The Man from Laramie
(USA 1955, L'uomo di Laramie, colore, 104m); regia: Anthony Mann; produzione: William Goetz per Columbia; soggetto: Thomas T. Flynn; sceneggiatura: Philip Yordan, Frank Burt; fotografia: Charles Lang; montaggio: William A. Lyon; scenografia: Cary Odell; musica: George Duning.
Will Lockhart giunge a Coronado per consegnare un carico di merce. La zona confina con la terra degli Apache, che qualcuno sta rifornendo di fucili. Mentre carica sacchi di sale con i suoi uomini, Lockhart è raggiunto da un gruppo di cavalieri armati al comando del giovane Dave Waggoman; Dave, rivendicando la proprietà della salina, fa trascinare Lockhart nella polvere, brucia i carri e uccide i muli. L'arrivo di Vic Hansbro, cowboy al Barb Ranch di Alec Waggoman, interrompe la violenta lezione. Tutti invitano Will a lasciare la zona: Alec, padre di Dave, è un uomo molto potente. Will affronta prima Dave e poi Vic in un furioso corpo a corpo, ma lo scontro è interrotto dal vecchio Waggoman. L'uomo risarcisce Lockhart del danno subito, ma questo non basta ad allontanarlo: dietro il suo viaggio c'è in realtà una ragione ancora oscura. Accusato di un omicidio che non ha commesso, Will è arrestato: per uscire dal carcere accetta di lavorare per Kate, proprietaria del ranch Half Moon, fidanzata in gioventù con Alec. Dave assale nuovamente Will e, a sangue freddo, gli spara a una mano. Soccorso da Kate, Lockhart rivela che gli Apache hanno ucciso suo fratello: la sua ossessione è individuare e uccidere l'uomo che ha venduto loro le armi. Il traffico è gestito da Dave e Vic, che si contendono l'affetto di Alec Waggoman, ormai quasi cieco e prossimo a lasciare il potere a un erede. Durante un litigio Vic uccide Dave, poi riporta al ranch il cadavere nascondendo la verità. Credendo che il colpevole sia Will, Waggoman è pronto a vendicarsi, ma scopre il carico di armi. Durante una discussione con Vic cade da cavallo e perde i sensi. Al suo risveglio Alec racconta tutto a Will. La resa dei conti non tarda: Will distrugge i fucili e gli Apache si vendicano massacrando Vic.
The Man from Laramie è il quinto e ultimo western che Anthony Mann girò con James Stewart. Philip Yordan, autore di Johnny Guitar, sostituì l'abituale sceneggiatore Borden Chase, più interessato allo sfondo storico e sociale. Yordan offrì a Mann una struttura costruita intorno a suggestioni shakespeariane, ai temi della tragedia classica, a riferimenti biblici. Materiali che il regista aveva già trattato in The Furies (Le furie, 1950) e in Winchester '73 (1950): il confronto traumatico con la figura paterna, il conflitto tra fratelli, la forza del destino. Mann sosteneva che "dal western nasce il mito ed è il mito che dà il miglior cinema". Il suo progetto, più audace, prevedeva in origine che Will fosse il fratello di Dave e che il responsabile del traffico d'armi fosse in realtà il padre Alec. I produttori lo costrinsero a rivedere le relazioni tra i personaggi, così il movente della vendetta di Lockhart appare pretestuoso e convenzionale all'interno di una drammaturgia altrimenti sofisticata.
Il paleocapitalista Alec Waggoman è il titolare della colpa originaria, l'avidità. L'esercizio spietato del potere è costretto a misurarsi con il tempo che passa e con la condanna, metaforica, alla cecità: poter vedere appena "quattro ettari dei quarantamila" che possiede. Suo figlio Dave incarna la brutalità ottusa; Alec, che si sente responsabile di questa violenza, ne teme gli esiti perchè sa che conduce all'autodistruzione. Il suo complesso di colpa si materializza in sogni premonitori in cui uno sconosciuto uccide suo figlio. Vic è in cerca del riconoscimento da parte di un padre adottivo che si limita invece a ricattarlo con la promessa della successione, Caino innocente cui un disegno perverso ha negato la grazia e negherà, in fondo alla storia, il paradiso perduto. Will è l'enigmatico fantasma venuto da Laramie, luogo ripetutamente evocato come un altrove mitico, oltre la cortina del territorio apache. Solitario e laconico, viaggiatore 'senza terra', Lockhart determina con il suo passaggio gli eventi ma non ha un ruolo attivo nello sciogliere il tragico nodo che lega gli uomini del Barb Ranch. Infine, appena oltre i vasti orizzonti in cui si consuma la storia, gli Apache. "Li rispetto, c'erano prima di me" dice Waggoman, consapevole che la conquista del West è in realtà un'usurpazione, mentre un diritto naturale attribuisce ai nativi un'aura quasi trascendentale.
Mann conferma e sublima la sua predilezione per gli esterni, da cui trae ispirazione e verità. Lo spazio in cui si svolge The Man from Laramie, sia pure ritagliato in una varietà e vastità di paesaggi, è tuttavia circoscritto, racchiuso dentro un perimetro delimitato dall'invisibile minaccia apache. Le comunicazioni sono interrotte, il servizio di diligenze è stato sospeso e tutta la fabula vive in una sorta di sospensione magica che si risolverà solo nell'ultimo atto. Mann usa il CinemaScope con l'abituale maestria, riuscendo ancora una volta nel miracolo di costruire inquadrature bellissime senza costringere lo spettatore ad ammirarle. La polvere, le rocce, le colline punteggiate da cespugli, l'inquietante piattezza delle saline, il silenzio dei grandi spazi aperti contribuiscono a rendere il West un'arena primordiale. L'equilibrio tra paesaggio e figura umana è appena infranto da movimenti di macchina, bruschi, inattesi e dunque sorprendenti: il lungo carrello a precedere che introduce alla rissa nella piazza del paese; l'arrivo di Dave Waggoman, nerovestito, al ranch Half Moon dove Stewart lo attende immobile, saldo nella sua integrità morale. Sono momenti che preludono alla rappresentazione della violenza e sono dunque visualizzati come lo strappo che turba l'armonia dello sguardo, secondo un'idea di cinema in cui l'infrazione alla classicità è determinata ancora dalla posizione etica del regista e non dall'aggressione ai sensi. La violenza messa in scena in The Man from Laramie è selvaggia, scomposta, animale. Mann e il suo eroe Will Lockhart vivono l'oltraggio estremo, il culmine di una escalation implacabile, con uno sbigottimento muto, pudico. Stewart si allontana di spalle, non c'è bisogno di un primo piano per condividere il dubbio che tutto sia perduto, che per l'essere umano, ormai, non ci sia speranza. Ma, appunto, è solo un dubbio. L'ansia di verità e di giustizia che l'umanista Anthony Mann condivide con i suoi protagonisti rimette in moto l'azione fino allo scioglimento finale.
Interpreti e personaggi: James Stewart (Will Lockhart), Arthur Kennedy (Vic Hansbro), Donald Crisp (Alec Waggoman), Alex Nicol (Dave Waggoman), Cathy O' Donnell (Barbara Waggoman), Aline MacMahon (Kate Canaday), Wallace Ford (Charles O'Leary), Jack Elam (Chris Boldt), John War Eagle (Frank Darrah), James Millican (Tom Quigby), Gregg Barton (Fritz).
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