Vedi THASOS dell'anno: 1966 - 1997
THASOS (Θάσος, Thasus)
È una delle isole più settentrionali dell'Egeo e dista solo 6 km dalla costa tracica, a cui è geologicamente affine. Ampia circa 393 kmq, è formata da un massiccio cristallino che s'innalza a N-E fino a 1045 m (Monte Ypsarion). La stretta fascia costiera nord-orientale, con le ripide pendici montuose alle spalle, è ricca di insenature e di buoni porti (Limenas, che corrisponde all'antica Th., Panagia, Potamia, Koinyra). A S e a S-O, invece, una serie di ampie valli sboccano perpendicolarmente sulla linea costiera unita, piatta e battuta da forti venti.
Il suo ricco sottosuolo forniva argento, zinco, rame, ferro, oro e anche pietre preziose (ametiste e opali); numerose erano le cave di marmo, bianco a grossi cristalli, soprattutto lungo le coste sud-orientali; le ampie distese boscose fornivano legno di castagno, di platano e di pino, particolarmente usato per la costruzione di navi, e nelle valli e nelle pendici montuose prosperavano le culture della vite e dell'olivo.
Alla seconda metà dell'8oo risalgono le prime notizie dei viaggiatori sull'isola e le prime scoperte fortuite. Nel 1911 la Scuola Francese ad Atene ha iniziato lo scavo sistematico, tuttora in corso, dell'antica città di Thasos. Recentemente sono stati fatti alcuni saggi di scavo anche nelle località di Aliki, Archouda ed Evraiocastro. All'arrivo dei Greci, l'isola di Th. in cui sono testimoniate tracce di vita sin dall'età neolitica, era abitata da una popolazione presumibilmente di origine trace, in possesso di una rozza ceramica buccheroide, con la quale erano venuti in contatto i Fenici attirati dalla presenza dell'oro (Herod., vi, 47). Agli inizî del VII sec. un gruppo di Pari guidati dallo ecista Telesicle, padre di Archiloco, fondarono nell'isola la città di Th., su indicazione dell'oracolo di Delfi. A questo primo seguì un secondo gruppo di coloni, fra cui il poeta Archiloco che a Th. assistette alla famosa eclissi solare del 648. Appena ebbero consolidato la loro posizione nella città ottenendo la collaborazione degli indigeni, i coloni greci si mossero contro i Traci del continente antistante (Σάϊοι di Archiloco, fr. 19) riuscendo ad impossessarsi dei centri di Neapolis, Galepsos, Esyme, Scaptes Hyle.
I rapporti di Th., già nel VII sec. intensi, con le Cicladi e con i centri dell'Asia Minore si estesero nel VI e nel V sec. all'Egitto, alla Fenicia e alla Magna Grecia (Metaponto e Taranto), come risulta soprattutto da testimonianze numismatiche. All'inizio delle guerre persiane, per salvare i proprî interessi commerciali, Th. si sottomise a Dario accettando di smantellare le proprie mura e mettendo a sua disposizione la flotta da guerra; ma dopo la battaglia di Salamina passò ad Atene.
Successivamente, nel IV sec., nonostante l'espansione macedone in Tracia, Th. conservò probabilmente la sua autonomia fino al 202 quando fu occupata da Filippo V. Ma, dopo che questi fu vinto dai Romani, nel 196 riacquistò la libertà e anzi spinse i suoi commerci fino ai mercati settentrionali della Dacia e della Germania, fino allora serviti dalla Macedonia. Per la sua fedeltà a Roma durante la prima guerra mitridatica fu dichiarata amica et socia Populi Romani. Rimase città libera anche quando l'isola entrò a far parte della provincia di Tracia. Ricevette molti benefici da Augusto e da Claudio. In onore di Caracalla eresse un arco di trionfo.
Le numerose basiliche, costruite soprattutto nel V-VI sec. d. C., testimoniano la presenza a Th., che nel 431 era divenuta sede episcopale, di una grossa comunità cristiana.
