, Parigi 1906. Ampie notizie bibliografiche nei cinque volumi delle opere scelte di Th. Gautier pubblicate dalla Bibliothèque Larousse); G. Brunet, Th. G., poète, in Mercure de France, 15 ottobre 1922; R. Jasinski, Les années romantiques de Th. G., Parigi 1929.