Vedi THAPSOS dell'anno: 1966 - 1973 - 1997
TAPSOS (v. vol. VII, p. 800 e S 1970, p. 837)
Nuove esplorazioni archeologiche hanno riportato alla luce, assieme ai resti di altre tombe, le vestigia di un esteso abitato databile tra la prima Età del Bronzo e il IX sec. a.C. Il nucleo centrale dell'abitato, situato alle radici dell'istmo, presenta tre fasi con tre diverse tipologie d'abitazione.
La prima (XV-XIV sec. a.C.) è caratterizzata da capanne monocellulari, tipiche dei villaggi coevi della Sicilia del XIV sec. a.C., di forma circolare o subcircolare, dislocate su un vasto settore dell'insediamento senza un preciso coordinamento urbanistico. Solo in un punto nell'area N dell'abitato le esplorazioni condotte agli inizi degli anni '80 hanno rivelato la presenza di capanne della prima fase, collegate tra loro secondo un sistema di aggregazione quasi «urbanistica», paragonabile a quanto è emerso negli abitati della media Età del Bronzo del Milazzese, di Panarea e dei Faraglioni di Ustica. Questo sistema di aggregazione è caratterizzato da una rete di stradine (largh. circa 1 m), ad andamento irregolare, che «ingloba» le capanne, alcune delle quali presentano dimensioni maggiori rispetto ad altre (diam. m 7, spessore pareti m 0,70- 0,80, contro un diam. di m 5,80-6 e uno spessore pareti di m 0,50-0,60). Le capanne di dimensioni inferiori sembrano far capo a «lotti» di forma quadrangolare, definiti da muri perimetrali, ognuno dei quali si affaccia su una delle stradine che dividono i suoli delle unità abitative in questione, situate agli angoli dei «lotti» stessi. Le capanne pertinenti a questa prima versione dell'insediamento presentano un'esecuzione piuttosto accurata con muri costituiti da due filari di pietre di media grandezza tagliate a blocchetti irregolarmente quadrangolari. L'alzato, secondo una ricostruzione ipotetica, doveva essere formato da un tetto conico stramineo sorretto ai lati dal muro e al centro da una serie di pali disposti a cerchio. Al centro si trovava il focolare, costituito da una massa di materiali recanti tracce di combustione su un fondo di ciottoli compatto.
Sempre in posizione centrale, in una capanna è stato rinvenuto uno strato di terracotta delimitato ai bordi da un solco e, a poca distanza, una piastra fittile circolare. Voza ipotizza un sacello, o «una capanna-santuario», in base al confronto con quanto è stato rinvenuto nel villaggio preistorico di Cannatello, mentre questo tipo di impianto, frequente nelle aree abitative della media Età del Bronzo, va interpretato secondo S. Tusa come un indizio di particolari attività domestiche.
Nella seconda fase (XIII-XII sec. a.C.) prevalgono complessi edilizî, costituiti da più ambienti rettangolari, uniti lungo il lato corto, disposti a quadrilatero attorno a una corte centrale pavimentata, secondo un'organizzazione costruttiva che si può realmente definire urbanistica e che presenta richiami ben precisi a organizzazioni architettoniche d'ambiente egeo-miceneo. Le strutture di questa seconda fase inglobano parzialmente le capanne di quella precedente e sono fiancheggiate da strade che probabilmente dovevano coordinare l'area dell'abitato. Lo schema planimetrico di questo secondo momento, probabilmente contemporaneo all’anàktoron di Pantalica, trova validi elementi di confronto nel complesso palaziale di Gla in Beozia e in altri siti nell'ambiente egeo. Nel resto della Sicilia, infatti, si assiste, fino alle soglie della colonizzazione, al permanere della capanna, anche se in forma più elaborata. L'asse NO-SE dell'insediamento doveva essere costituito da una stradella lastricata. Nelle tecniche edilizie si rilevano particolari di estremo interesse come la presenza nel pavimento di blocchetti lignei per l'alloggiamento dei pali del tetto e la differenza di spessore tra i muri esterni sui lati lunghi dei vani rettangolari e quelli divisori dei lati corti, a riprova del fatto che gli edifici erano costruiti unitariamente e non per successiva agglutinazione. L'articolazione dell'abitato di Th. di seconda fase risponde a nuove esigenze funzionali e a nuove concezioni abitative che rappresentano un radicale cambiamento rispetto alla fase precedente e che potrebbero essere legate a «un gruppo preminente della società tapsiana, probabilmente quello che si era assicurato la gestione dell'attività commerciale del più importante emporio del commercio miceneo in Sicilia» (Voza, 1985, p. 559).