La città di Th. si affacciava al continente sulla costa settentrionale dell'isola. Fornita di due porti adiacenti, quello mercantile, di cui si vedono sommersi il molo e una torre rotonda sulla punta, a N, e quello militare a S, aveva il suo centro commerciale e amministrativo a ridosso di quest'ultimo, come Mileto e Delo.
La sua potente cinta muraria, iniziata nel VI sec., lunga 4 km e rinforzata con torri quadrate verso l'entroterra, cinge l'altura dell'acropoli e scende verso il mare di cui costeggia la riva chiudendo in tal modo la città anche su questo lato. Smantellata per ordine di Dario e poi ricostruita fra il 494 e il 470; abbattuta nuovamente nel 463, fu ricostruita verso il 412-1 con la caratteristica di un'assisa di scisto nero intercalata a quelle di marmo e di arenaria. L'ultimo restauro è di età ellenistica.
Alcune porte della città erano ornate con rilievi, secondo una tipica concezione orientale, raffiguranti divinità con funzione profilattica (I. G., xii, 8, 356). Scendendo dall'acropoli verso S s'incontra, dopo aver oltrepassato un blocco su cui sono incisi due grandi occhi apotropaici, la porta di Parmenone, così detta dal nome del suo costruttore inciso su un blocco, e poi quella del Sileno, con passaggio obliquo e un enorme rilievo, raffigurante un sileno itifallico con kàntharos in mano che fa per entrare nella città con passo di danza, databile fra il 494 e il 470. Più oltre è la grande porta di Eracle ornata con i rilievi di Eracle saettante e inginocchiato (fine VI sec., a Istanbul) e di Dioniso con corteggio di Menadi (perduto) posti ai lati di una nicchia. Proseguendo ancora s'incontra la porta di Zeus con il rilievo arcaizzante di Zeus in trono ed Iride (411-360). Davanti al porto mercantile sono altre due porte, di Semele e di Hera Heniòche (?), con rilievi di stile ionico purtroppo molto rovinati. Sull'acropoli, completamente distrutta da costruzioni del XIV-XV sec., sorgeva il tempio di Apollo Pizio. Sul pendio più a S si ergeva su una piattaforma muraria il santuario di Atena Polioùchos, inizialmente creduto di Apollo, con un tempio arcaico (m 37,30 × 13,80), privo di colonnato esterno ma forse, data la sua larghezza, con una o due file di colonne nell'interno, e un grande altare di fronte al tempio, ad E. Il materiale rinvenuto, tra cui un koùros (ora a Istanbul), varie terrecotte preioniche e un bassorilievo ionico arcaico, è tutto del VI secolo.
Scendendo verso S-O s'incontra il piccolo santuario rupestre di Pan, con un bassorilievo ellenistico raffigurante il dio che suona la siringa alle sue capre. Il teatro, situato alla periferia N-E della città, è addossato al muro di cinta. La sua esistenza è attestata già alla fine del V sec. (Ippocrate).
Ad E del teatro fino alle mura nord-orientali della città si estendeva un quartiere residenziale abitato fin dal VI secolo. Presso le mura che fronteggiano il porto commerciale sorgeva il santuario di Posidone edificato nel IV secolo. Una larga via lastricata in età romana, che saliva ad E verso l'acropoli, collegava il santuario di Posidone a quelli più meridionali di Dioniso e di Artemide. Il santuario di Dioniso esisteva già alla fine del V sec. (Ippocrate, ii, 666), ma finora gli scavi non hanno messo in luce nulla di anteriore al IV secolo. Presso l'angolo N-E del recinto, aperto ad O e a N-O, si raggruppano due altari e una specie di monumento coregico prostilo tetrastilo con una base semicircolare presso il muro di fondo, che sopportava le statue di Dioniso, della Commedia (ora nel museo di Th.), della Tragedia, del Ditirambo e di Nykterinos, come sappiamo da un'iscrizione del III sec. che vi era incisa. Da un edificio del tutto simile situato poco più ad E, proviene una statua acefala di Dioniso.
