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The Blues Brothers

di Alberto Farina - Enciclopedia del Cinema (2004)
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The Blues Brothers

Alberto Farina

(USA 1980, colore, 130m); regia: John Landis; produzione: Robert K. Weiss per Universal; sceneggiatura: Dan Aykroyd, John Landis; fotografia: Stephen M. Katz; montaggio: George Folsey Jr.; scenografia: John J. Lloyd; costumi: Deborah Nadoolman; coreografie: Carlton Johnson; musica: Elmer Bernstein.

Chicago, penitenziario Joliet, all'alba. Jake Blues esce di prigione e ad attenderlo, su un'auto truccata chiamata Bluesmobile, trova suo fratello Elwood, da cui apprende che l'orfanotrofio in cui entrambi sono stati allevati rischia di essere chiuso per cinquemila dollari di tasse arretrate. La madre superiora li diffida dal ricorrere a mezzi illegali per trovare il denaro: i due decidono allora di riunire il loro vecchio gruppo blues e guadagnare la cifra necessaria con la musica. L'impresa è ostacolata dalla polizia stradale (che insegue Elwood per innumerevoli violazioni al codice della strada), dall'ufficiale di controllo di Jake (che è in libertà condizionata), da una donna misteriosa che cerca ripetutamente di far fuori i due fratelli con un inesauribile arsenale di armi, da una country-band cui Jake ed Elwood hanno rubato la scena, e infine da un gruppo di neonazisti la cui manifestazione è stata rovinata dal passaggio della Bluesmobile. Nonostante le resistenze dei vecchi compagni, la banda viene finalmente ricostituita e rifornita di strumenti musicali: però è ben presto chiaro che l'idea di guadagnare cinquemila dollari suonando nei locali pubblici è irrealizzabile. Con un piccolo ricatto, Jake ed Elwood ottengono di tenere un concerto nel gigantesco Palace Hotel e grazie a una propaganda capillare riescono a riempirlo di spettatori. Dopo un inizio incerto, lo spettacolo è un trionfo suggellato da un ricco contratto discografico: però il tempo utile per pagare le tasse volge al termine e i due fratelli fuggono dalla sala con il denaro. Dopo un inseguimento apocalittico e una vera strage di automobili, i Blues Brothers fanno appena in tempo a saldare il debito. L'orfanotrofio è salvo e i fratelli, arrestati con tutta la banda, si ritrovano in carcere a suonare Jailhouse Rock scatenando un happening che i secondini si affrettano a reprimere.

Si nasconde nel finale la differenza più sostanziale fra The Blues Brothers, così come conosciuto e apprezzato da una generazione di spettatori, e la versione originale del film, cui produzione e distribuzione impongono tagli di quasi mezz'ora prima dell'uscita in sala: si tratta di poche inquadrature, che rovesciano però completamente il senso trionfale del numero conclusivo. Chi vede il film nella sua versione 'tradizionale' ne esce caricato dall'energia liberatoria di un classico del rock messo in scena in uno scatenato happening carcerario: ma la versione definitiva, reintegrata negli anni Novanta con dodici minuti fortunosamente ritrovati, si chiude invece con le immagini delle guardie che accorrono a sedare la rivolta musicale dei protagonisti, colpevoli non tanto dei numerosi reati commessi nel corso della vicenda, ma soprattutto di rappresentare una cultura musicale non allineata ai gusti commerciali dell'epoca disco (e sarà proprio la resistenza degli esercenti a programmare una pellicola giudicata troppo 'black' e troppo 'blues' a imporre i tagli). Concepito da John Landis e Dan Aykroyd come "un incrocio fra Singin' in the Rain e Ben Hur", il film nasce dal desiderio della Universal di sfruttare al cinema il successo televisivo e discografico di una coppia di personaggi creati da Aykroyd & Belushi ma, in luogo di limitarsi a portare sullo schermo i modi e i ritmi delle performances televisive, sceglie di farne figure di uno spessore leggendario che l'ironia di fondo tempera solo parzialmente.

The Blues Brothers è un film costruito sulle proprie contraddizioni, su un'anarchia produttiva autorizzata dal sistema stesso (viene messo in produzione senza un budget approvato e viene scritto e realizzato in fretta e furia: nemmeno dieci mesi fra la prima bozza di soggetto e la copia campione), sul continuo cambio di marcia fra temi e stili cinematografici diversi e apparentemente incompatibili, unificati in una mimesi postmoderna che reinventa lo stile del film scena per scena, lungo un catalogo di situazioni unificate solo dal proprio appartenere, appunto, al patrimonio visivo e narrativo di ottant'anni di cinema. Trionfo di un catastrofismo spettacolare che accosta la dinamica del cartone animato a un'ambientazione sorprendentemente realistica (lo Spielberg di 1941 ‒ 1941 Allarme a Hollywood, 1979, aveva puntato invece su un'iperrealtà interamente ricostruita) e a una musica autenticamente popolare, The Blues Brothers rilancia da solo un intero genere musicale e riscuote un buon successo in tutto il mondo, consentendo a Landis di realizzare l'anno seguente il più personale An American Werewolf in London (Un lupo mannaro americano a Londra). La morte prematura di John Belushi, avvenuta nel 1982, contribuisce a conferire al film uno status di cult che garantisce una notevole longevità musicale anche alla band radunata per l'occasione. Nel 1998, Landis & Aykroyd realizzeranno insieme Blues Brothers 2000 (Blues Brothers ‒ Il mito continua), un elegiaco 'vent'anni dopo' sull'irripetibilità del passato, rimasto incompreso da un pubblico e da una critica che si merita i finali edulcorati dalla produzione.

