THARROS
(App. IV, III, p. 642)
In questi ultimi decenni le ricerche sul terreno e nei musei hanno ampliato di molto le conoscenze sulla prima età di Tharros. La posizione del sito, posto com'è sulle due grandi vie naturali di penetrazione verso l'interno, il Campidano verso sud-est e la valle del Tirso verso nord-est, guidò la strategia insediativa della prima frequenza fenicia dell'8° secolo a.C. A quest'area, e a controllo delle rotte iberiche e tirreniche di cui T. fu buon punto di riferimento, si volse dal 6° secolo a.C. l'azione di Cartagine.
È con Cartagine che T. assume un aspetto urbanistico funzionale a un centro con responsabilità amministrative e strategiche primarie nel Sinis: responsabilità che con il trapasso a Roma dovette in parte mantenere in condominio con la più settentrionale Cornus. A questa riserva in uomini e in mezzi, ancora vitale nelle sue evidenze puniche, attingerà la rivolta di Ampsicora del 216 a.C. La vita di T. romana proseguì, quindi, fra le allerte delle guerre civili sino al primo Medioevo e all'abbandono attorno al 1000 per Oristano. L'insicurezza delle rotte mediterranee dovette ingenerare quel processo di recessione economica che minò l'equilibrio del paleosistema del Sinis.
Due sembrano essere stati i primi riferimenti dei frequentatori fenici, entrambi in raccordo con i già attivi insediamenti paleosardi: a occidente della torre di San Giovanni e sulla collina di ''su muru mannu''. Necropoli di incinerati, seguite poi da cimiteri di inumati in tombe ipogeiche, dovevano servire questi nuclei, rispettivamente a sud-est della torre di San Giovanni e a nord-ovest della collina di ''su muru mannu''. Con il 6° secolo a.C. il centro supera di slancio e sembra unificare l'embrionale topografia di fondaco dei due poli per assumere con le sue realizzazioni in arenaria l'aspetto urbano unitario che lo caratterizzerà nei secoli a venire. A settentrione una cortina di blocchi in arenaria a basso bugnato riprende e completa in un organico disegno da est a ovest la linea fortificata già abbozzata nell'antemurale occidentale paleosardo. Con un'avvertita tecnica al negativo sono definite le prime canalizzazioni per le acque di deflusso; s'imposta e si risolve il problema della rete di rifornimento idrico con l'apertura di nuovi pozzi e la messa in opera delle tipiche cisterne ''a bagnarola''.
Alla fine dello stesso secolo risale il tempio ''monumentale''. Il basamento ricavato nel bancone roccioso nei pressi del litorale orientale testimonia il grado di raggiunta dignità di cui la città vuole dotarsi anche per il sacro: nel 3°-2° secolo a.C. un'epigrafe dedicatoria documenta il culto tharrense a Melqart e la magistratura dei sufeti. Su questa griglia di arenaria si dispiegò in seguito la città romana che ricoprì con basolato e strutture ''ciclopiche'' in basalto l'intera area urbana sino alle fortificazioni settentrionali.
I monumenti emergenti di T. punica si rifanno per indagine di scavo, per tecnica costruttiva e per metrologia (l'impiego del cubito fenicio nel suo valore standard di m 0,46) a un'epoca chiave per la storia urbanistica del centro: il 6°-5° secolo a.C. In questa prospettiva rientra anche quanto di monumentale è stato espresso dal ''tofet'': le stele, i troni vuoti, gli altari. I monumenti o complessi monumentali in grado di meglio caratterizzare tale sforzo unitario dell'urbanistica di T. punica sono, da sud verso nord, il tempio monumentale, il ''tofet'' e le fortificazioni settentrionali di ''su muru mannu''. A fronte di una lettura monumentale complessa, per di più ancora in corso di definizione, non meraviglia che guida del giudizio sul ruolo e la natura del centro di T. rimangano ancora i corredi delle tombe, corredi che hanno fornito materiale da collezione a musei italiani (Cagliari, Sassari, Oristano, Torino, Como) ed europei (Londra, Parigi, Copenaghen).
Forse il maggiore scalo commerciale sulla rotta spagnola-africana; sede dell'attività di prestigiosi maestri lapicidi che seppero dare all'arenaria modellati originali sia per l'architettura negativa sia per i monumenti votivi del ''tofet'', improntati a una tradizione vicino-orientale diretta e vitale, ma anche consentanea alla più antica tradizione paleosarda; sede di maestri incisori che seppero determinare la produzione di scarabei in diaspro verde, sintesi di diverse esperienze culturali maturate nell'ambito del mondo fenicio d'Occidente, la città del Sinis si rivela in età preromana un centro attivo di diffusione nei confronti di gran parte dell'ecumene punico. Vedi tav. f.t.
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