The Night of the Hunter
(USA 1954, 1955, La morte corre sul fiume, bianco e nero, 93m); regia: Charles Laughton; produzione: Paul Gregory Productions; soggetto: dall'omonimo romanzo di Davis Grubb; sceneggiatura: James Agee, Charles Laughton; fotografia: Stanley Cortez; montaggio: Robert Golden; scenografia: Hilyard M. Brown; costumi: Jerry Boss; musica: Walter Schumann.
Virginia, anni Trenta. Harry Powell è un predicatore folle che con il suo fascino inganna le vedove per derubarle e ucciderle. Ben Harper ha due figli, John e Pearl, ma non ha un lavoro per mantenere la famiglia. Commette allora una rapina che gli frutta 10.000 dollari, ma che si conclude con l'omicidio di due uomini. Il bottino viene nascosto nella bambola di Pearl; l'uomo fa promettere ai figli di non dire a nessuno dov'è il nascondiglio, nemmeno alla madre. In prigione in attesa di essere impiccato, Ben Harper fa amicizia col compagno di cella, Harry Powell, arrestato per un furto d'auto. Powell intuisce qualcosa e tenta inutilmente di farsi rivelare il nascondiglio del denaro. Uscito di prigione si reca a casa Harper, dove circuisce la vedova e la sposa. Quando la donna si rende conto del pericolo che sta correndo, Powell la uccide. Pearl e John scappano in barca, lasciandosi trascinare dalle correnti dell'Ohio. Stanchi e affamati vengono accolti da Mrs. Cooper, una vecchietta che offre un tetto e una sorta di famiglia ai ragazzi sbandati. Powell riesce a scoprire il loro rifugio, ma viene ferito da Mrs. Cooper. Mentre il predicatore sta per essere portato via dai poliziotti, John, in preda a uno shock nervoso, maledice e consegna alla polizia il tesoro che finora i bambini, per non venire meno al giuramento fatto al padre, avevano tenuto nascosto. Giunge il Natale: sotto l'albero i bambini si scambiano i doni con Mrs. Cooper.
Benché questa unica incursione nella regia di uno dei più famosi interpreti del cinema inglese e americano sia stata, al momento della sua uscita nei cinema, quasi ignorata dal mercato, la fama critica di The Night of the Hunter è cresciuta fino ad assicurare al film lo statuto inconfondibile del capolavoro: "uno dei film più strani e più belli del cinema americano", lo ha definito Serge Daney. Difficile non coglierne, oggi, le ragioni. Innanzitutto, l'originalità: The Night of the Hunter è una favola ma anche un thriller, un film che rappresenta in maniera realistica un periodo storico (la Depressione degli anni Trenta in America, caratterizzata da una devastante povertà) ma anche un racconto che possiede l'irrealtà e il mistero del mito. Inizia come un film di Hitchcock (l'assassinio iniziale di I Confess ‒ Io confesso, 1953) e finisce come un film di Lang (il linciaggio di Fury ‒ Furia, 1936), riproduce con delicata estenuazione visiva il mondo da idillio fluviale di Mark Twain e la devianza cupa e distruttiva del fanatismo religioso, con una capacità di variazioni tonali e improvvise modulazioni narrative che a tratti sembrano parlare una lingua cinematografica ancora sconosciuta. Al culmine della tensione e dell'ansia del thriller (la fuga da casa), succede la sequenza più magica e sospesa (la notte in barca) il cui incanto, carico di poesia e minaccia, è un inno al cinema come immaginazione sovrana su cui si allunga l'ombra del dolore e dell'ingiustizia del mondo.
Gli orchi delle favole e l'ambientazione da realismo sociale sono investiti in profondità di una plasticità visionaria e allucinatoria in cui la sessualità angosciosa, l'aggressione patriarcale, la trasfigurazione fiabesca della natura sembrano proiezione di un conflitto edipico infantile al massimo della sua pressione soggettiva. Ma allo stesso tempo il film è un apologo morale, pedagogico, ispirato e toccante, in cui il cupo puritanesimo del personaggio di Robert Mitchum e l'amore evangelico di Lillian Gish (la più famosa attrice del cinema muto americano), lottando per la conquista di due bambini, illustrano il conflitto insanabile di due valori inconciliabili: l'odio e l'amore, le due parole tatuate sulle dita del pastore assassino. Una battaglia che è lo stesso protagonista a mimare più volte con le mani nel corso del film.
Prima di iniziare le riprese, Charles Laughton si immerse in profondità nei classici del cinema che si fece proiettare al MoMA di New York, da Griffith all'espressionismo tedesco; lo stile dei taglienti contrasti di luce e dei colti arabeschi di ombre di Stanley Cortez contribuisce al prodigio di forma ed emozione del film almeno quanto la sceneggiatura di James Agee (tratta da un romanzo di Davis Grubb), ricca di humour e spietati tocchi satirici (l'anziana devota dell'inizio si trasforma nel finale in aspirante leader di un linciaggio). Fondamentale anche il lavoro di Mitchum, non solo per la prestazione attoriale, formidabile, con la quale riesce a dare corpo e personalità al male assoluto (che razza di essere è colui che è costretto a uccidere tutto ciò che lo eccita?), ma anche perché sul set si occupò di dirigere e guidare i bambini, per i quali Laughton non possedeva la pazienza necessaria. La citazione biblica che sigla il finale lodando la forza dei piccoli ("Signore proteggi gli innocenti, i venti e le piogge li flagellano") doveva significare per lui qualcosa di più che una preghiera, se è vero che da ragazzo aveva vissuto fasi di vagabondaggio e solitudine non dissimili da quelle che i giovani protagonisti attraversano nel film.
Interpreti e personaggi: Robert Mitchum (Harry Powell), Shelley Winters (Willa Harper), Lillian Gish (Rachel Cooper), Peter Graves (Ben Harper), Billy Chapin (John Harper), Sally Jane Bruce (Pearl Harper), Evelyn Varden (Icey Spoon), Don Beddoe (Walt Spoon), James Gleason (zio Bill), Corey Allen (Macijah Blake), Paul Bryar (Bart), Cheryl Callaway (Mary), Gloria Castillo (Ruby), Mary Ellen Clemons (Clary).
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