A S del santuario, sull'altro lato della strada, si trova il santuario di Artemide Pòlos che aveva un propileo marmoreo, eretto per munificenza di Epiè (Bull. Corr. Hell., lxxxiii, 1959, p. 362 ss.), di cui non restano tracce perché il terreno è in gran parte franato. Sulla piattaforma artificiale del santuario non è stato trovato nessun tempio; esisteva però una sorgente calcarea, davanti alla quale si stendeva un'area pavimentata, che farebbe pensare ad un culto delle acque. A N-E vi era il santuario delle divinità straniere e un quartiere d'abitazione arcaico attraversato da tre vie, di cui due lastricate salivano verso l'acropoli, convergenti nel passaggio dei theoròi. Scavi recenti (Bull. Corr. Hell., lxxxv, 1961, p. 931 ss.) hanno messo in luce una casa absidata con muri in mattoni crudi, della fine del VII sec. a. C.
Più a S, il passaggio dei theòroi (così chiamato da una lista di magistrati incisa nel IV sec. sulla parete N-O) è delimitato da due muri marmorei lunghi circa 11 m. Presso il lato sinistro vi è un altare in antis dedicato nel IV sec. ad Atena Propölaia e più avanti, sullo stesso lato, un altro altare incassato in una nicchia della parete che era probabilmente rivestita con due rilievi, rinvenuti nel vicino pritaneo, raffiguranti Apollo e le Ninfe (o Muse) ed Hermes con le Cariti (al Louvre), databili intorno al 480. Al termine del passaggio, si sboccava in una piazzetta di raccordo fra la grande via, l'agorà ad O e un edificio a S-O, identificato come pritaneo, ma non ancora completamente scavato. Volgendo a N-O si entra nell'agorà quadrangolare circondata da portici e con una aulè (m 96 × 85) piena di monumenti e di altari, lastricata solo parzialmente lungo il lato S-E.
Lungo il lato N-E, percorso da una via che partendo dal molo orientale del porto militare raggiungeva il pritaneo, si allineavano alcuni edifici. Un portico obliquo tardo-ellenistico, costruito davanti ad una serie di magazzini e botteghe in uso fin dal IV secolo. Un edificio amministrativo, detto a parascenia per analogia con le frontes scaenae dei teatri, con una facciata ornata da 12 colonne ed una scalinata rientrante al centro, come la stoà di Zeus ad Atene; costruito nella seconda metà del IV sec. sopra un edificio ad οἶκοι del V sec., fu per qualche tempo anche sede di culto imperiale. A lato, un edificio in pòros con facciata marmorea, forse un agoranomèion, fu costruito fra il III e il II sec. a. C. sopra un edificio in opera poligonale. Di fronte vi era un piccolo santuario (dedicato a Zeus Agoràios?) con un tempio in antis del IV sec. a. C. orientato ad E e un altare antistante. Il tèmenos del santuario, delimitato da una serie di pilastri distanziati, è tagliato nell'angolo N-O dal peribolo circolare di un monumento, originalmente in opera poligonale, con un altare al centro (forse l'heròon dell'ecista Telesicle). Agli inizi del III sec. un lungo portico con colonne doriche sulla fronte chiuse l'agorà a N-O, limitandone l'accesso agli angoli. Verso il centro della piazza, di fianco al cosiddetto tempio di Zeus Agoràios, si ergeva un monumento circolare in pòros con gradini e alto plinto che probabilmente sorreggeva una statua dedicata nel II sec. a. C. all'atleta Teogene, il quale aveva, poco più a S, un altare rettangolare.
Un altare monumentale si trova presso l'angolo S dell'agorà, forse al termine di una strada ornata sul lato sinistro, per chi veniva dal porto, da 5 esedre semicircolari contigue su cui dovevano innalzarsi delle statue onorarie (cfr. Priene, Delo).
