Vedi THAPSOS dell'anno: 1966 - 1973 - 1997
THAPSOS (Θάψος)
Piccola penisola (attuale Magnisi) sulle coste orientali della Sicilia, tra i golfi di Siracusa e di Augusta allungata in direzione NO-SE, ed unita alla terra da una sottile e bassa lingua di sabbia. Costituiva un buon ancoraggio riparato dai venti orientali. Le sue coste sono piane a N e ad E, per il resto scoscese. Virgilio la dice iacentem (Aen., iii, 688), Tucidide (vi, 97, 1) "non lontana da Siracusa". Sede di una necropoli preistorica, dà il nome ad una cultura della media Età del Bronzo sicula.
Alcuni ritengono il nome di origine semitica e pensano che Th. sia stata colonia fenicia, rifacendosi a Tucidide (vi, 2, 6). Non vi restano, tuttavia, tracce di insediamento fenicio. Altri (fra i quali l'Orsi) pensano a un nome greco o iberico.
Th. non ebbe mai una continuità di vita. Durante la colonizzazione greca della Sicilia, i Megaresi stabilitisi prima a Trotilo e poi accolti dai calcidesi a Lentini, dopo esserne stati cacciati, soggiornarono per qualche tempo a Th., dove morì Lamis, l'ecista. Di qui, con l'aiuto del principe siculo Hyblon, partirono per fondare Megara Hyblea (Thoukyd., vi, 4). Al tempo di quel soggiorno risalgono, uniche, due coppe subgeometriche protocorinzie rinvenute in una tomba greca (da alcuni ritenuta quella di Lamis) sovrapposta ad una tomba dell'Età del Bronzo. Th. ricompare nelle fonti storiche al tempo della spedizione ateniese contro Siracusa. Gli Ateniesi occuparono Th. con la flotta e, dopo averla difesa costruendo una barricata attraverso l'istmo, vi soggiornarono in attesa di muovere contro Siracusa. Dopo di allora, e fino al 356 d. C., non abbiamo notizie sicure di Th. come centro abitato. Silio Italico (xiv, 206) e Stefano di Bisanzio (s. v. Θάψος) non sembrano infatti attendibili quando ricordano gli abitanti di Th. fra gli alleati di Roma contro Siracusa durante la seconda guerra punica. Nel 356 d. C. vi morì il vescovo Germano di Siracusa esiliato dall'imperatore Costanzo.
La zona della necropoli preistorica di Th. è stata soggetta a devastazione per opera di cavatori di pietra, e moltissimi sepolcri sono stati violati fin dall'antichità dai cercatori di metalli. Gli scavi di Th. furono condotti nel 1894-5 da P. Orsi, che scoprì circa 300 tombe addensate in particolare sulla punta settentrionale e su buona parte delle coste orientali della penisola. Con quegli scavi si credette esaurita la necropoli, ma nel 1951 furono rinvenute altre 9 tombe da cui proviene il pezzo più antico, un alàbastron degli inizî del Miceneo III A.
Cultura di Th. (Media Età del Bronzo). - Succede a quella di Castelluccio ed è contemporanea a quella milazzese. I suoi limiti cronologici sono circa 1400-1200 a. C.
È nota principalmente dalle necropoli della Sicilia di N-E intorno a Siracusa (Th., Plemmyrion, Matrensa, Cozzo del Pantano, Floridia) e da pochi resti di abitati, situati per lo più su alture (come a Molinello di Augusta, 10 km più a N di Th.). Scarse le testimonianze per il resto della Sicilia: a Caldare nell'Agrigentino, a Grotta Mangiapane presso Trapani, da cui provengono due bacili di bronzo e due lunghe spade d'importazione micenea.
Le tombe, che continuano il tipo castellucciano a grotticella artificiale, sono di due tipi: quelle in piano hanno un pozzetto verticale e un gradino che dà accesso ad una cella circolare con soffitto piano o molto più spesso cupoliforme; e quelle in pendio con un lungo dròmos e talvolta con un'anticamera circolare. Nelle pareti della cella si aprono una o più nicchie con riquadratura apicata. Le deposizioni sono collettive; i cadaveri, in genere disposti radialmente con i cranî alla periferia, sono accoccolati, rannicchiati o distesi con le sole gambe piegate.
Particolarmente sensibile è in questo periodo l'influsso della civiltà egea, numerose le importazioni micenee (del Miceneo III A più numerose, e del Miceneo III B). D'importazione, e forse anche d'imitazione locale, i bronzi di tipo miceneo (spade lunghe e bacili). Più discussa è l'influenza micenea esercitata sulle forme architettoniche (pilastri scolpiti, muratura a blocchi regolari), evidente peraltro nei soffitti cupoliformi che ricordano le thòloi. Tra gli oggetti importati vi sono anche poche perle invetriate e d'ambra e un pettine d'avorio probabilmente d'origine fenicia. Rapporti con la cultura maltese di Borgin Nadur sono attestati dai vasi a clessidra, decorati con fasci di sottili linee incise, e dalle brocche sferiche a collo tronco-conico. La ceramica è monocroma grigia con superficie nerastra lucida. Le forme sono nuove e varie: coppe e bacili carenati su alto piede tubolare con nervature verticali e con ansa a piastra bifida, scodelline semplici o sovrapposte, su alto piede e con lunga ansa, orcioli globulari con collo cilindrico, pissidi globulari su piede o cilindriche apode. La decorazione incisa a crudo o punzonata presenta motivi geometrici (fasci di linee, losanghe, zig-zag, festoni) ma talvolta anche rozze figure d'animali.
L'industria litica è quasi completamente scomparsa. Il bronzo ovunque assai diffuso; il ferro rarissimo si presenta sotto forma di verghette.
Il materiale di Th. è conservato nel museo di Siracusa.
Bibl.: F. S. Cavallari, Thapsos, in Arch. Stor. Sic., Palermo 1880; P. Orsi, Thapsos, in Mon. Ant. Lincei, VI, 1896, p. 89 ss. (con bibliografia precedente); C. I. Cafici, in Reallex. Vorgesch., XII, 1928, p. 198 ss.; K. Ziegler, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, c. 1281-5, s. v.; P. Arias, in Bull. Paletn. It., N. S., I, 1936-7, p. 57 ss.; Th. J. Dunbabin, The Western Greeks, Oxford 1948, p. 18 ss.; L. Bernabò Brea, in Ampurias, XV-XVI, 1953-4, in particolare p. 182 ss.; id., La Sicilia prima dei Greci, Milano 1960, p. 128 ss.