Vedi THAPSOS dell'anno: 1966 - 1973 - 1997
THAPSOS (v. vol. vii, p. 800)
Le ricerche eseguite da parte della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale nella penisola di Magnisi (Thapsos) dal 1966 a oggi hanno interessato pressoché tutta la penisola eccetto la sua punta sud-orientale, e i risultati delle esplorazioni hanno reso dati che hanno ampliato di molto il quadro delle conoscenze relative alla situazione archeologica della penisola.
La scoperta più rilevante è costituita dalla identificazione di un vasto abitato che si estende su una fascia di terreno la quale, allo sbocco dello strettissimo istmo che unisce la penisola alla terraferma, domina due raccolti porticciuoli ai lati dell'istmo stesso, nelle migliori condizioni, cioè, per la creazione di un insediamento umano. L'abitato si estende su un'area di circa 1 Km di lunghezza e di circa 200 metri in media di larghezza. Su tutta questa fascia, al di sotto di un sottile manto terroso, sono state portate alla luce le strutture murarie di numerose capanne talvolta sovrapposte, diverse per forma, dimensioni e caratteristiche struttive, ma per essere state completamente discoperte solo alcune di esse non è possibile, per ora, darne una precisa successione cronologica.
Le capanne circolari o subcircolari, documentate su tutta l'area sottoposta a esplorazioni, hanno un diametro che in genere si aggira sui 5 metri. I muri costruiti con pietre senza malta hanno una larghezza variante da 55 a 70 cm. Sono le capanne da attribuire certamente alla cultura di Th., come dimostrano i materiali ceramici raccolti sui pavimenti.
Un altro tipo di capanna di forma rettangolare, ma con gli angoli arrotondati, è documentato nella zona centroorientale dell'abitato dove le strutture murarie hanno le fondazioni incassate nella roccia. Queste capanne presentano una lunghezza massima di m 6 e una larghezza di m 4.
Capanne di forma quadrangolare in genere irregolare sono documentate quasi dappertutto nell'area dell'abitato. Le strutture murarie, più sottili che nei precedenti tipi di capanne, sono meno accurate nell'esecuzione, ma hanno dimensioni maggiori, presentano in qualche caso muri divisori interni e i lati esterni hanno una lunghezza che varia da 7 a 10 metri. Non è stato possibile avere per ora chiare indicazioni cronologiche per queste capanne, sia per la scarsità di suppellettili rinvenute all'interno delle capanne, sia per la incompletezza delle ricerche, ma è probabile che si riferiscano a un periodo successivo alla cultura di Thapsos.
Nell'area centrale dell'abitato è stato identificato anche un tipo di costruzione a pianta rettangolare; larga circa m 6, lunga complessivamente poco più di m 10 e fornita di ingresso, la costruzione è, in sostanza, un tipo di megaron.
Le abitazioni di cui si è detto rappresentano delle entità edilizie a sé stanti, senza un apparente criterio distributivo e organizzativo nell'area dell'abitato. Recentissimi scavi (1970-1972) hanno portato, però, alla luce nella zona centrale dell'abitato - quella che in effetti fronteggia l'istmo - due complessi di costruzioni costituiti dall'accostamento di ambienti rettangolari e costituenti due regolari organismi che si dispongono intorno a una corte pavimentata con un acciottolato molto compatto eseguito con tecnica accurata.
In un complesso gli ambienti misurano m 9 × m 5,20 e sono ottenuti congiungendo due muri paralleli, larghi m o,8o, mediante strutture trasversali non ammorsate nei muri che toccano. Gli ambienti danno sulla corte centrale e non sembrano intercomunicanti; in qualche caso ai piedi delle pareti, dalla parte interna, esiste una bassa banchina su cui in un caso è stato rinvenuto un vaso. I resti dei focolari sono generalmente al centro degli ambienti; lungo il loro asse longitudinale, a una distanza simmetrica rispetto alle pareti corte si sono rinvenuti dei blocchetti calcarei recanti una concavità sulla faccia superiore e destinata ad accogliere la base delle strutture portanti, certamente lignee, dell'incastellatura del tetto. Non è dato, per ora, sapere la precisa organizzazione di questi due complessi architettonici, né in che rapporto stessero fra loro, ma le testimonianze già in parte affioranti e intuibili di complessi analoghi a quelli finora messi in luce, la organizzazione di questi ultimi in rapporto a una strada scoperta per un tratto di più di m 100 e che probabilmente attraversava in senso longitudinale la zona dell'abitato, dimostrano inequivocabilmente che esso presenta una chiara organizzazione di tipo urbano. La trasformazione e l'assetto che l'abitato dimostra sono indubbiamente da mettere in relazione con gli apporti pregnanti e diretti della cultura micenea in Occidente nel momento della sua massima espansione.
L'abitato lungo tutto il lato orientale ha un suo limite fisico nella balza rocciosa che segna il suolo in maniera più pronunziata nella estremità meridionale del suo sviluppo. Non è da escludere però che l'abitato si sviluppasse, come sembrano dimostrare delle strutture murarie venute in luce durante la esecuzione di alcuni saggi, nella zona pianeggiante che da S-E domina la balza rocciosa, laddove sono state di recente (1970) individuate due linee di fortificazione, una delle quali ha andamento pressoché rettilineo e che probabilmente doveva fortificare dalla parte di levante tutta la zona dell'abitato. Questa linea di fortificazione è costituita da una poderosa cortina di blocchi calcarei, costruita in tecnica che si potrebbe definire megalitica, e ad essa doveva appoggiarsi un aggere, di cui poco si conserva.