Al progetto di sistemazione monumentale dell'agorà risale anche il sistema di drenaggio delle acque che ha il suo collettore centrale nel mezzo della piazza.
Nel I sec. d. C., davanti agli edifici che chiudevano l'agorà a S-O e a S-E, sorsero due portici colonnati. Contemporaneamente fu costruito un altro ingresso monumentale all'agorà, nell'angolo N-E, con due porte affiancate sormontate da un arco a tutto sesto, che si aprivano su un muro marmoreo. Il portico di S-E (m 97 × 17,12) aveva una fila di colonne doriche monolitiche in facciata, sfaccettate inferiormente e scanalate per il resto dell'altezza, e un muro di fondo con porte e finestre che davano su una galleria divisa in due navate da 16 pilastri con basi a dado, aperta anch'essa sul fondo da porte e finestre. All'estremità N-E della galleria, si trovano i resti del monumento eretto verso il 6oo a. C. a Glauco figlio del capo della seconda spedizione di coloni parî, come attesta un'iscrizione bustrofedica incisa su uno dei blocchi. Nel centro dell'agorà, a N dell'altare di Teogene, fu eretto in onore di Lucio Cesare, nel 2-4 d. C., un heròon da cui proviene un bel ritratto marmoreo del giovane.
Vicino alle esedre del lato S-O dell'agorà sono stati rinvenuti due recinti sacri contigui, lastricati all'interno, e due altari più tardi che li hanno parzialmente distrutti. Una grande via, larga m 4-5,50, lastricata in età romana, partiva dall'angolo S dell'agorà raggiungendo il santuario di Eracle. Sul lato sinistro un'esedra semicircolare con rilievo di festoni e bucranî, sorreggeva probabilmente una serie di statue onorarie. Un'iscrizione ci riporta anche il nome di un artista: Limendas. Più avanti sorge l'odèon costruito nel II sec. d. C. su edifici arcaici anteriori al V sec. e apparentemente non finito.
Riprendendo la grande via, che attraversava un quartiere residenziale densamente abitato in età ellenistica e romana (sul lato sinistro della strada si affacciano dei magazzini) si giunge al santuario di Eracle, una delle divinità più venerate a Th., che fu luogo di culto fin dal VII sec. (frammenti di ceramica tardo-geometrica) e in cui erano presumibilmente esposti tutti gli atti ufficiali della città. Il complesso sacro è cinto su tre lati da un muro costruito a più riprese e con tecniche diverse fra la metà del V e la metà del IV sec. a. C. A destra sorgeva un tempio arcaico in opera poligonale, probabilmente il primo tempio di Eracle, a forma di mègaron (m 13,75 × 7,38) con un focolare e due colonne nel mezzo della cella. 01tre all'ingresso principale sulla fronte, a N, esisteva un secondo ingresso sul fianco O della cella che venne chiuso fra il 540-525 quando fu restaurato il vecchio tempio costruito tra la fine del VII e gli inizî del VI secolo. A questa fase appartengono numerose antefisse con Bellerofonte, con chimera e alcuni gorgonèia arcaici con nimbo seghettato. Nel IV sec. si costruì su quest'area un lungo edificio rettangolare suddiviso in 5 ambienti, uno dei quali esattamente sovrapposto al mègaron, aperti su un portico ionico in antis.
Dietro questo edificio ad οἶκοι si apre un cortile triangolare con una thòlos (di cui è incerta la ricostruzione) nel mezzo della quale resta solo il bòthros cinto da una vera in marmo. Il materiale rinvenuto va dall'ultimo quarto del VI sec. fino ad età romana.
A sinistra del grande altare al centro del santuario fu costruito, fra il 494 e il 480-60, il nuovo tempio di Eracle: ionico, periptero, esastilo. I muri della cella non corrispondono né ad un asse delle colonne né dell'intercolumnio del pronao.