Interpreti e personaggi: John Belushi ('Joliet' Jake Blues), Dan Aykroyd (Elwood Blues), James Brown (reverendo Cleophus James), Cab Calloway (Curtis), Ray Charles (Ray), Aretha Franklin (proprietaria del Soul Food Cafe), Steve Cropper (Steve 'The Colonel' Cropper), Donald Dunn (Donald 'Duck' Dunn), Murphy Dunne (Murph), Willie Hall (Willie 'Too Big' Hall), Tom Malone ('Bones' Malone), Lou Marini ('Blue Lou' Marini), Matt Murphy (Matt 'Guitar' Murphy), Alan Rubin (Mr. Fabulous), Carrie Fisher (donna misteriosa), Henry Gibson (capo nazista), John Candy (Burton Mercer), John Lee Hooker (Street Slim), Kathleen Freeman (suor Mary Stigmata), Steve Lawrence (Maury Sline), Twiggy (signora chic), Frank Oz (agente carcerario), Charles Napier (Tucker McElroy), Chaka Khan (solista del coro), Stephen Bishop (poliziotto affascinante), John Landis (agente LaFong), Paul Reubens (cameriere), Steven Spielberg (impiegato della Cook County).

Bibliografia

[T. Mc]Cart[hy], The Blues Brothers, in "Variety", June 18, 1980.

P. Taylor, The Blues Brothers, in "Monthly Film Bulletin", n. 561, October 1980.

G. Colpart, The Blues Brothers, in "La revue du cinéma", n. 356, décembre 1980.

E. Martini, L'irriverente dissidenza del 'catacomico', in "Cineforum", n. 202, febbraio-marzo 1981.

G. Turroni, The Blues Brothers, in "Filmcritica", n. 313, marzo-aprile 1981.

J. Landis, Dialogue on film, in "American Film", May 1982.

N. Saada, 'The Blues Brothers': John Landis, in "Cahiers du cinéma", hors série, 1993.

A. Farina, John Landis, Milano 1995.

Vedi anche
John Belushi Attore statunitense (Chicago 1949 - Los Angeles 1982). Con uno stile originale e irriverente rappresentò la rabbia e lo spirito di ribellione tipici della cultura giovanile. Diventato famoso grazie alle apparizioni allo show televisivo Saturday night live (1974), interpretò poi film quali Animal house ... Dan Aykroyd (propr. Daniel Edward). - Attore cinematografico canadese naturalizzato statunitense (n. Ottawa 1952). Ha raggiunto la notorietà con la pellicola The Blues Brothers (1980), cui sono seguite le felici interpretazioni in Ghostbusters (Ghostbusters ‒ Acchiappafantasmi, 1984) e Spies like us (1985). Candidato ... John Landis Landis ‹lä´ndis›, John. - Regista cinematografico statunitense (n. Chicago 1950). Il suo film d'esordio (Schlock, 1973) già rivela il gusto parodistico e la comicità demenziale, nonché l'amore per il cinema del passato, che sono caratteristici di tutte le sue opere. Tra esse ricordiamo: National lampoon's ... Carrie Fisher Attrice e scrittrice statunitense (n. Beverly Hills 1956). Figlia di  E. Fisher e D. Reynolds, dopo gli studi presso la Central School of Speech and Drama di Londra, nel 1975 ha debuttato nel film Shampoo. Due anni più tardi ha ottenuto il ruolo che l’ha resa universalmente famosa, quello della principessa ...
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rhythm and blues
rhythm and blues 〈rìdħëm ënd blùu∫〉 locuz. ingl. (propr. «ritmo e blues»), usata in ital. come s. m. – Forma musicale afroamericana (spesso abbreviata in r. & b.), originata dall’influsso del jazz e della musica gospel e basata sulle strutture...
blues
blues ‹blùu∫› s. pl. angloamer. [dalla locuz. ingl. (to) feel blue «esser malinconico», propr. «sentirsi blu»], usato in ital. al masch. sing. – Forma di canto popolare afroamericano, adottata dal jazz, avente uno schema strofico e un giro...
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