La seconda linea di fortificazione, ad andamento lievemente curvo, poco più a S della precedente, anche se per ora scarsamente saggiata, presenta caratteristiche diverse e di maggiore interesse. Doveva col suo intero tracciato abbracciare e proteggere un'area non molto estesa, pressoché pianeggiante, che domina un settore dell'arco del piccolo porto a S dell'istmo. È costituita da una cortina di cui si conserva poco più della base. Dalla cortina sporgono sei torri semicircolari, situate a una distanza di circa m 19 una dall'altra ed aventi un diametro di circa m 5. Per quanto riguarda la cronologia di questa fortificazione non esistono tuttora sufficienti accertamenti stratigrafici, ma i dati offerti dalle ricerche fin qui eseguite non fanno escludere che possa ancora inquadrarsi nella prima fase dell'Età del Bronzo e che possa costituire un insieme difensivo simile a quello di recente messo in luce in contrada Petraro di vrnasmundo (Siracusa) e che ha nelle fortificazioni di Kalandriani nell'isola di Syros e in quella di Los Millares nella penisola iberica (v. vol. vi, p. 691) i termini di confronto più noti.
Recentissime opere di scavo (1970-1972) eseguite nella parte centrale dell'abitato hanno permesso la individuazione di resti di abitazioni da riportare all'età cui si riferisce la cultura di Cassibile (X-IX sec. a. C.). Le strutture murarie relative a questa età e che danno luogo ad ambienti quadrangolari, sono sovrapposte direttamente o interferiscono in quelle che si possono riportare alla cultura di Th. e da esse distinte quanto a orientamento, a tecnica di costruzione e a organizzazione.
La documentazione riguardante l'età di Cassibile per la quale oggi si ha preciso riferimento a resti di abitazioni, si era già acquisita per la scoperta di fibule di bronzo con arco a gomito e di altri significativi manufatti metallici rinvenuti in altre zone dell'abitato di Thapsos.
Le ricerche eseguite in questi ultimissimi anni all'esterno delle fortificazioni, e cioè all'incirca in tutta la metà orientale della penisola, hanno permesso di accertare la enorme estensione delle necropoli. Intorno al già cospicuo gruppo di tombe esplorate da P. Orsi, una vasta area di forma grosso modo triangolare, che raggiunge verso O la zona dell'abitato e con il suo vertice all'incirca la zona centrale della penisola, all'altezza della torre cinquecentesca, è interessata da tombe a grotticella artificiale del tipo già noto.
Un altro gruppo di tombe è stato individuato ed esplorato nella zona centro-orientale della penisola, nei bassi pendii rocciosi di una vallecola. Una tomba, in particolare, ha restituito materiali di corredo di grande interesse. Accanto ad abbondante materiale del noto tipo indigeno, eseguito in qualche caso con cure particolari nella resa delle forme e dei motivi decorativi, si sono rinvenuti tre tipi di ceramiche importate. Si tratta di alcuni vasi di ceramica micenea da ricondurre generalmente al Miceneo III A, 2; di vasi ciprioti da riferire alla white shaved ware e alla base ring II Ware; e infine di vasellame maltese di tipo Borg-in-Nadur. Corredi ceramici di questo tipo, per non dire dei preziosi oggetti in oro, ambra, pasta vitrea, osso, danno la misura, soprattutto, della intensa rete di rapporti commerciali che Th. tenne con i più importanti centri commerciali del Mediterraneo nel XIV sec. a. C.
Un altro cospicuo gruppo di tombe era stato esplorato alcuni anni addietro circa 400 metri a S del gruppo di tombe, di cui si era prima detto. Anche in questa zona le tombe sono in rapporto a un corrugamento della superficie rocciosa in prossimità di una vallecola che segnando non profondamente il suolo si apre sulla costa di levante della penisola.
Nella zona compresa fra questi due gruppi di tombe si sono di recente messe alla luce delle tombe ad enchytrismòs sistemate in irregolari concavità che presenta il banco roccioso pressoché dappertutto affiorante nella zona. I fittili costituenti le tombe venivano adagiati orizzontalmente nelle concavità della roccia e ricoperti di terra e piccoli ciottoli sì da formare dei tumuli. Ogni pìthos conteneva uno scheletro che veniva inumato con la testa verso il fondo, gli arti superiori distesi lungo il corpo o su di esso ripiegati, gli arti inferiori incrociati. Nessun oggetto di corredo è stato rinvenuto accanto agli scheletri, ma è possibile attribuire le tombe alla cultura di Th. in quanto i pìthoi che costituiscono le tombe stesse sono stati rinvenuti in tombe a grotticella artificiale o in capanne, associati con ceramiche da attribuire senza dubbio alla cultura che da Th. prende nome.
Bibl.: L. Bernabò Brea, in Adriatica praehistorica et antiqua, miscellanea ded. a G. Novak; G. Voza, in Atti della XIV Riunione Scientifica dell'Ist. It. di Preist. e Protost., 1972, pp. 175-205; id., in Atti del III Congr. inter. di Studi sulla Sicilia Antica, in Kokalos, XVIII (in corso di stampa).