Il lato E del recinto sacro era occupato da una lesche lunga 6o m con porte in facciata e sui lati brevi, di cui una grande protome marmorea di Pegaso costituiva probabilmente un elemento angolare della decorazione architettonica. A N-E del santuario sorgeva un arco a tre fornici eretto a Caracalla fra il 213-217. Il fornice centrale è doppio di quelli laterali. Più a S è stata scavata una sala ipostila quadrata, probabilmente un telestèrion dionisiaco, del III sec. a. C. Aveva un portico aggettante con 6 colonne doriche, nell'interno è di ordine ionico. Presso la porta di Sotas a N-E sono state scoperte recentemente delle terme. Fonti epigrafiche e letterarie attestano inoltre l'esistenza di un santuario di Asklepios, di un tempio di Roma e Augusto (forse vicino all'arco di Caracalla) e di un santuario di Demetra, identificato con i resti venuti in luce ad Archouda, presso la via che collega Th. a Panagia. Numerosi sono i resti di edifici cristiani sparsi nella città.
Le necropoli di Th., relativamente poco esplorate, si stendevano a S e ad E della città, lungo la costa in direzione di Panagia e fuori della porta di Zeus, dove è stata notata una via sepolcrale affiancata da povere tombe di età ellenistica e da grandi sepolcri di età romana. Gli scavi fuori dell'antica Th. hanno messo in luce ad Evraiocastro, sotto una basilica paleocristiana, un santuario civico frequentato sin dalla fine del VI sec. e nella penisola meridionale di Aliki, dove erano le antiche cave di marmo, due santuarî identici con portico in facciata, ionico in quello di Posidone, databile fra il VI e il V sec., e dorico nell'altro costruito verso il 500 a. C.
Caratteristiche nell'isola di Th., come in altre isole dell'Egeo (Lesbo, Coo, Sifno) sono le torri, disposte per lo più lungo la costa sud-orientale, ma anche nell'interno, probabilmente a difesa di villaggi e magazzini vicino alle miniere e alle cave di marmo. Di forma rotonda o quadrata hanno spesso un ambiente retrostante e si datano principalmente al IV-III secolo a. C.
Bibl.: A. Conze, Reise auf der Insel des thrakisches Meeres, Hannover 1860, p. i ss.; M. G. Perrot, Mémoire sur l'île de Thasos, Parigi 1864; E. Jacobs, Thasiaka, 1893; F. von Hiller, in Pauly-Wissowa, V A 2, 1934, c. 1310-1327, s. v.; J. Pouilloux, Thasos: the cultural crossroad, in Archaeology, VIII, 3, 1955, p. 198 ss.; D. I. Lazarides, ᾿Η Θάσος, Salonicco 1958; Kirsten-Kreiker, Griechische Landkunde, Heidelberg 1962, p. 633 ss.; H. W. Pleket, Thasos and the popularity of the Athenian Empire, in Historia, XII, 1963, i, p. 70 ss. I risultati preliminari delle campagne di scavo sono stati annualmente pubblicati in Bull. Corr. Hell. a partire dal 1913. Della collana di monografie Études thaisiennes sono finora usciti i seguenti volumi: I) M. Launey, Le sanctuaire et le culte d'Hérakles à Thasos, 1944; II) A. E. Bakalopulos, Th. son histoire, son administration de 1453 à 1912, 1953; III) J. Pouilloux, Recherches sur l'histoire et les cultes de Thasos (dalle origini al 196 a. C.), I, 1954; IV) A. M. e A. Bon, Les timbres amphoriques de Thasos, 