Ai secc. XI-IX si attribuisce il terzo momento di vita dell'abitato di Th., in cui si assiste a un totale cambiamento di planimetria e, probabilmente, a un restringimento dell'abitato medesimo. Questa terza fase è caratterizzata da una serie di ambienti quadrangolari, a volte con partizioni interne, che non sembrano avere alcuna relazione né strutturale né stratigrafica con gli edifici «a cortili», come si evince dalla totale diversità di tecniche costruttive e strade. Nella zona centro-meridionale della penisola sono emerse tracce di due linee di fortificazione.
Una prima a S, probabilmente castellucciana, ad andamento curvo e con sei torri semicircolari aggettanti, presenta elementi di confronto con una struttura analoga di Villanova. La seconda linea, costituita da poderosi blocchi irregolarmente quadrangolari, doveva contenere al suo interno un aggere su cui si addossavano le capanne. Questa fortificazione, che per tecnica costruttiva trova elementi di confronto con il mondo egeo, correva, secondo Voza, in alto lungo la falaise che segna il limite E-NE dell'abitato.
All'esterno della linea di fortificazione verso Ν ed E si trovava la vasta necropoli di Th., sulla cui estensione gli scavi degli anni '70 e '80 hanno permesso di ampliare le conoscenze rispetto a quel primo nucleo raggiunto dall'Orsi alla fine del secolo scorso nell'estremità NE della penisola. Accanto alle note tombe a grotticella artificiale, con accesso a dròmos e a pozzetto, si è rivelata in questi anni un secondo tipo di sepoltura a enchytrismòs, dove il corpo del defunto era deposto all'interno di un pìthos ovoidale cordonato, di cui sono stati trovati esemplari anche nell'ambito dell'abitato. Questo secondo tipo di sepoltura trova confronti con tombe scoperte a Naxos, sotto i livelli greci. Per quanto riguarda alcuni aspetti di architettura funeraria, le tombe a grotticella artificiale in una zona pianeggiante sono provviste di un ingresso a pozzo cilindrico, con gradino per accedere alle camerette sepolcrali a thòlos con sobrie ed eleganti decorazioni.
