THEADELPHIA (Θεαδέλϕεια, od. Harît o Herît)
Località al limite occidentale dell'oasi del Fayyûm, tra Gebâli e Kasr-el-Bauat, a circa 8 km dalle sponde meridionali del Birket Karun.
Esplorata alla fine del secolo scorso da Grenfell e Hunt e nel 1902 dal Rubensohn, fu scavata per la prima volta nel 1908 dal Lefebvre, che fu sollecitato alla ricerca topografica dal ritrovamento di un'iscrizione che indicava l'esistenza del tempio di Pneferôs. Seguirono nel 1924-5 gli scavi parziali dei kimân di Harît da parte della missione italiana in Egitto.
La fondazione della piccola città, indicata col nome di Th. in un papiro del III sec. a. C., risale probabilmente a Tolemeo II; godette un lungo periodo di prosperità durante tutto l'ellenismo (specialmente nel I sec. a. C.) e nei primi due secoli dell'Impero. Nella seconda metà del III sec., come per molti altri centri della regione, la popolazione era diventata molto scarsa numericamente e misera: nel 307 la città era un'ἐρῆμος κώμη; nella seconda metà del IV sec. la località appare completamente abbandonata. La rapida decadenza è dovuta in massima parte al trascurato servizio di irrigazioni.
Da Th. provengono numerosissimi papiri e òstraka, sparsi in numerosi musei; ricordiamo come di molto probabile provenienza da Th. il carteggio di Eronino della metà circa del II sec. d. C., interessante non solo per la conoscenza della vita privata, ma soprattutto dell'amministrazione delle aziende agricole di quel periodo. Inoltre provengono dalla località numerose iscrizioni, dalle quali si apprende l'esistenza, oltre che del tempio di Pneferôs, di un Bubasteion, di un santuario di Ercole, di uno dedicato ad Iside Eseremphia, di un tempio di Heron e ancora di altri (ad Iside, ai Dioscuri, ecc.).
Gli scavi italiani hanno rimesso in luce il tempio di Pneferôs (è errata la precedente identificazione con questo tempio dell'edificio scavato dal Lefebvre), costituito da un ampio cortile al quale si accedeva mediante un pròpylon e un dròmos e dalla cappella occupata quasi interamente dall'altare, preceduta da un profondo vestibolo e da due corti di misure minori della precedente. Il tempio, che risale al II sec. a. C., rimase in uso per un lungo periodo: lo attestano alcuni affreschi parietali nel cortile che risalgono al II sec. d. C. circa. Oltre al tempio, circondato da vani (abitazioni di sacerdoti; sale per banchetti ecc.) sono state rinvenute case a un piano, resti di un bagno, frammenti architettonici, un affresco con Elena e i Dioscuri.
Bibl.: Grenfell-Hunt, Fajüm Towns and their Papyri, Londra 1900, p. 51 ss.; O. Rubensohn, in Jahrbuch, XVII, 1902, p. 47; XX, 1905, p. i ss.; G. Lefebvre, in Comptes rendus de l'Acad., 1908, p. 772; id., in Ann. Service Ant., X, 1910, p. 162 ss.; E. Breccia, Teadelfia e il tempio di Peneferôs, in Mon. de l'Egypte gr.-rom., I, 1926, p. 85 ss.; H. Kees, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, c. 1340 s., s. v.