1957; V) Dunant-J. Pouilloux, Recherches sur l'histoire et les cultes de Thasos, II (dal 196 a. C. alla fine dell'antichità), 1958 (con bibliografia completa dal 1902 al 1957, presentata in ordine cronologico); VI) R. Martin, l'agorà, 1959; VII) L. Ghali-Kahil, La céramique grecque (fouilles 1911-56), 1960; VIII) Ch. Picard, Les murailles I: Les portes sculptées, 1962. Per le porte: P. Bernard, Les deux piliers sculptés de la porte de Zeus et d'Héra à Thasos, in Bull. Corr. Hell., LXXXIX, 1965, p. 64 ss. Per le mura: R. L. Scranton, Greek Walls, Cambridge 1941, p. 36 ss.; 109 ss.; 120 ss. Per i monumenti rinvenuti e pubblicati dopo il 1957, si notino in particolare: per l'architettura: santuario di Dioniso, in Bull. Corr. Hell., LXXXIII, 1959, i, p. 288 ss.; santuario di Archouda: ibid., p. 382 ss.; santuario di Aliki: ibid., LXXXVI, 1962, p. 949 ss., e LXXXVIII, 1964, p. 884 ss. Terme: ibid., LXXXVIII, 1964, p. 879 ss. Per le basiliche paleocristiane: F. Ducat, La Basilique d'Evraiocastro à Thasos, ibid., LXXXIX, 1965, p. 142 ss. Per la scultura: statue di Nemesis: P. Devambez, ibid., LXVI-LXVII, 1942-3, p. 200 ss.; C. Rolley, ibid., LXXXVIII, 1964, p. 496 ss.; statua di Adriano: C. Rolley-F. Salviat, ibid., 1963, p. 555 ss. Testa di Giuliano l'Apostata: P. Léveque, in Mon. Piot, LI, 1960, p. 105 ss. Per le sculture ad Istanbul: G. Mendel, Cat. Sculpt. Grecques Rom. et Byz., I-III, Costantinopoli 1912-4, index III vol., s. v. Thasos. Per la ceramica: F. Salviat-N. Weill, The Sanctuary of Artemis in Thasos, in Archaeology, XIII, 1960, p. 97 ss. Piatto con Bellerofonte: in Bull. Corr. Hell., LXXXIV, 1960, p. 347-386. Piatto con leoni affrontati: ibid., LXXXV, 1961, p. 98 ss.
(P. Vianello)
Museo. - Il museo, sistemato in un edificio non lontano dalla zona dell'agorà, raccoglie il materiale proveniente dagli ultimi scavi (tuttora in corso) nell'isola. I notevoli ritrovamenti provenienti da più antichi scavi sono conservati invece al Louvre e al museo di Istanbul.
Tra i pezzi più antichi del museo è il koùros crioforo (del 6oo circa), alto m 3,50, certamente dal tempio di Apollo Pizio: non completamente lavorato, forse perché il marmo presentò durante la lavorazione pericolose spaccature; del volto è solo delineato il contorno; tagliato a pezzi già in antico, fu reimpiegato nelle mura medievali. Ancora di età arcaica un koùros ed una kòre; una testa di kòre con la parte anteriore rovinata, proveniente dall'agorà; frammenti di una peplophòros in terracotta; una piccola testa di sileno proveniente dal tempio di Eracle. Una protome di Pegaso, tardo arcaica, proveniente dalla Lesche presso il tempio di Eracle, dove era murata con significato apotropaico. Una bellissima testa di cavallo di stile severo proviene anch'essa dal tempio di Eracle; un torso di buona fattura, viene attribuito alla scuola di Pythagoras; quattro teste di Zeus Agoràios sono testimonianza della corrente arcaistica a Th., già ben documentata dalla stele di Fillide al Louvre. Del IV sec. a. C. e di ottima fattura una monumentale stele funeraria in due grossi frammenti, col motivo di Fedra.