Le indagini compiute nel sito di Th. negli ultimi decenni hanno restituito una ricca quantità di materiali ceramici, sia di importazione sia di produzione locale, che consentono di documentare la continuità dell'abitato dal XV al IX sec. a.C. e di delineare con maggior precisione le peculiarità e la diffusione di quella cultura che prende il nome dall'insediamento di Thapsos. Per quanto riguarda le importazioni, si segnalano le già note ceramiche micenee (Tardo Elladico IIIA2-IIIB), rinvenute in questi anni anche nell'area dell'abitato e caratterizzate, soprattutto, da vasetti triansati, alàbastra, coppette, brocchette con decorazione dipinta. Segue il vasellame cipriota, con brocchette con piede ad anello del tipo Base Ring II Ware e brocchette del tipo White Shaved Ware. Di estremo interesse sono le ceramiche maltesi di cui si ha una documentazione relativa alla prima fase della cultura di Borġ in-Nadur e dello stile di Bahrija. Da segnalare, per la prima fase di Th., uno splendido boccaletto e un'ansa ad ascia dall'area dell'abitato, oltre a due coppette con ansa a T. Alla fine di questa cultura si collocano vasi di diverse forme (pìthoi, olle, ecc.), in cui manca ogni traccia di decorazione. Riconducibili alla fase di Bahrija, materiali con decorazioni a zig-zag, a coda di rondine a linee incise con tubercoli. Le ceramiche locali, principale documento della cultura di Th., sono contemporanee alla prima fase della cultura di Borġ in-Nadur, come si evince dal corredo di una tomba, esplorata nel 1970, in cui la ceramica indigena si trova associata a vasellame miceneo, maltese e cipriota. Ricompaiono i soliti bacini su alto piede finemente decorati con motivi geometrici, le coppe di impasto con incisioni schematiche in campi metopali e rappresentazioni di animali. Da segnalare, innanzi tutto, una coppa dalla tomba Ai, con incisioni schematiche in campi metopali e rappresentazione di volatili e di cerbiatti. I corpi degli animali sono coperti da profonde incisioni mentre il collo è segnato da motivi a spina di pesce o a trattini obliqui. Dall'area dell'abitato si distingue una piastra pertinente a un bacino lebetiforme del tipo noto nei corredi di Cozzo del Pantano e della medesima Thapsos. La faccia anteriore della piastra è divisa in senso verticale da una coppia di linee incise che separano due zone delimitate perimetralmente da una linea spezzata. Al centro di ciascuna di queste due zone si trovano due protuberanze coniche, al di sopra delle quali sono raffigurati due volatili statici contrapposti. Da segnalare, inoltre, i frammenti della vasca di un vaso che presenta, tra partiture verticali, un'elegante incisione raffigurante un pesce schematizzato. L'autore di questi vasi con rappresentazione di animali ha saputo rendere nella tecnica dell'incisione motivi appartenenti al repertorio decorativo dipinto della ceramica tardo-micenea e tardo-minoica. Si segnalano, inoltre, pìthoi ovoidi o situliformi e anfore che rappresentano forme non riconoscibili nel repertorio delle ceramiche delle culture protostoriche della Sicilia orientale, ma riconducibili ad ambiente eoliano e continentale.
Completamente al di fuori della cultura di Th., che presenta evidenti analogie con i vasi del Milazzese, è la ceramica rinvenuta negli ambienti della terza fase dell'abitato. Si tratta di vasi del tutto nuovi nel repertorio formale e decorativo tapsiano, associati con ceramica a decorazione dipinta piumata e geometrica, legati ai materiali dell'Ausonio II di Lipari e dell'abitato di Metapiccola di Lentini.
Il periodo dei contatti con Malta e l'arco stesso di vita dell'abitato si chiude intorno al IX sec. a.C.: i documenti più recenti sono le fibule con arco a gomito o serpeggiante a occhio della fase di Cassibile. Dopodiché si hanno solo le coppe di Th. e frammenti di ceramica protocorinzia dall'abitato riconducibili a genti greche del periodo coloniale. Per quanto riguarda la bronzistica si segnalano un piccolo quadrupede, simile ai bronzetti scoperti a Terravecchia di Grammichele, che presenta una tipologia documentata in epoca protovillanoviana nell'area emiliano- marchigiana, e una verghetta con figurine di animali in posizione contrapposta.
Le scoperte di questi ultimi anni, nell'ambito della Sicilia in età preistorica, ci permettono di delineare un quadro piuttosto esauriente e interessante della diffusione della cultura di Th. in Sicilia, presente con le sue ceramiche a Naxos, Paterno, Caltagirone, Cozzo del Monaco. Si può, inoltre, affermare che Th., emporio di estrema importanza nella fitta rete dei commerci mediterranei nell'Età del Bronzo, ha sicuramente subito la profonda influenza della cultura micenea che ha dato un'impronta piuttosto marcata alla società indigena sia all'interno della cultura materiale sia nelle tecniche costruttive.
I materiali di Th. sono conservati nel Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» di Siracusa.
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