Un gruppo omogeneo di sculture è rappresentato dal complesso proveniente dal monumento coregico, scoperto nel 1922, costituito da una base semicircolare (di cui ci è conservata la metà sinistra), destinata ad accogliere cinque statue, come si rivelano i fori di incastro, e che una iscrizione incisa sulla faccia anteriore ci elenca: un Dioniso colossale, la Commedia, la Tragedia, il Dytirambos, e, più piccolo nella estremità sinistra, Nykterinos (v.). Nulla sappiamo delle raffigurazioni nella metà destra. Delle sculture ci sono pervenute un testa di Dioniso, la statua della Commedia; una maschera teatrale con i resti di un himàtion e della mano che la tratteneva (forse la Tragedia). I più recenti scavi (1959) hanno messo in luce nella stessa zona altre due sculture, conservate nel museo, appartenenti ad un monumento simile al precedente, certamente della stessa epoca (principio del III sec. a. C.): una statua acefala di Dioniso ed una Musa peplophòros, pure acefala.
Di età ellenistica è il rilievo di una Afrodite sul delfino, un altro con Elena e i Dioscuri, proveniente dal Santuario dei Dioscuri fuori le mura, e un rilievo di Cibele.
Numerose sono le teste di età romana: un Lucio Cesare, proveniente dall'agorà, un Giulio Cesare e varî ritratti di imperatori romani; di età adrianea la copia acefala di una Nemesi alata, proveniente dalla zona delle case; sempre di età romana una copia dell'Afrodite Cnidia.
Una collezione di pezzi architettonici provenienti dalle costruzioni dell'agorà e da altri edifici conosciuti e sconosciuti, dal VI sec. in poi, è raccolta nel museo e, in parte, sistemata nel giardino. Notevoli i frammenti in terracotta di una sima (550 circa a. C.), provenienti dal Pritaneo arcaico e dall'Herakleion, con rappresentazioni di caccia a cavallo alla lepre, alcuni con tracce di colore; antefisse di terracotta con gorgoni e un frammento di acroterio corinzio a disco, dal tempio di Eracle; una serie di terrecotte architettoniche presenta il motivo di Bellerofonte sul Pegaso, un'altra serie la chimera.
Tra il materiale ceramico, di tutte le epoche, qui raccolto, notevolissimi i frammenti di piatti orientalizzanti ritrovati di recente, forse di fabbrica locale; i frammenti di pìthoi con decorazione a rilievo, e numerosissimi esemplari di anfore da vino col timbro sull'ansa. Testimonianza della più importante attività commerciale di Th. è anche una tràpeza in marmo (sèkoma) con misure per le anfore da vino, uno stàmnos a destra e un hemiamphòrion a sinistra.
Il museo ospita anche una raccolta numismatica, numerosi bronzetti di diverse epoche e oggetti d'oro, tenie e diademi.
Tra le iscrizioni, una fra le più antiche, bustrofedica, circa della metà del VII sec., riguarda lo stratega Glaukos, amico di Archiloco venerato come eroe; una del II sec. ci conserva l'elenco degli arconti di Th.; due frammenti, di cui uno con scrittura bustrofedica, riportano leggi riguardanti il commercio del vino (dal 480-460 circa). Tre stele ci conservano i patti tra Th., Lampsaco, Samotracia e Assos.
Bibl.: La descrizione del museo è in D. I. Lazarides, Θάσος, Salonicco 1958; in particolare M. Launey, Un "Pégase" archaïque, de Th., in Mon. Piot, XXXV, 1935-36, pp. 25-48; Ch. Picard, Une cimaise thasienne archaïque, ibid., XXXVIII, 1941, pp. 55-92; P. Devambez, Sculptures d'un monumet chorégique à Th., ibid., pp. 93-115; id., Le motif de Phèdre sur une stèle Thasienne, in Bull. Corr. Hell., LXXIX, 1955, pp. 121-134; G. Le Rider, Trésor de monnaies toruvé à Th., ibid., LXXX, 1956, pp. 1-19; P. Bernard-F. Salviat, Nouvelles découvertes au Dionysion de Th., ibid., LXXXIII, 1959, pp. 288-355; N. Weill, Un Plat thasien à figures noires, ibid., pp. 430-454; N. Weill e F. Salviat, Plat aux lions affrontés de l'Artemision thasien: art rhodien et art cycladique au VIIe siècle, ibid., LXXXV, 1961, pp. 98-122.
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